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Ghali's POV

Provo ad insipirare e espirare regolarmente,ma la situaione non cambia. Sento odore di bruciato,forse sono io che sto bruciando la mia vita,come mi dicono i prof. Sento dell'amaro in gola,amaro come la mia esistenza. Il battito è troppo forte,sento che da un momento all'altro potrebbe esplodermi il cuore,e io non avrei neanche il tempo di capirlo. Perché gira tutto? persino l'alberello solitario che aveva messo mia madre sul davanzale gira. Poverello magari cade. Fa così freddo qua dentro,ineffetti siamo a Milano ed et il 24 dicembre, è normale che faccia freddo. Che cos'è la normalita? Percepisco del caldo intensissimo. È come se una radiazione fortissima ci fosse ogni qualche secondo proprio su di me dentro al mio cuore e al mil cervello. Tremo,non so come si faccia a smettere,ma io come ho fatto a iniziare? Me lo diceva sempre la maestra delle elementari,non Barbara,quella gentile con tutti tranne con me. Margherita,quella buona con tutti,sopratutto con chi si faceva tante domande,come me. "Per risolvere un problema bisogna partire dalla radice".Non avevo capito molto bene, però assimilavo,magari poi capivo che ne sai. Vedo tutto offuscato,o tutto che si muove. Chiudo gli occhi,cosi non posso più vedere nulla.Sento delle urla fortissime sia lontane che vicine. Buio. Scatto a sedere spaventato. Sto sudando e ho il fiatone. Appoggio i gomiti al letto e cerco di tranquillizzarmi. Prendo il bicchiere d'acqua sul comodino per aiutarmi a mandare meglio giù lo xanax. Aspetto che il battito e il fiato si regolarizzino e mi alzo. Prendo tutto il necessario e vado a farmi una doccia,che dura quasi un quarto d'ora. Esco e appoggio i gomiti sul lavandino guardandomi allo specchio. Quando finisce sto schifo? Guardo l'ora:5:30. Mi metto qualcosa al volo,prendo le cuffiette e il telefono e esco di casa. Faccio partire la mia solita playlist e comincio a camminare,non so dove di preciso,ma quanto meno cammino. Mi ritrovo in un parco, più una villa comunale a dir la verità. Entro e faccio un giro, disattivando le cuffie per sentire i rumori della natura. <che c'è Dante ti sei perso nella selva oscura?> mi chiede una ragazza seduta su una panchina. La riconosco subito. La sua voce,i capelli biondi che cadono leggeri sul suo viso angelico,e gli occhi azzurri ghiaccio,stavolta con un espressione diversa da quando ci siamo visti l'ultima volta. <mi sa di si>
gli rispondo. Portava una gonna bianca con sopra una felpa rossa e le dottor.Martins. <tieni> dico porgendole il mio giubbino. <no grazie> mi risponde. <hai le labbra viola e stai tremando,prenditi sta giacca e non fare complimenti per favore> controbatto. Sta volta accetta e si mette il mio moncler. <te lo dico se te lo rovino non lo posso ripagare>dice sorridendo. <tutto apposto?> le chiedo. <si> mi risponde secca. <allora perché sei in una villa comunale da sola alle sei meno un quarto di mattina?> le chiedo. <tu?> rigira la domanda. <non è buona educazione rispondere a una domanda con un altra domanda> le faccio notare. <neanche fumare da soli, quindi tieni> dice estraendo un pacchetto di malboro rosse dalla borsa e offrendomene una. Io la accetto e tiro fuori l'accendino, dato che lei lo aveva dimenticato a casa. Gli accendo la sigaretta mentre ci guardiamo negli occhi. L'unica dipendenza qua sono i suoi occhi. Ci mettiamo a fumare guardando l'alba. <ti piace l'alba?> le chiedo. <amore e odio> risponde. <perché?> chiedo interessato da quella risposta particolare. <l'alba rappresenta un ricominciare da capo,ma a volte non riesci a ricominciare da capo,e ti senti solo un illuso.> dice. <scrivi anche tu?> gli chiedo impressionato da quella riflessione. <no, penso solo tanto. Hai fame?> mi chiede riportando il suo sguardo su di me. <si, andiamo a fare colazione?> gli chiedo. <sei alto,hai i dread,e mi porti pure a mangiare,che vuoi di più?> dice facendomi ridere. Ci dirigiamo in un bar vicino al duomo,lei prende una cioccolata calda e io un caffèlatte. Poco dopo ci portano una tazza di caffèlatte e una cioccolata calda con la panna e il cacao sopra. <aspetta che così non ti vedo> dice spostando leggermente la tazza. <che fai nella vita?> le chiedo. <studio psicologia e lavoro in un pub di sera. Non una cosa da mignotte eh,sono vestitissima per fortuna. Tu?> mi chiede. <scrivo testi e faccio l'eremita in studio> rispondo, facendola ridere. <da quanto scrivi?> chiede. <da sempre> rispondo. <a te piace psicologia?come sta andando?> gli chiedo. <psicologia è la mia vita,mi piace proprio studiarla,e gli esami vanno molto bene,anche se a volte è molto difficile alternare lavoro,studio e pure avere una vita> dice. <sarebbe bellissimo ogni tanto staccare tutto così all'improvviso e andarsene tipo in un posto sperduto in cui vivono 3 eremiti e 10 abitanti> dico. <tu dove andresti?> mi chiede. <prima mi dici dove andresti tu e poi te lo dico io> controbbatto. <in Argentina> dice con aria sognante. <tu?> mi chiede. <in Indonesia> gli rispondo. <perche?> mi chiede incurosita. <è una cosa stupida> rispondo vago. <spara> dice lei. Prendo un lungo sospiro e inizio. <nella nostra testa abbiamo sempre avuto un pensiero,cosa si fa e cosa non si fa,come ci si comporta e come si affronta la vita,siamo cresciuti con una mentalità. Li hanno una visione del mondo completamente diversa dalla nostra,proprio tutt'altro modo di pensare.> dico. <perché non ci sei mai andato?le possibilità le hai tutte> mi domanda. <troppo focalizzato sulla mia carriera in questo momonto,troppi cazzi. Poi un viaggio del genere andrebbe fatto con una persona speciale,mia madre soffre di aereo e quando gliel'ho chiesto mi ha dato per pazzo,quindi> le spiego. <tu invece perché proprio l'Argentina?> rigiro la domanda. <magari un giorno te lo dico> risponde. <magari un giorno mi dici perché stavi alle 5:30 di mattina in un parco da sola> aggiungo.

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