Quella Sera (parte 1)

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Eravamo in camera sua, io seduta sul letto, lui era alla scrivania, con il coltello fra le dita, si tagliava: la lama affilata penetrava nel polso e le lacrime gli scendevano dagli occhi, ma lui soffriva in silenzio, senza dire una parola.
Tutto intorno a noi taceva, io ero lì e guardavo il sangue che cadeva e, non ho resistito, non potevo permetterlo, sono corsa alla scrivania, il cuore mi batteva forte, gli presi il coltello dalle mani e per sbaglio mi ferii sul palmo della mano, lo scaraventai fuori dalla finestra e mi rimisi a sedere, in lacrime, con le mani tremanti e sanguinanti.
Andrea mi guardava sbigottito, infuriato e anche contrariato per ció che avevo fatto, ma sempre silenzioso...
Non capivo, non ci capivo niente, non riuscivo a capire e non volevo farlo....
Ruppi il silenzio:"io non credo che tu sia depresso davvero, insomma se fosse così, perché tagliarti?! ", lui mi guardó e con quell'aria da vittima sbuffó:" tu non sai come mi sento", mi ero davvero arrabbiata e gli risposi come una belva:"magari non sapró come ti senti ma non risolvi niente autolesionandoti!", lui si girò di nuovo verso la scrivania, lo sguardo basso, la voce tremante:" Giada, la depressione ti provoca un dolore interiore, che fa male, che ti arde in petto, che non puoi controllare ne sovrastare, é come se ti divorasse, un po' alla volta , come se si impadronissee di te, con o contro la tua volontà; ecco perché mi taglio, perché in qualche modo contrasto quel dolore, con la sofferenza fisica, in un certo senso, non penso a quella interiore e riesco ad andare avanti, il problema é che i tagli passano,scompaiono, ma la depressione resta, o lascia il segno".

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