Capitolo ottavo

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Iniziai a strofinare i palmi delle mani sulla sottana sporca, battendo i denti per il nervoso. Quella schifosissima parassita mi stava facendo impazzire, possibile che me la trovassi davanti ogni qualvolta dovevo svolgere un compito del gatto? Aumentai la presa sull'impugnatura dell'arma, nascosta dietro la schiena, prima che potessi varcare la soglia una voce familiare mi chiamò. Mi voltai in direzione del cancello. Fabrizio sventolava una mano in aria per attirare la mia attenzione.

«Il cancello è aperto, posso entrare?»

Clementina mi fissava, dannazione! Cosa dovevo fare? Come potevo uscirne? Tremai. Lasciai le lacrime solcare il viso e mi accasciai a terra, ero al limite. Il ragazzo corse in mio soccorso, arrestandosi confuso davanti a una donna in sottana, sporca di sangue e disperata.

«Cosa... cosa è successo?»

Non controllai il movimento del mio corpo preda agli spasmi. Ero terrorizzata, mi avrebbe accusata di essere pazza e sarei finita in manicomio. Dovevo inventarmi qualcosa. Mi aggrappai alle sue gambe.

«Oh Fabrizio, ho commesso un atto imperdonabile. Sono un mostro!» singhiozzai senza ritegno. Le budella al mio interno si attorcigliavano, creando un groviglio di ansia e dolore. «Stavo per prepararmi qualcosa da mangiare ma Paride, il mio caro cucciolo ha iniziato a abbaiare. Sono uscita per controllare cosa avesse ma ringhiava, non riuscivo a tranquillizzarlo. Mi ha assalita, ho avuto paura, stava per mordere... io ho... ho dovuto difendermi.»

Il ragazzo era confuso, le sue pupille schizzavano a destra e a sinistra, pensieroso. Pian piano il volto si rilassò e con la dolcezza che lo contraddistingueva, si tolse il cappotto nero che indossava e lo poggiò sulle mie spalle. Io, ancora intontita da tutte quelle emozioni, mi infilai l'indumento. Si trattava di un trench lungo e data la differenza di statura tra me e Fabrizio mi copriva persino i piedi.

«Comprendo la vostra agitazione, sono certo che sia stato orribile. State tranquilla, vi siete solo difesa, purtroppo non avevate scelta.»

L'opzione era morire. Davvero non avrei voluto farlo, pensai.
Mi sforzai di sorridere e mi asciugai le lacrime.

«Purtroppo devo chiederti di andare via... non possono vederci insieme.»

Lui sembrò non ascoltarmi.

«Mi hai dato del tu.» si grattò la nuca ricoperta dalla chioma fulva. «So che sei scossa e anche se sono felice di aver abbandonato i convenevoli non posso lasciarti qui, spiegherò io ai tuoi genitori cosa è successo con il cane.»

«No no no, devi andare. Ascoltami, io non ti ho detto che...»

«Signorina Giovanna,» la voce di Clementina giunse alle mie orecchie come lo stridio fastidioso di un gesso sulla lavagna. «La promessa sposa di mio nipote dovrebbe mostrare più contegno in casa propria.»

Lessi la delusione sul viso del bibliotecario. Repentina nascosi il coltello nella manica del cappotto.

«Aspetti, lui è solo un mio amico.»

Mi afferrò per i capelli trascinandomi verso casa. Fabrizio provò a dire qualcosa ma Clementina lo ignorò completamente. Entrammo in casa, Erminia vedendo tanta agitazione si portò una mano sul viso, sconvolta.

«Signora, fermatevi!»

«Zitta e tu, spudorata sgualdrina, ora ti insegnerò io come non mancare di rispetto alla mia famiglia.»

Scappai verso la mia stanza lasciando la suora indietro, chiusi la porta e mi barricai dentro. Clementina iniziò a sbattere i palmi contro la porta, ordinandomi di aprire. Io mi rannicchiai in un angolo del pavimento, il letto era ancora disfatto e anche il libro era dovevo l'avevo lasciato. Mi tolsi il cappotto e lo posai insieme al coltello accanto a me. Non so quanto tempo passai in quella posizione, l'unica certezza era che il sole aveva ceduto il posto alla luna e io ero rimasta inerme, ancora sporca di sangue e tremante. Quando la luna fu alta nel cielo sentii la finestra aprirsi.

Il Crocevia [CONCLUSA] Ciclo Gotico Siciliano V.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora