POV EMILY
Il mattino seguente io e Oliver ci incontriamo in uno dei caffè di Middlebury, e dopo aver fatto una colazione abbondante, con tanto di brioche e cappuccino, ci spostiamo in un grande magazzino, che dicono sia pieno zeppo di attrezzi da cucina.
Appena entrata, mi cade la mascella per lo stupore: davanti a me vedo una ventina di scaffali, stracolmi di ogni utensile possibile e immaginabile, che vanno dai colini a pistone e dalle fruste, alle cioccolatiere professionali e ai kit completi per la decorazione dei pasticcini e delle torte.
Se questo è un sogno, non svegliatemi mai.
Con Oliver al mio fianco, inizio a girovagare per le corsie, come fossi una bambina in un negozio di caramelle gommose.
È tutto così nuovo e così bello, che quasi ho paura di rompere gli oggetti anche solo guardandoli.
In breve tempo, mi ritrovo a riempire il carrello di stampi in silicone, di varie forme e dimensioni.
Sarà l'atmosfera del negozio zuccherosa e divertente, ma fare shopping con Oliver si rivela molto più rilassante di quanto credessi: tra una chiacchiera e l'altra mi rendo conto di quanto mi mancasse la sua presenza nella mia vita.
Nonostante io e Jenna abbiamo un legame bellissimo, il nostro rapporto non potrà mai essere come quello che ho con Oliver: insieme abbiamo condiviso tantissimi dolori, e questo unisce due persone molto di più di quanto possano fare un bilocale al terzo piano e un po' di colla stick.
Abbiamo visto l'uno il lato fragile dell'altra, ci siamo rispettati, ci siamo supportati a vicenda, facendoci forza a vicenda e provando a tirare fuori il meglio dell'altro.
Tutto quello che abbiamo vissuto insieme non potrò mai viverlo con nessun altro.
"Ancora non ti ho chiesto in cosa consiste la tua idea" esclama Oliver ad un certo punto "Cosa hai intenzione di presentare alla signora Berry?"
"Mi spiace per te, ma per il momento non posso ancora parlartene" dico, incamminandomi verso la cassa del negozio "Sarai tu il mio fido assaggiatore, e come sempre non voglio che tu ti faccia troppe aspettative prima di avere il cioccolatino davanti"
Oliver fu la prima persona ad assaggiare un mio cioccolatino, ben dodici anni fa.
Il suo giudizio fu così imparziale e dettagliato, che decisi che ogni qual volta avessi realizzato qualcosa di nuovo lui sarebbe stato il primo ad assaggiarlo.
Prima di trasferirmi a Boston gli portavo qualcosa ogni weekend, e lui sembrava apprezzarlo molto.
"Non mi piacciono le informazioni top secret" sbuffa, mentre io inizio a posizionare gli oggetti sul nastro della cassa.
"Beh dovrai fartele piacere" rido, prima di lasciarmi andare ad una smorfia.
*****
Quando rientro a casa, mi accorgo che mio padre è già uscito, e tiro un sospiro di sollievo.
Sono grata che ancora lavori come giardiniere privato per alcune famiglie, così non dovremo incontrarci troppo spesso al mattino, come oggi.
Dopo la nostra litigata di ieri sera non me la sento proprio di tollerare la sua presenza fingendo che niente sia accaduto.
Sollevata mi sposto in cucina, e inizio a cucinare: decido di partire dalla ricetta di alcuni semplici cioccolatini fondenti, per lavorare sull'aspetto estetico del prodotto, e faccio sciogliere il cioccolato.
Con rapidità inizio a temperarlo, sul ripiano della nostra cucina, con dei movimenti metodici ed energici.
Ho iniziato a lavorare il cioccolato qualche settimana dopo la diagnosi di mia madre: non riuscivo ad accettare che una donna dolce e gentile come lei fosse stata colpita da un tumore al collo dell'utero.
Non accettavo che alle persone stupende come lei potessero succedere delle cose così negative e brutte.
I dottori erano ottimisti, secondo loro sarebbe bastato un ciclo di chemio per indebolire il tumore e sovrastarlo con la terapia, eppure io non riuscivo a essere positiva: vedevo mia madre spegnersi e perdere la sua vitalità e questo mi uccideva ogni giorno di più.
All'inizio mi rimpinzavo di cioccolatini, di qualsiasi gusto e forma, ma poi mi resi conto che mangiare non era sufficiente per arginare un dolore così grande, così iniziai a studiare per farli io stessa.
In breve tempo la cioccolata divenne la mia ancora di salvezza, la mia ragione di vita.
Quando non mi occupavo di mia madre ero sempre in cucina a riempire gli stampi di cioccolata temperata.
Non sempre riuscivo ad ottenere dei risultati soddisfacenti, ma era piacevole anche solo provarci.
Amavo così tanto la cioccolateria, che mi venne difficile persino nasconderlo agli altri: non parlavo di altro, con tutti, continuamente.
Era la mia unica fonte di gioia e serenità.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime ripensando a quei momenti, ma cerco di non piangere: temperare il cioccolato è una procedura fondamentale, durante la quale non c'è spazio per le distrazioni.
Nonostante la mia precisione, e la concentrazione, il cioccolato resta freddo, e non si riscalda.
Agitata, aumento l'intensità dei movimenti, ma la temperatura non sale abbastanza.
Mentre cerco di trovare una soluzione rapida, ricordo l'ultima volta che ho realizzato dei cioccolatini in questa cucina, e una parte del mio cuore si scioglie.
Alcune sere prima, in uno slancio di emotività, mia madre mi confessò di essere molto triste e abbattuta per me: disse che avermi come infermiera personale ventiquattro ore su ventiquattro la faceva soffrire, si rendeva conto che avevo completamente annullato la mia vita per restare al suo fianco e questo la faceva sentire in colpa.
Nonostante io facessi di tutto per non farla sentire un peso, lei continuava a tormentarsi: la sua malattia si era portata via tutto, anche la mia serenità e la mia adolescenza, e lei non riusciva ad accettarlo.
Così mi consigliò di trasferirmi altrove, in una città dove avrei potuto studiare cioccolateria, e diventare una maitre chocolatier importante.
All'inizio mi rifiutai categoricamente di lasciarla: ma poi lei riuscii a convincermi, dicendo che sarebbe stato papà ad occuparsi di lei, e che io dovevo iniziare a vivere per davvero.
Lasciare Middlebury è stata la prima cosa che ho fatto davvero per me stessa, e il pensiero di esservi tornata mi inasprisce.
È come essere tornata al punto di partenza.
Frustrata decido di lasciar perdere il cioccolato per un attimo, per uscire e prendere una boccata d'aria.
I ricordi custoditi in questa casa sono così opprimenti da farmi paura.
Gli ultimi cioccolatini che ho preparato qui erano i preferiti di mia madre, quelli al cocco e cioccolato bianco.
Ricordo ancora la sua espressione deliziata quando assaggiò il primo.
"Sanno di scaglie di cocco e serenità" disse, tra un boccone e l'altro, e il petto mi si gonfiò di orgoglio.
****
Una volta rientrata in cucina, ricomincio tutto da capo, ma purtroppo il cioccolato continua a non temperarsi.
Ci provo più e più volte, finisco le scorte di cioccolata, ma niente.
Oggi non ci riesco proprio.
Forse è il ripiano della cucina ad avere qualche problema, o forse sono solo io, che non riesco a fare niente oppressa da tutti questi ricordi.
Pensierosa, passeggio avanti e indietro per la stanza: devo trovare una soluzione, e devo farlo anche in fretta, San Valentino è dietro l'angolo.
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Our Valentines Bluff
ChickLitEmily Lane, una giovane apprendista cioccolatiera, ritorna nella sua città natale per festeggiare il compleanno del padre rimasto vedovo da poco. Ciò che nessuno sa, è che Emily è rientrata in Vermont per tutt'altra ragione... Durante il suo soggior...