10. There's a hole in my soul, you don't fill it.

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✿𝓛𝓲𝓵𝔂✿

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Grazie💙🌟

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«Tutto il mondo è un palcoscenico.
E tutti gli uomini e le donne
sono semplicemente attori.»
- William Shakespeare
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Avvertivo un dolore incessante schiacciarmi le tempie, reduce di una notte in cui non avevo chiuso occhio, ammantata da strani pensieri e sensazioni circa quell'uomo scorbutico appostato là fuori che mi invadeva il cranio dolorante.

Tentai di schiudere un occhio e fui subito invasa dalla luce mattutina che faceva capolino attraverso le finestre, per poi gocciolarmi addosso prepotentemente, fino a farmi rannicchiare e sparire sotto le coperte che non avrei voluto abbandonare.

Poco dopo sbuffai violentemente, osservando la sveglia posizionata sul mio comodino di fianco al letto per scrutarne le lancette appostate alle sette di mattina, e poi con la materia grigia in subbuglio sfarfallai le palpebre due tre volte, stropicciandomi gli occhi e alzandomi sentendo ancora nella mia mente le parole di Ethan che mi avevano infettata.

Mi sentivo come se avessi perso totalmente il terreno sotto i piedi, incapace di trovare stabilità.

Racimolai gli ultimi brandelli di energia rimasti nel mio corpo, mentre mi preparavo per affrontare la giornata, cercando invano di spegnere quel dannati pensieri che si agitavano come onde impetuose nella mia mente.

Quando arrivai in università, la mia concentrazione era inesistente. I libri erano solo decorazioni, perché la mia mente era in preda a un turbine di domande senza risposta. Ava era la mia ancora in questo mare tempestoso. Dovevo assolutamente parlarle. Aveva sempre avuto un modo speciale di capirmi senza giudicare. Ava era quella costante nella mia vita, il faro che mi guidava attraverso le tempeste. Ci conoscevamo da quando eravamo due bambine di sette anni, inseparabili sin dal primo momento in cui ci eravamo incrociate al parco.

18 anni prima

Era una giornata di sole, il parco era animato e io ero lì, intenta a giocare da sola. Poi arrivò lei, con i suoi lunghi capelli biondi mossi dal vento, gli occhi brillanti di curiosità e un sorriso contagioso incorniciato da lentiggini sulle guance. «Ciao! Posso unirmi a te?» chiese, senza timore. Guardai in su, incuriosita, e annuii, estendendo la mano per invitarla a giocare con me. Lei si sedette accanto a me, il suo entusiasmo era contagioso.
«Mi chiamo Ava! Tu come ti chiami?»
«Sono Lily.» Dissi entusiasta.
E così iniziammo a giocare, tra scambi di parole veloci e entusiasti.
Avevamo creato una città immaginaria con i nostri giocattoli, popolata da personaggi fantastici che inventavamo di volta in volta.
Ava aveva un'immaginazione incredibile, arricchiva sempre le nostre storie con dettagli sorprendenti.
«Guarda! Il mio pupazzo può volare sopra questa montagna e salvare tutti,» esclamò Ava con un entusiasmo travolgente, facendo volare il suo giocattolo nell'aria.
Ridemmo entrambe, e io presi il mio giocattolo preferito per farlo interagire con il suo. Da quel giorno, divenne come un rito: incontrarsi al parco per sognare e inventare mondi fantastici.
Con il tempo, quei primi incontri al parco diventarono la base di una solida amicizia. Avevamo imparato a conoscerci, a completarci nei giochi e nei racconti, costruendo un legame che sarebbe durato nel tempo, resistendo a ogni avversità.
Da quel momento, diventammo inseparabili. Avevamo creato un mondo tutto nostro, fatto di avventure immaginarie e segreti condivisi.

𝑵𝒆𝒗𝒆𝒓 𝑺𝒕𝒐𝒑 𝑺𝒉𝒊𝒏𝒊𝒏𝒈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora