Il castello dei Lupi Reali era uno dei più belli dell'Oltremondo, così veniva denominato il territorio oltre la barriera.
Era una reggia decorata interamente a mano, così alta che la più piccola delle sue torri sfiorava le nuvole, con finestre e balconi di vetro rosso sangue che ricoprivano quasi tutta la sua struttura.
Di contorno, una struttura in legno di ciliegio sorreggeva l'intero edificio.
I vetri erano impenetrabili, benedetti dalla magia delle streghe di salem , nessun proiettile o arma li avrebbe attraversati e perfino la luce del sole, le poche volte in cui la sfera infuocata attraversava l'Oltremondo, veniva deviata dai meravigliosi specchi rubino.
Mentre il palazzo si ergeva imponente di fronte al territorio stregato, la primogenita della famiglia reale sedeva annoiata a tavola, al fianco di sua madre.
"Andrea, sta un po' attenta, te ne prego" la riprese la donna e lei trovò non so dove la voglia di alzare gli occhi dal suo piatto di carne per dare un occhio al resto della tavola: era una semplice cena tra colleghi di lavoro, che avveniva mensilmente a casa dei Reali.
Il diretto interessato era in realtà sul padre, il capo del Dipartimento smistamento mostri e dell'azienda i cui rampolli erano riuniti a quel tavolo... tuttavia la cena aveva quasi sempre un valore auto-celebrativo, era un evento che gli permetteva di sfoggiare ogni sua ricchezza e questo comprendeva non tanto sua moglie, ma la sua "prodigiosa" figlia.
In quel momento, il padre si stava lamentando dell'influsso di esseri umani nella terra maledetta: "La Transilvania non è più la stessa ormai Jeremy", uno spilungone con gli occhiali quadrati alzò la testa e grugnì in segno di assenso.
"Stanno arrivando troppi umani, la Barriera regge per miracolo, non dovremmo temere degli esseri tanto insulsi" Andrea vide sua madre guardare il cielo con aria afflitta, il marito ancora tentava di far scoppiare una guerra
"Michaele ti prego... ricordi cos'è successo la prima volta che li abbiamo attaccati."
"Abbiamo vinto"
"Si, ma a quale prezzo... i Lupi Primordiali si sono estinti, la mia intera famiglia è andata perduta, non ho più..."
"ZITTA, DONNA! Dovresti essermi grata perché ti mantengo qui, non mi hai mai dato niente, né potere, né denaro... l'unica cosa per cui ti sono grato è il MIO prodigio"
Andrea lo guardò, sapeva che parlava di lei e un po' si dispiacque per la madre, che tentava senza sosta di farsi amare, sospirò leggermente, niente che si potesse udire da dietro la museruola.
La museruola era una maschera enorme, che le copriva il volto fino al naso, lasciando intravedere solo i grandi occhi azzurri e quel poco di pallida carne esposta.
Dato che era costretta a portarla quando non mangiava, il padre le aveva fatto costruire una copertura interamente in diamanti da applicare come decorazione, le cui sfumature si abbinavano ad ogni abito che indossava.
Michaele Corn amava quella museruola, amava quel lato della figlia così incontrollabile e famelico da ricordargli i mostri di secoli prima... lei ne avrebbe volentieri fatto a meno.
Non era raro che i licantropi fossero creature irascibili o aggressive, ma nel ventunesimo secolo i sintomi erano sempre meno frequenti o comunque controllabili.
Lei, invece, era nata con i cosiddetti "occhi della fame", una particolare caratteristica dei primi mostri che consisteva nell'avere, al momento della nascita, gli occhi completamente bianchi.
Ciò li rendeva ciechi e spesso era necessaria una settimana o due perché potessero ottenere la vista... tuttavia gli occhi della fame erano considerati simbolo di grande potere, che aveva bisogno di più tempo per essere consolidato, difficile da controllare.
La sua rabbia terrorizzava chiunque ne conoscesse il nome e Michaele non avrebbe mai rinunciato a così tanto potere.
Affianco a lei, il suo promesso sposo si sistemava il colletto della camicia, si innervosiva facilmente e diventava ansioso se la conversazione si faceva più impegnativa, un vero campione, insomma.
Le strinse la mano sulla coscia da sotto al tavolo e lei rabbrividì sforzandosi di mantenere un'espressione assente.
La museruola aveva l'ulteriore funzione di modulare le sue emozioni attraverso dei leggeri impulsi elettrici collegati ai suoi neuroni, erano controllati da un telecomando che solo suo padre aveva il permesso di usare, conservato in una teca nella sua grotta da letto.
Comunque, gli impulsi potevano trattenere solo una parte delle emozioni, le altre sensazioni dovevano essere gestite da lei, in caso contrario avrebbero potuto prevalere sui controlli e lei sarebbe esplosa di rabbia.
"Tesoro mio" la voce roca di suo padre la destò dal suo stato di trance "Perché non racconti ai miei colleghi cosa hai fatto l'altro giorno?"
I suoi occhi erano carichi di orgoglio, bramava la fama della figlia da quando aveva aperto gli occhi.
Lei si alzò in piedi, sollevando leggermente la gonna a balze dell'abito nero che portava, e squadrò tutti i volti presenti nella sala prima di comunicare la "Grande Notizia".
"Ieri ho..." si fermò un secondo e fulminò con lo sguardo il suo futuro compagno, che ancora le sfiorava le gambe da sotto il tavolo, quello fece una faccia scocciata e si strinse nelle spalle.
"Ieri ho ricevuto una lettera dalla Casa Buia... hanno richiesto la mia presenza per il solstizio d'inverno."
I colleghi del padre si alzarono immediatamente acclamando la ragazza e per un singolo secondo le sfuggi un sorriso al di sotto della maschera, traducibile solo dall'assottigliarsi dei suoi occhi.
Poi tornò seduta a guardare il vuoto, mentre il suo fidanzato giocava con il tessuto della sua gonna e sua madre si versava l'ennesimo bicchiere di vino.

***

"Non posso davvero crederci Andrea, la casa buia... è meraviglioso!"
Andrea e Celia erano stese sul letto a fissare il soffitto, quando lei aveva deciso di confidarle dell'invito.
La sua amica d'infanzia era rimasta sconvolta e ora faceva letteralmente i salti di gioia... forse nutriva la minima speranza che, per una volta, Andrea non avrebbe fatto di tutto per rovinare i piani del padre.
"Potrei cucirti io un vestito, del colore che vuoi, potremmo ordinare una nuova copertura per la tua... oh beh comunque c'è un sacco di lavoro da fare..."
Celia era l'unica con cui non si arrabbiava mai, ma Andrea non pensava fosse per il grande affetto che nutriva nei suoi confronti.
In realtà, Celia era una profeta, discendente dalle streghe, in pratica prevedeva il futuro... certo, le sue previsioni non era così minuziose da prevedere l'immediata reazione di un licantropo, ma questo potere era affidato a persone dotate di molta empatia, che la salvava sempre in ringhio d'angolo.
Inoltre, la conosceva come le sue tasche, sapeva esattamente cosa le dava fastidio, dal tono di voce usato alle parole dette o pensate, con un licantropo come lei ogni mossa andava pesata.
"Andrea... Andrea!"
La richiamò l'amica:
"Allora, cosa ne dici?"
"Io..." per un momento Andrea si sentì in difficoltà, mentre l'amica la guardava entusiasta di un successo che lei non aveva provò l'immenso desiderio di raccontarle della fuga che aveva programmato, della valigia che teneva nascosta sotto al pavimento, del piano per  rubare il telecomando.
Poi il vuoto, una scarica elettrica, un leggero ronzio e le sue emozioni venivano nuovamente scombinate.
"Penso sia un'idea meravigliosa..."
Disse infine sospirando, mentre le sue vene venivano torturate dall'elettricità... strinse la mano attorno al pollice, per cercare di non concentrarsi sulla colorazione dei suoi polsi, che variava dal rosso al viola.
La sua amica le sorrise e si distese nuovamente vicino a lei nel letto, giocando con le ciocche dei capelli biondo scuro, il colore dei profeti.
I Lupi reali avevano sempre avuto i capelli scuri, e Andrea sperava che la sua fuga le avrebbe permesso di rinnovare almeno questo aspetto.
Mentre Celia si addormentava con la mano stretta nella sua, lei decise che era il momento di scappare.

HIDDEN - nascosta nel maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora