3. Défi

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IT: sfida

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IT: sfida

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15 aprile 2023
Montecarlo, Principato di Monaco

Il giorno seguente partimmo per Nizza sotto i primi raggi di luce del mattino. L'imponente van nero – uno dei tanti della collezione di famiglia – ci prelevò dinanzi al nostro grattacielo. Fummo scortati da un autista, prima in direzione dell'ingresso autostradale e, successivamente, verso la cittadina della Costa Azzurra. Impiegammo una decina di minuti a superare il confine del Principato, che salutammo con un SMS augurante il benvenuto in Francia.

L'abitacolo che ospitava me, mio padre e Valentin odorava di pelle nuova e di una fragranza per auto appena scartata. Era piacevole, e ci accompagnò per l'intero tragitto marcato dalle parole decise e sicure di papà. Mi fronteggiava, accomodato su un sedile beige che dava le spalle al conducente – la sua andatura era fin troppo lenta, comparata alle mie abitudini. Accanto a me sedeva il mio fidanzato, impegnato a stringermi una mano; con quella libera reggevo la mia Birkin di Hermès, in perfetta tinta con la tappezzeria. Le rifiniture dorate rilucevano sotto il sole filtrato dai finestrini scuri, abbinate alla mia parure di gioielli.

Mio padre era perso in un eloquio concitato, che aveva come contorno il suo gesticolare incessante. Il quadrante del suo orologio, che non passava inosservato, brillava a ogni movimento. Io lo ascoltavo con le gambe accavallate, la suola rossa delle Louboutin impossibile da ignorare.

«Sai, Desirée» mi appellò all'improvviso, dopo aver dato voce a diverse considerazioni circa il suo lavoro. Intrecciò le dita, l'orlo della manica della giacca blu scuro si congiunse con quello opposto. «Sono davvero contento che tu possa metterti alla prova. Il signor Woodward ha qualche anno in più di te, ha più conoscenze nel campo e credo che ti darà abbastanza filo da torcere» mi spiegò. Non immaginai come le mie ipotetiche difficoltà potessero appagarlo, ma continuò: «Nel nostro mondo vige la regola della competitività e vince chi è furbo. In una situazione del genere, puoi affinare quest'arte complessa e affascinante».

Mi dimostrai immune alle complicazioni, studiando le mie dita affusolate e le unghie laccate di nero. «Anni?» curiosai.

«Ventisette» rispose.

«Un quasi-trentenne già laureato» commentò Valentin. «Un uomo, per giunta» aggiunse. Distolse lo sguardo dai pini marittimi che costeggiavano l'autostrada, al di là del guardrail. Puntò i suoi occhi nocciola su di me. «Immagino che sarà difficile stargli dietro, amore».

Ero abituata a una postura rigida e composta, ma quel nomignolo pronunciato dalla sua bocca mi fece rabbrividire; la spina dorsale si rizzò. Nella mente mi ripetei che non aveva l'obiettivo di sminuirmi: anche lui era nato e cresciuto in contesti competitivi, e spesso l'ambizione portava a parlare senza essere consapevoli del peso dei lemmi.

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