3. Don't blame me, love made me crazy

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Preparatevi in anticipo a questo capitolo...🙃 ah, e mi sono dimenticata di dire che sarà leggermente più lungo del solito e che ci sarà una sorpresa per i lettori di The Guide To Solving The Case alla fine...😉

Hayley
La mattina

"Lo scorso pomeriggio è stato assurdo.", rifletto mentre provo ad alzarmi.

Assurdo come il bigliettino che mi sono ritrovata magicamente in borsa.
"Non dovresti starmi vicino, birbantella."
Solo lui mi chiamerebbe in quel modo.

Che stronzo, non sarei sicuramente andata ad aiutarlo se non me lo avesse chiesto quella signora.

Non riesco a credere che sia tornato.
Anzi, non voglio crederci.

Stavo meglio senza di lui, ora i miei incubi torneranno.
Non posso perdonarlo e, anche se volessi, i ricordi rimarrebbero.
Quello che ha fatto è troppo da sopportare, lo sappiamo entrambi.

Glielo avevo detto tempo prima; gli avevo detto di buttarlo, ma lui non ha voluto ascoltarmi.

Quella cosa era maledetta, cazzo.
Ha portato solo a distruzione, nient'altro.

Non aveva idea di che cosa sarebbe potuto accadere.
È sempre stato testardo, ma porca puttana, un minimo di attenzione poteva mettercela.

Sono le sette e venti di mattina eppure non riesco ad alzarmi per i mille pensieri di ieri e per l'insopportabile mal di schiena.

Vorrei chiamare Miranda e dirle che la prossima volta sarò io a buttarla giù dal letto, ma non ho voglia neanche di girarmi per raggiungere il telefono.
Siamo messi bene, eh.

Il solo pensiero che oggi sia lunedì mi obbliga a chiudere gli occhi, addormentarmi e non svegliarmi per i prossimi dieci anni. Anche venti, ad essere sinceri.

Mi ci vorrebbe una squadra di football americano per farmi alzare dal letto, anche se sarebbe ben accetto pure un "casuale" incidente con protagonista la mia professoressa di matematica. Scherzo ovviamente, oppure no.

Sento dei tonfi sordi sul materasso e davanti ai miei occhi si materializza un'enorme palla di pelo marroncina e nera con dei grandi occhioni blu. Brownie, il mio gatto, è piuttosto stronzo quando si parla di dargli da mangiare. Se ha fame non c'è modo di fermarlo. Penso che sia anche per questo che lui e Odette vadano così d'accordo.

La lingua ruvida di Brownie inizia a strusciare sulla mia faccia e, prima che mi faccia il bagno, mi alzo dal letto infilando le mie fantastiche pantofole rosa pelose.

La pallottola di pelo mi segue in bagno, dove continua a infilarsi tra le mie gambe, rischiando di farmi cadere da un momento all'altro.

Devo assolutamente dargli da mangiare o rischio di prendermi una decina di graffi ovunque per non averlo fatto. Miagola, miagola e miagola ancora quando verso un po' di crocchette nella sua ciotola dello stesso colore dei suoi occhi. È possibile che sia così impaziente da volere sempre la porzione più grande che ci sia? Evidentemente sì.

Una volta sfamato l'insaziabile pancino di quel coso paffuto a quattro zampe, cerco di capire come vestirmi. "Cerco di capire" è una parola grossa considerando che ci sono esclusivamente quattro o cinque capi con cui mi sento veramente a mio agio.

Non riesco proprio a farci nulla; con uno mi ci vedo troppo grassa, con un altro mi sento troppo esposta e, altri ancora, non li indosso per paura che mi stiano più stretti di come li ricordavo.

Alla fine, la decisione rimane una: tuta o tuta?
Vada per la tuta!

È inutile provare anche solo a pensare che qualcosa possa starmi bene addosso.
Di questo passo sarà anche inutile avere un armadio.

𝐓𝐡𝐞 𝐎𝐫𝐢𝐠𝐢𝐧𝐚𝐥 𝐒𝐢𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora