CASSETTA 5

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22 gennaio 2024

Quando Manuel giunge davanti al liceo Da Vinci quella mattina, la prima cosa che nota è che c'è una Vespa bianca parcheggiata e legata con una catena ad un palo di metallo ricurvo.

Il mezzo è facilmente riconducibile ad una persona sola e vorrebbe provare un briciolo di rabbia nei suoi confronti, considerato che ha una chat di WhatsApp piena di messaggi che hanno risposte dopo ore ed ore, tutte striminzite, monosillabi che non sopporta - va in tilt quando capita, il che è un briciolo contraddittorio considerato che lui è il primo a dimenticarsi di rispondere in molteplici occasioni, ma tant'è.

Vorrebbe lasciarsi andare all'ira, però non ci riesce poiché l'apprensione prende sopravvento con eccessiva facilità.

Quindi, non sorprende il fatto che, prima di fare ingresso nell'edificio, si dirige al chiosco in legno che si trova davanti al portone; ordina e compra un cornetto alla crema.

Soltanto in seguito varca la soglia della scuola e sale di fretta le due rampe di scale che conducono al corridoio della 5^B. L'obiettivo è giungere in classe con anticipo rispetto al suono della campanella che segna l'inizio delle lezioni.

Entra in aula e vede subito Simone seduto al solito banco.

Sospira di sollievo e intanto pensa finalmente.

I loro compagni non hanno ancora fatto ingresso nella classe, sono soli.

Che fortuna.

Con lo zaino mezzo vuoto in spalla e il sacchetto di carta bianco in mano, Manuel si appropinqua all'altro ragazzo. Si ferma davanti a lui, lo fissa inclinando il capo su di un lato.

«Ti ho portato un cornetto alla crema,» esclama «non abbiamo litigato, credo» incespica sull'ultima parola, dal momento che non è sicuro, non sa cosa effettivamente sia successo tra di loro, se è successo qualcosa «però 'na volta qualcuno m'ha detto che il cibo è 'na scusa buona pe' parlare.»

Simone osserva il sacchetto contenente la brioche che è stato appoggiato sulla superficie piana. Sospira, sommesso, e sposta lo sguardo sul compagno. Contorce le labbra in una smorfia. «Non dovevi» sussurra.

«Portarte la colazione o chiedere di parlare?»

«Tutte e due.»

«Simò...» Manuel si piega sulle ginocchia, reggendosi al banco per mantenere l'equilibrio. In tal modo, è inevitabile far incrociare i loro occhi.

Quei giorni senza avere una reale conversazione sono pesati su di lui al pari di un macigno ed è un aspetto che lo logora alquanto. «Mi dici che c'hai?» domanda ancora, imperterrito.

«Niente.»

«Eh, è 'na cazzata.»

«No, è vero. Ho avuto la febbre, anzi, scusa se non ho risposto ai messaggi, ero...»

«Non m'importa dei messaggi, ma ce sta qualcosa che non va sì e so che ce sta, te lo leggo in faccia.»

«Non c'è niente» ribadisce Simone. La sua voce è un soffio. Inclina di qualche centimetro il busto in avanti e solo a tal punto allunga una mano per andare a sfiorare il viso dell'altro ragazzo con la punta delle dita.

«Te lo giuro, non c'è niente» pigola «ti puoi fidare di me, per favore?»

La fiducia è come una scommessa.

Manuel è da sempre convinto di questo, che essa coincide con una puntata ad una roulette che non si sa quando potrebbe smettere di girare – perché le persone sono strane, si pensa di conoscerle fino in fondo e all'improvviso si rivelano per l'esatto contrario.

POLVEREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora