Capitolo 4

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Pov: Oliver 


Stringo tra le mani la tazza di caffè ancora bollente, mentre Emily svuota una seconda bustina di zucchero all'interno del suo cappuccino.

"Non ricordavo che amassi così tanto lo zucchero"

"La verità è che il mio stomaco non tollera più il caffè troppo amaro, ma io non riesco a rinunciare alla mia bevanda preferita" ride, mostrando un timido sorriso.

"La vita è un insieme di compromessi, alcuni piacevoli ed altri un po' meno..." ricambio il suo sorriso "...Non credevo di rivederti"

"Nemmeno io pensavo di rimettere piede a Middlebury tanto presto..." ammette "Ma mio padre sta molto male da quando è morta mia madre, e non me la sentivo di lasciarlo solo per il suo compleanno"

"A proposito... mi spiace molto per tua madre, manca tantissimo a tutta la città."

"Grazie per le tue parole... significano molto per me" Emily stringe la mia mano, dolcemente.

La madre di Emily era una delle donne più amate di tutta Middlebury: non era solo un insegnante di matematica, ma anche uno dei membri più attivi della giunta comunale, e si occupava di promuovere tantissimi eventi a scopo benefico.

Linda era una donna buona e gentile, piena di spirito di iniziativa, e da adolescente Emily era il suo ritratto.

Non che ora sia troppo diversa, ha gli stessi capelli biondi e ribelli di sua madre, così come la pelle color porcellana e gli occhi azzurri e vividi, solo che dopo la scomparsa di Linda, una parte di lei sembrava essersi spenta per sempre.

Io ed Emily ci siamo conosciuti a sedici anni, nell'ufficio dello psicologo della scuola.

Eravamo lì per lo stesso motivo: lei doveva elaborare il lutto di sua madre e cercare di riaccendere la sua scintilla, mentre io dovevo calmare le ondate di rabbia che mi assalivano ogni giorno da quando i miei genitori se ne erano andati.

Io non accettavo l'idea che avessero lasciato la città senza portarmi con loro, abbandonandomi come un oggetto inutile, un effetto collaterale indesiderato, mentre lei non riusciva più a provare delle emozioni, il lutto l'aveva svuotata completamente.

Lentamente iniziammo a parlare del più e del meno, fino a diventare amici.

Emily era l'unica persona in grado di capirmi, l'amica più vicina a me che abbia mai avuto.

Siamo stati la spalla l'uno dell'altro per anni, fino a quando lei non si è trasferita a Boston, allontanandosi gradualmente dal suo passato e dalla bolla in cui ci eravamo rifugiati insieme.

"Che hai fatto di bello in quel di Boston? Lavori sempre in quella cioccolateria, la 'Chocolate Paradise' ?" le chiedo, curioso.

"Niente di speciale, non ho molto tempo libero in realtà... non faccio che lavorare, in cioccolateria c'è molto da fare" esclama Emily prima di buttare giù un sorso di cappuccino "E' stato un vero miracolo che mi abbiano permesso di prendere le mie ferie adesso... tu invece? Credevo che prima o poi avresti lasciato Middlebury definitivamente"

"E per fare cosa? Il cuoco stressato e sottopagato in un ristorante anonimo a New York? No grazie" rido.

Le racconto del tirocinio a Baltimora e del lavoro a Portland, dello stress a cui ero sottoposto e di quel senso di insoddisfazione che non mi abbandonava mai.

Lontano da casa mi sentivo spaesato e solo, incapace di trovare la mia strada per la felicità.

Per me vivere in una grande città era tutto fuorché stimolante.

È stato per questo motivo che l'anno scorso sono rientrato a Middlebury, e dopo aver portato a termine vari corsi sul business e il management aziendale, alla fine ho rilevato il ristorante che era appartenuto alla famiglia di mia madre, e che lei aveva lasciato cadere in disgrazia, il 'Bistrot Camille'

Appena le parlo del locale il suo viso si illumina, e mi mostra un sorriso rilassato.

"Sono felice che lo abbia rilevato tu, finalmente il locale tornerà a nuova vita"

Nei suoi anni d'oro il bistrot era il fulcro della vita della città, un simbolo per molti dei clienti abituali.

Il padre di Emily per esempio aveva fatto la proposta a Linda proprio nel nostro ristorante, e come lui molte altre persone, ma la scellerata gestione economica di mia madre ha rovinato tutto.

Ma io ho rilevato il locale per sistemare tutto, per affondare le mie radici nell'unico posto che amo, nell'unico luogo in cui vorrei vivere.

"Tu invece? Che progetti hai per il futuro?" chiedo alla mia amica, mentre lei finisce il suo cappuccino.

Vedo la luce nei suoi occhi azzurri spegnersi di colpo.

"Per adesso non ho dei veri e propri progetti" sussurra "Solo delle idee, ma niente di concreto"

Sto per chiederle di più, quando il suo cellulare squilla di nuovo.

"E' mio padre, credo che sia rientrato a casa" mi spiega, frettolosa "Devo andare da lui."

Emily si alza rapidamente, e io faccio altrettanto.

Insieme ci dirigiamo fuori dal bar, dove ci salutiamo, con un abbraccio.

Prima di lasciarla andare però, le porgo un fogliettino su cui ho scritto il mio numero di telefono.

"E questo?"

"Adesso hai un numero di telefono" sorrido "Potrai messaggiarmi ogni volta che vorrai, se vorrai farlo, è chiaro."

"Ti penserò ogni volta che mi assalirà la noia" Emily ricambia il mio sorriso, e si infila in tasca il bigliettino, prima di salutarmi ancora e voltare l'angolo.

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