~chapter three~

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TW: violenza, abusi, autolesionismo

Dayse era una ragazza particolarmente popolare nella nostra scuola, tutti quanti volevano esserle amici, ma a lei non interessava farsi degli amici che avrebbero potuto risultare falsi, si concentrò nel trovare le giuste persone al momento giusto.
La sua vita non era perfetta però, quando era più piccola, circa all'età di undici anni, I suoi genitori decisero di progettare una vacanza in Florida, una mattina lei e sua sorella ricevettero l'autorizzazione di poter andare in spiaggia a giocare, sua sorella Emy aveva solamente sei anni, I loro genitori si fidavano molto di Dayse, perché anche a quella giovane età, era molto matura riguardo alle sue scelte, e quindi non ci furono problemi da parte loro.
Giocarono per diverse ore a pallone e a carte, Dayse dovette però andare in bagno, quindi affidò sua sorella ad un signore con cui le bambine parlarono per l'intera giornata, e se ne andò. Poco dopo uscì dal bagno e non trovò più sua sorella e nemmeno il signore di prima, in panico cominciò ad urlare, corse per la spiaggia strillando il nome della sorellina, nessuno si fermava e le chiedeva se avesse bisogno di aiuto, tutte le persone della spiaggia si facevano gli affari propri ed a nessuno interessava sapere cosa fosse successo ad una bambina come lei.
Dayse dalla mancanza di forze cadde per terra con le ginocchia, e si tagliò con delle pietre che erano posizionate al di sotto delle sue gambe, lì per lì pensò che l'unico modo per farsi notare dalle persone intorno a lei era attirare l'attenzione, singhiozzando all'interno di un mare di lacrime, prese le pietre con il quale si fece male prima, e sferrò dei colpi alle braccia e i fianchi del busto, dal dolore e dalla tristezza cominciò ad urlare fissando il cielo pieno di malinconia, dopo che le si aprì la carne delle braccia e della pancia, corse verso i lettini delle persone urlando il fatto che volesse essere ascoltata, le persone osservarono con terrore la bambina che perdeva quantità di sangue smisurate, chiamarono i soccorsi e la bimba fu portata via, in un ospedale nei dintorni.
I genitori furono incolpati per il gesto della bambina, e per la scomparsa della figlia minore.
Dayse mesi dopo cambiò decisamente, modificò innanzitutto il suo stile di vestiti, passò da uno stile classico ad uno Y2K, decise che non si sarebbe più fidata di nessuno e che non avrebbe mai lasciato che una persona stesse male per lo stesso motivo che successe a lei.
Ogni sera fino ad ora, piange in camera sua, cercando di non farsi sentire dalla sua famiglia, perché non vuole rivivere le sofferenze di quel giorno, vuole dimenticare quello che successe, ma non desidera dimenticare sua sorella, quella che tra tutte le persone, anche di fronte all'evidenza delle sue colpe, avrebbe continuato a supportarla attraverso il suo onesto sorriso.
Oltre a ciò, Dayse cominciò a litigare spesso con Peter, per ogni cosa che facesse, lui la faceva sentire in colpa, ed oltre a ciò cominciò a darle pure della troia quando usciva di casa vestita come piaceva a lei, le disse pure che se un gruppo di ragazzi avesse provato a stuprarsela per strada, avrebbero avuto ragione loro e non lei; Dayse le prime volte non ci faceva caso a questo comportamento malato da parte del ragazzo, ma dopo un paio di volte si cominciò ad infuriare e pure a repiclare alle orrende frasi che Peter tirava fuori dalla sua fottuta bocca del cazzo, con il tempo le parole diventarono azioni, nella quale lui prendeva sedie, o piatti, e li scagliava sulle pareti della casa provocandone danni, I quali era Dayse che ripagava, successivamente quelle azioni non furono solamente compiute su oggetti, ma anche sulla ragazza, la quale strillava dal dolore dopo che lui la attaccava attraverso l'uso delle sue mani, fortunatamente non arrivó mai all'uso di oggetti per colpirla, ciò non rassicurava per nulla Dayse, ma anche dopo tutto questo, lei desiderava comunque stare al suo fianco, ripetendosi ogni sera che in questo periodo lui fosse solamente stanco e indaffarato con il lavoro.
Questa mattina Dayse si svegliò, fece con calma colazione e si preparò per andare a scuola, si legò i suoi lunghi capelli biondi in due treccie, indossò una gonna e una felpa, entrambe di colore nero, e andò fino a scuola.
Appena entrata si fermò davanti al suo armadietto e lo sbloccò, al suo interno prese diversi libri e una penna e si diresse verso le classi le quali doveva partecipare, finita la prima lezione andò nella solita aula nella quale si ferma per mangiare un panino piuttosto che andare in mensa, in quella sala non c'è mai nessuno, per questo lei desidera andare lì a mangiare il proprio pranzo, ma all'improvviso entrò una persona, quella persona era il suo ragazzo, Peter, impanicata per il fatto che la notte prima litigarono come le altre solite sere, cercò di evitare di guardarlo in faccia.
Lui si avvicinò a lei, la prese per il cappuccio e cominciò a baciarla prepotentemente, lei provò a staccarsi ma lui la teneva accollata con troppa forza, dopo Dayse venne sollevata e venne spogliata e tironata, Peter si sbottonó i pantaloni e infilò il suo pene all'interno delle sue parti intime, dall'orrore del gesto lei cercò di urlare ma lui con la mano sinistra le tappó la bocca, cominciò a farle del male sia al collo che alle braccia, stringendola con forza.
Dayse cominciò a piangere e ad insultarlo nel modo più spietato che esista, dandogli della testa di cazzo, del coglione, dello stupratore, e infine del figlio di puttana, lui dopo tutti quegli insulti al posto di infuriarsi si eccitò ancora di più, mentre la stava penetrando con il pene la cominciò a sollevare dal collo con il braccio destro, lasciandole un livido gigantesco sul collo. Infine si stufò e se ne andò lasciando Dayse in un mare di lacrime e sudore, lei rimase traumatizzata e si vestì immediatamente, andò in spogliatoio cercando di evitare le altre persone lungo il corridoio. Entrata si lavò e con l'uso di fondotinta che possedeva all'interno dello zaino, si coprì i lividi che comparirono sul collo e sui polsi. Dopo applicò un finto sorriso sul suo viso, e se ne uscì dallo spogliatoio, come se non fosse successo nulla di grave, infine saltò l'ultima ora e se ne andò direttamente a casa.
Si chiuse in camera sua, spense le luci, e infine, scoppiò in un lungo e sofferente pianto.

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