Lei, lui, tutti gli altri

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Anche stavolta ha vinto il mio corpo.

Sono seduta tutta tesa su un divanetto di stoffa sofficissima, le luci soffuse del locale danno alla sala un'atmosfera di lusso ed elegantissima. Alessandro è seduto accanto a me, mi accarezza un braccio col dorso delle dita e lentamente comincio a rilassarmi.

Stringo le ginocchia, stropicciando la gonna lunga dell'abito turchese che Alessandro mi ha comprato questo pomeriggio.

Bevo un sorso di champagne dal bicchiere allungato che mi hanno messo in mano appena siamo arrivati, una ciocca di capelli si sfila dalla coda morbida in cui li ho acconciati e mi sfiora una guancia.

Alessandro s'inclina verso di me e mi bacia il lato del collo, è un contatto delicato ma mi fa ugualmente correre un brivido per tutta la schiena.

Chissà se chi ci guarda me lo legge in faccia che muoio dalla voglia di essere di nuovo scopata da lui. Non ci siamo allontanati di un centimetro per tutto il pomeriggio, è persino entrato con me in camerino nel negozio e mi ha guardata, famelico, mentre mi cambiavo e provavo due, tre, quattro abiti diversi. Mi stavano tutti bene, qualcuno troppo stretto sulle tette, qualcuno troppo corto - cioè corto il giusto perché bastasse un passo più svelto a far vedere tutto - e qualcuno troppo morbido, che maschera le mie forme.

Mi dà un altro bacio, un pochino più su, quasi all'orecchio, e mi avvicina a sé.

"Ale, ti prego," mormoro, perché la reazione naturale della mia fica alla sua vicinanza è quella di bagnarsi tutta e farsi disperata, e non sono sicura che la mutandina di pizzo che ho scelto possa contenermi.

"Non posso farci niente," dice lui, sento il suo sorriso sulla pelle. "Sei stupenda. Voglio divorarti."

Ci guardiamo negli occhi, un milione di voglie che passano dall'una all'altro, la sua mano sul mio fianco stringe forte, possessiva, quasi sento l'eco delle sue spinte dentro di me.

Ma siamo usciti di casa, siamo venuti in questo locale di lusso in pieno centro, proprio per non saltarci addosso ogni minuto. Perché anche se io sento che non ne avrò mai abbastanza di scopare con lui, anche se ogni volta che s'infila dentro di me mi sento perfettamente riempita e so di aver trovato l'unico cazzo che può darmi così tanto perfetto piacere, mi fido di Alessandro, e se lui dice che una pausa, una piccola novità, renderanno tutto ancora più eccitante, allora io lo sto a sentire.

Mi alzo anche se ho le ginocchia di burro.

"Vado a prendere un po' d'aria."

Lui sorride, annuisce, non mi segue.

Poco distante dal nostro tavolino c'è una vetrata da cui si accede a un terrazzo enorme. Siamo in centro, sul tetto di un albergo. Roma è un tappeto di lucine, da quassù non senti gli sbuffi degli autobus, le suonate di clacson, gli strilli della gente al telefono.

Da quassù è proprio come se la immaginano i turisti, un quadro romantico di luci soffuse e vecchi palazzi, una vista monumentale e unica in tutto il mondo. Stringo gli occhi, mi sporgo dal parapetto per capire meglio se quella che vedo là a destra è la fontana di Trevi o solo l'ennesima cosa che le somiglia.

"Fa' attenzione, rischi di farti male."

Mi ha parlato una bella donna mora, capelli lunghissimi, lisci e setosi, gli occhi da gatta e un accento caldo, spagnolo. Non avrà più di trent'anni, indossa una camicetta scollata e degli shorts di lino bianco che addosso a un'altra sarebbero volgari ma su di lei ti fanno solo venire voglia di ringraziarla per aver benedetto i tuoi occhi con la vista delle sue cosce.

Ha un tatuaggio in mezzo ai seni, qualcosa di sottile e intricato che ti invita proprio a poggiarci la lingua e lappare le minuscole goccioline di sudore che le imperlano la pelle. Il caldo non si allenta nemmeno quassù.

"Uh. Grazie," riesco a spiccicare, allontanandomi appena dalla balaustra. Lei sorride, fa un passo verso di me e rimango impalata, paralizzata in contemplazione. Cerco di dire qualcos'altro e quasi mi cade il bicchiere dalle mani.

Lei, meravigliosa, mi tocca un braccio e mi supera, rientrando nel locale. La seguo con lo sguardo attraverso i vetri, passa accanto al tavolino dove siede Alessandro e non lo degna di uno sguardo. Neanche lui a lei, sta guardando me, un'espressione divertita sul viso.

Mi mordo il labbro inferiore, cercando di trasmettergli le immagini che mi affollano la mente in questo momento: io e quella donna avvinghiate una all'altra, la mia fica rosa che si struscia sulla sua più scura, la mia bocca che succhia le sue tette, le sue mani tra i miei capelli e un rumore umido di piacere, di sudore, di godimento.

Alessandro mi ha proposto di uscire a cercare un altro corpo da attirare nel nostro letto e finalmente comincio ad averne voglia anche io, di fare la preda, di mettermi in mostra languida e disperata, mentre il mio uomo mi osserva e gode.

All'inizio questo locale così elegante non mi sembrava il posto giusto, ma ora che si è riacceso il fuoco nel mio corpo mi guardo intorno e mi sembra che tutti siano qui per lo stesso motivo: per farsi guardare, per scegliere.

Bevo un altro sorso di champagne e mi si rivela la tensione erotica in ogni sguardo, in ogni tocco. Un uomo che parla all'orecchio dell'amico, due ragazze che ridono complici, un gruppo di trentenni eleganti che brinda stretti stretti in un angolo. Niente e nessuno è innocente, tutto e tutti trasudano desiderio, bisogno, fame.

E io sono pronta, voglio tutto - voglio Alessandro, che vuole guardarmi.

Torno da lui, mi piego appoggiando le mani sulle sue ginocchia, offrendogli lo scollo del vestito.

"Dimmi che devo fare," gli dico sulle labbra, e lui sorride, gli occhi che si scuriscono in anticipazione.

Con un dito percorre il profilo del mio seno destro, il tessuto setoso del vestito scorre sul capezzolo che si inturgidisce. Chiudo gli occhi, il piacere caldo mi avvolge la nuca e il petto.

La voce di Alessandro è morbida e oscena al mio orecchio, "Hai scelto?"

Io ripenso a quella donna stupenda, ripenso al barista che mi ha fatto l'occhiolino quando siamo arrivati, apro gli occhi e vedo un uomo di cinquant'anni seduto dietro di noi che ci guarda, che mi guarda, chiudo ancora gli occhi e ripenso a tutti i miei compagni e le mie compagne di classe, penso a corpi e cazzi e fighe che non ho mai visto.

Scegliere è impossibile, e ad Alessandro non posso mentire, quindi faccio cenno di no con la testa.

Lui mi prende il mento tra due dita, mi accarezza le labbra col pollice, pensieroso.

"Vuoi che ci penso io?"

Annuisco, ed è come se un macigno mi si fosse sollevato dal petto: ci pensa Ale, io non devo preoccuparmi di niente.

Mi bacia, mi fa sedere di nuovo accanto a lui.

"Sei veramente perfetta."


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 22 ⏰

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