Precipitare era una delle sensazioni più belle che avesse mai provato.
L'aria che si abbatteva sul suo viso si infilava nella museruola, era la prima volta che la sentiva così vicina.
Al buco seguiva un tunnel sotterraneo di dubbia entità, che la trasportava verso il basso ad una velocità impressionante.
Nonostante questo l'atterraggio fu morbido: la grande gonna del suo abito si aprì ad un'ultima folata di vento e Andrea toccò terra come attaccata ad un paracadute.
I suoi occhi si assottigliarono leggermente, segno che stava sorridendo, nonostante il sovraccarico di aria l'avesse notevolmente disorientata.
Si ritrovò in una stanza buia, immersa nel più completo silenzio, il che non la aiutava, poiché i licantropi erano abituati al bagliore della luna per orientarsi, ma tentò ugualmente di concentrarsi sui rumori: forse avrebbe trovato la via.
Chiudendo gli occhi si sforzò di distaccare l'aria dal suono, tentò di dimenticare la sua pelle d'oca, la dolce melodia di Dalia, la voce entusiasta di Celia... fu in quel momento che lo sentì: in quella stanza, si avvertiva un altro respiro.
Dirigendosi verso il rumore iniziò a distinguere la sagoma di un letto, i cuscini, le coperte soffici e pesanti, la testata in legno di pino; abbassando gli occhi vide là sagoma di un uomo, no, non un uomo, suo padre.
Dormiva abbracciato a qualcuno, ma non riusciva a distinguerne i caratteri, era come se non avesse mai visto quella figura esile e sottile prima di allora.
Poi pensò a quello che aveva detto Dalia, tutte quelle amanti... possibile che...
Sfiorò quella che credeva essere la mano della donna e poi si immobilizzò, era calda, troppo calda, le temperature corporee dei mostri si fermavano a 26 C, e anche se a volte conservavano calore per l'inverno, non era possibile liberarlo in quella quantità.
Il suo respiro si bloccò per un secondo mentre i suoi occhi si abituavano al buio e cominciava a distinguere i colori, scoprì le guance arrossate sul volto della donna: un'umana.
Si ritrasse non appena la vide muoversi, spaventata: il padre che tanto aveva proclamato l'insulsa natura di quegli esseri, ora giaceva con una di loro nel suo letto.
Rabbia, tanta rabbia.
Bugiardo, traditore, scossa.
Schifoso, sfruttatore, scossa.
Scossa.
L'ultima scossa fu più forte delle altre, Andrea la sentì rimbalzare su di sé e percorrere le pareti della stanza, fino a concentrarsi in un piccolo angolo, lontano dal letto.
Controllò che il padre stesse ancora dormendo, guardandolo disgustata mentre si stringeva all'essere accanto a lui.
Dedusse che non si sarebbe svegliato.
Poi si girò, verso la luce, la raggiunse con un balzo e in men che non si dica stringeva tra le mani il piccolo oggetto da cui essa proveniva, carico di elettricità.
Lo stringeva con tranquillità, perché oramai si sentiva fatta di fili conduttori... le sue vene erano abituate al dolore, le sue mani non bruciavano quasi più... l'elettricità non era che una parte di lei, solo in parte avrebbe potuto rimuoverla.
Quando riguardò tra le sue mani, scorse un piccolo pulsante blu, simile ad un interruttore: non c'era nessuna scritta, ma lei sperava ardentemente fosse ciò che l'avrebbe liberata.
Le scosse aumentavano, mentre la pressione saliva dalla punta dei suoi piedi alla sua fronte.
Sudore, un secreto che li univa agli umani più di quanto il cuore stesso potesse farlo.
Disgustoso.
Posizionò il pollice smaltato di nero sull'interruttore e pensò che, arrivata fuori, avrebbe cambiato anche quello.
Non sarebbe più stata la stessa, non l'avrebbe riconosciuta nessuno, si sarebbe nascosta tra la gente, inebriata dal sottile bivio umano della vita e della morte... e forse avrebbe anche conosciuto quello che chiamavano Dio.
Non sapeva chi fosse, ma doveva essere importante.
Prese un respiro, sperò che fosse l'ultimo in cui oltre all'aria respirava metallo e diamanti, chiuse gli occhi.
Premette l'interruttore.
***
Quando i bambini vengono partoriti entrano a contatto con l'aria esterna per la prima volta.
La difficoltà ad adattarsi è talmente tanta che sono portati a piangere, strillare, dimenarsi, nonostante siano appena nati e ,quindi, deboli.
Quando nacque Andrea, invece, l'unica cosa che avvertiva era il silenzio... sua madre che la guardava, suo padre che sorrideva e, adesso la vedeva, lì nascosta sul fondo della stanza... Dalia, con un abito stupendo, interamente bianco, i suoi mille bracciali, i guanti bianchi, gli occhi pieni di lacrime.
Tra le mani aveva una piccola scatoletta in metallo, no, non una scatoletta, una museruola.
"Dalia" tentò di urlare "Tu non lo faresti mai vero? Non tu, Dalia" ma non sapeva nemmeno dove si trovasse il suo corpo e quello, nonostante fosse davvero vivido, non era che un ricordo lontano a cui non poteva partecipare.
"DALIA" continuò invano mentre la donna, ad un cenno del padre, si avvicinava al piccolo licantropo appena raccolto in panni puliti.
"FERMATI" ringhiò alla fine, riprendendo in parte coscienza e riconoscendo la sua bocca che si schiudeva e i denti canini in mostra.
La donna si fermò, e così tutto il resto: su- madre, con lo sguardo terrorizzato, suo padre, con il braccio fermo a mezz'aria, un sole immenso coperto dalle nubi.
Tutto era bloccato, staccato dal tempo e dallo spazio.
Dalia si girò verso quella che doveva essere una sorta di quarta parete, da cui Andrea vedeva tutta la scena, e pianse di nuovo guardandola negli occhi... "Bambina mia" le parve di sentire "cerca .... Non può .... Del male"
"Come?" Chiese.
"Cerca la luce Andrea, non ti farà del male!"
Detto questo il ricordo si sbloccò, suo padre afferrò la museruola e la piccola bambina in attesa del primo grande respiro venne rinchiusa in quella gabbia portatile di orrenda quotidianità.
Tosse. Tremenda, incontrollabile tosse.
Andrea si svegliò in preda a quello che credeva fosse un attacco di asma, cercando di camuffare i suoi versi con rumori della notte e allontanandosi velocemente dalla stanza.
Riuscì a risalire dal tunnel proprio un secondo prima di vedere la luna piena illuminare il volto di suo padre.

HIDDEN - nascosta nel maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora