Un nuovo ingrediente

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Questa storia è stata scritta per una raccolta lgbt+ di Natale. 


La sveglia suonava fastidiosamente da almeno un minuto. Daniele si girò nel letto, esprimendo tutto il suo dissenso con un mugugno infastidito e una bestemmia smozzicata fra i denti.
"Daniele, spegni quella maledetta sveglia!" borbottò la ragazza accanto a lui.
Lui si girò, cercando a tentoni il telefono, sperando di riuscire a spegnere la sveglia. Smozzicò un'altra mezza bestemmia.
"Dani, che cazzo! Sono andata a letto due ore fa, spegni quella stramaledetta sveglia!" sbottò la ragazza spintonandolo e facendolo cadere giù dal letto.
Batté il fondoschiena con violenza e stavolta la bestemmia uscì ben chiara dalle sue labbra.
"E non bestemmiare!"
Daniele ringhiò qualcosa che poteva essere un'offesa, ma spense la sveglia, infilandosi nuovamente sotto le coperte.
"Perché sei tornata solo due ore fa?" chiese alla ragazza, che lo guardava con il trucco sfatto intorno agli occhi.
"Perché quella stupida di Carol ha detto che doveva essere l'ultima arrivata a fare chiusura, dato che era sabato e lei doveva andare a ballare. Cazzo, sti americani non hanno voglia di fare niente!"
Daniele sbuffò una risata. "Curioso, è quello che dicono loro di noi italiani."
I due si guardarono, per poi scoppiare a ridere. Daniele le mise dolcemente i capelli dietro l'orecchio.
"Morena, ti ho detto di venire a lavorare da me. Non hai bisogno di andare in quello stupido pub."
"La tua pasticceria italiana è meglio? Hai presente che orari fate?"
Lui ridacchiò. "Non ti metterò certo a fare i dolci! Ho bisogno che tu mi aiuti al bar, perché sotto le feste diventa un manicomio."
Lei rise sottovoce. "Esagerato, non sei mica Dalmasso!"
Lui la fissò sdegnato e lei scoppiò a ridere fragorosamente, nascondendosi sotto le coperte.
"Brutta strega! Sono tuo fratello e ti ospito qui a gratis! E invece di ringraziarmi mi dici che non sono Dalmasso?"
La raggiunse sotto le coperte e iniziò a farle il solletico. Lei rise ancora più forte, fino a cadere dal letto. Daniele si affacciò dal bordo del letto. "E ora siamo pari" ridacchiò "così impari a prendere in giro la mia pasticceria. Ci ho messo anni a farmi un nome, sai? C'è chi lavora duro, così può ospitare la sorella in fuga dal fidanzato."
"Più che altro stai condividendo il tuo monolocale con me" lo sbeffeggiò lei.
"Se non ti piace la mia sistemazione, libera di andare da qualche altra parte. Magari puoi tornare in quel pulcioso ostello dove stavi prima" disse tirando su con il naso con aria offesa.
Lei lo abbracciò di slancio. "Nah, sto bene qui con te, stretta stretta" ridacchiò iniziando a riempirlo di baci su tutto il viso.
"Che schifo, santo cielo!"
Lei si staccò bruscamente. "Cattivo" borbottò, per poi risalire sul letto e infilarsi sotto le coperte.
"Ora, però, fammi dormire. Non hai qualche dolce da vendere, o qualche cappuccino da fare?"
Lui sbuffò, dandogli un sonoro scapaccione. "Ti voglio in negozio alle due. Dai il cambio turno a Simon e inizi in pasticceria."
"Ma devo andare al pub stasera!" piagnucolò la sorella infilandosi ancor più sotto le lenzuola.
Lui la raggiunse. "Dai le dimissioni, tanto quello è un posto che odi. Puoi lavorare da me, ti pagherò e tu finalmente mi renderai il mio piccolo appartamento. Ti amo, tesoro, ma voglio davvero, davvero, davvero riavere la mia privacy."
Lei si imbronciò. "Adoravi dormire con me."
"Avevo cinque anni, Mori. Adesso ne ho venti in più e... esigenze diverse" terminò arrossendo.
"Sporcaccione" lo prese in girò lei.
"Non è per quello!" sbottò ancor più rosso "È solo che mi piace avere i miei spazi" mormorò alla fine.
Lei gli fece una carezza. "Lo so, Dani, mi piace prenderti in giro. D'accordo, telefono al pub e mi licenzio... beh, non ero nemmeno assunta, perciò" alzò le spalle senza finire la frase.
"Ci vediamo alle due" disse Daniele dandole un piccolo bacio sul naso "vado a farmi la doccia."
Lei sorrise e si avvolse nelle coperte, trasformandosi in una specie di involtino umano.
Daniele tirò su il bandone, lasciando però sulla porta il cartello "Chiuso". Amava arrivare almeno un'oretta prima. Accese le luci, la macchina del caffè, e poi si recò negli spogliatoi. Si tolse giacca e sciarpa, si mise il grembiule e aprì la porta che portava al forno.
"Buongiorno a tutti!" esclamò felice.
"Buongiorno, capo!" esclamò contenta Louise, una donna di circa cinquant'anni del quartiere latino.
Louise aveva cinque figli e un marito in fuga e nessuna delle due cose sembrava capace di toglierle il sorriso.
"Buongiorno, Louise" le lasciò un piccolo bacetto sulla guancia "come va la lavorazione?" aggiunse intingendo un dito nell'impasto che la donna stava preparando.
Lei gli lanciò un'occhiataccia. "Sarà perfetto, se ne resterà un po' dopo il tuo passaggio" lo minacciò con un mestolo.
"Louise! È successo una volta sola e poi mica siamo nell'Ottocento! Sei tu che insisti a fare quell'impasto a mano!" alzò gli occhi al cielo Daniele.
"È arrivato il divoratore di mondi?" si affacciò dall'altra stanza un ragazzo di colore di quasi due metri, portando un enorme vassoio pieno di ciambelle ripiene.
Daniele lo guardò severamente. "Il divoratore di mondi è colui che ti paga ogni mese, Roman" sbuffò offeso.
"Su, su, non ti offendere. È che ti manca l'amore, per questo compensi con lo zucchero" disse convinto, mentre posava il vassoio su uno dei banchi da lavoro e prendeva la glassa al cioccolato.
"Smettila di psicanalizzarmi, Roman" sbuffò infilando un altro dito nell'impasto di Louise, che cercò di allontanarlo con una spinta dei fianchi.
"Io sono uno psicologo" gli sorrise Roman conciliante "o almeno, lo sarò appena avrò l'abilitazione."
Daniele bofonchiò qualcosa, poi alzò le spalle e iniziò a decorare i biscotti che Louise aveva lasciato sull'altro banco.
"Inforna questi biscotti, piuttosto che chiacchierare" disse fintamente burbero "io andrò a preparare il caffè per tutti."
Louise e Roman trattennero una risatina. Daniele aveva un cuore d'oro. Era un ragazzo intraprendente, coraggioso e generoso. Aveva aperto la pasticceria con i soldi che gli avevano lasciato i nonni, dopo essersi allontanato da una famiglia che non lo capiva.
Aveva lavorato sodo, all'inizio erano solo lui e Louise. Per i primi tre anni erano riusciti a restare a galla, aumentando i profitti regolarmente e con fatica. Poi, un giorno, Roman era entrato a prendere un caffè con la fidanzata e presto i suoi amici dell'Università avevano seguito il loro esempio. La pasticceria era diventata famosa fra gli studenti e anche fra gli abitanti del quartiere. Roman, ormai cliente fisso da un paio di anni, aveva espresso il desiderio di lavorare lì mentre studiava. Dopo poco si era unito Simon, dato che Daniele non riusciva più a gestire da solo il bar sul davanti.
Due mesi prima, sua sorella minore lo aveva raggiunto, anche lei stanca di dover combattere contro i pregiudizi di una famiglia che non accettava lo scorrere del tempo.
"Ho convinto Mori a venire a lavorare al bar" disse rientrando con i caffè per tutti.
"Bravo, Dani!" esclamò Louise "E come hai fatto? Era così determinata a non lavorare qui..."
"In realtà" disse Dani un po' triste "non è proprio così. Lei non voleva lavorare di nuovo in un bar... come quello dei nostri genitori" disse bevendo un po' del suo cappuccino.
Louise si avvicinò e lo abbracciò brevemente. Odorava sempre di vaniglia, chissà perché?
"Tranquillo, tesoro, capirà presto che questo bar rispecchia il proprietario più di quanto dovrebbe."
Dani ridacchiò in direzione della tazza annuendo compiaciuto.
La mattinata volò via in fretta. La mattina era sempre molto caotica, ma verso l'ora di pranzo il locale restava abbastanza vuoto. In definitiva, era una pasticceria e le persone solitamente andavano a pranzo nei locali vicini, per poi riapparire verso le due per un caffè o per il dessert.
"Ragazzi, ho chiuso. Ordiniamo qualcosa?" chiese Dani mettendosi a sedere su un banco.
"Cinese?" batté le mani Louise.
"Ancora?" sbuffò Roman.
"E dai, sai che non posso ordinarlo a casa! I miei bambini devono mangiare sano e, di conseguenza, anche io."
"A me andrebbe" si aggiunse Simon entrando dalla porta "Dani, ho sistemato tutto. Sicuro che non vuoi che resti per insegnare a tua sorella?" chiese timidamente.
Daniele rise. "Simon, mia sorella ha iniziato a lavorare al bar che aveva dodici anni. Quando assaggerai il suo cappuccino, rivedrai il tuo concetto di schiuma" strizzò l'occhio.
Simon ridacchiò. "Allora, cinese? Roman?" chiese conferma all'amico.
Roman alzò gli occhi al cielo e fece un gesto come a dire che facessero quello che volevano. "Per me italiano, grazie" poi si girò iniziò a preparare la crema chantilly.
Dani sospirò, poi ordinò per tutti.

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