a casa di manuel

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«Dobbiamo parlare.»
«Proprio adesso?»
«Sì.» Non è un invito ma un ordine. Simone gli sta imponendo il suo volere forse per la prima volta e Manuel non ha il coraggio di ribellarsi, non adesso che se ne sta fermo sulla soglia di casa sua, la posa fiera e addosso un cappotto lungo dai toni scuri a renderlo tanto perfetto da apparire irreale. «Non pensare che invitarmi a casa tua risolva tutto il resto, Manuel.»

Non è abituato a venir rifiutato. È semplice aver ragione, di solito, gli basta alludere al sesso e le argomentazioni altrui crollano come castelli di carta con un soffio di vento— ma con Simone pare tutto diverso, ché quel castello è costruito col cemento e il messaggio nascosto di quell'invito non l'ha mosso dalla sua posizione.
E Manuel lo odia, per questo, ché vorrebbe buttarsi su ben altro e distrarlo coi vestiti a cadere a terra, ma deve cedere e accettare le sue condizioni come fossero proprie, per non rischiare di perdere quell'ultimo accenno di dignità che gli è rimasta.

«Nun volevo scopà», risponde. E il ragazzo solleva un sopracciglio con diffidenza.

Ricorda che sin da bambino sua madre era solita dirgli che quando mentiva non c'era bisogno d'indagare oltre, era lui stesso a mettersi in trappola da solo: una parola di troppo, in quel suo tentativo di colorire le storie raccontate di dettagli inutili, ed ecco che cadeva nella trappola dell'errore— ed è un tratto della sua personalità che non è variato, se l'è portato dietro fino a questi maledetti venticinque anni e ora convive con la consapevolezza di non essere in grado di mentire. E ci ha fatto l'abitudine, davvero, anzi ha escogitato nel tempo tecniche di seduzione per salvarsi dalle sue pessime menzogne e rendersi credibile anche alle menti più scaltre; ché con quegli occhi, gli hanno sempre detto, sarebbe in grado di convincere la Luna a scendere dal cielo per raggiungere le sue mani — e, in realtà, s'è con gli anni convinto che gran parte del suo successo non sia bravura (che d'effettiva bravura, lui, non pensa d'averne) ma semplice grazia della bellezza con cui è nato — ma con Simone non funziona, lui non si lascia abbindolare da qualche moina con la giusta voce e da una bocca a chiedere qualcosa di proibito, no, lui è abbastanza testardo da riuscire a rimaner lucido quando lo ritiene necessario, così da smascherare ogni suo copione.

«Non ho parlato di sesso.» La voce è calma e accenna un sorriso all'angolo delle labbra, anche mentre pronuncia quella parola, probabilmente pregustandosi la sua vittoria. E Manuel è irritato ma sente il ventre implorare pietà per il tono con cui ha scandito quel termine. «Ho solo detto che m'hai invitato a casa tua, — aggiunge — non ho specificato per cosa.»
«Era sottinteso...»
«O era ciò che volevi tu?» Prende un respiro maggiore degli altri, Manuel, e lo libera con rabbia senza però rispondere a quella domanda. Simone non si lascia intimidire dal suo silenzio, però, e sorride con ironia alla sfida che i suoi occhi gli pongono davanti. «Mi hai fatto venir qua per fare sesso, per parlare o per gelosia?»
«Io nun so' geloso de quello», sibila. Il francese fa un passo verso di lui e si passa la lingua tra le labbra ma senza alcuna intenzione, pare, di baciarlo. «Che manco è capace a fa' le foto.»
«E tu parli da fotografo esperto, giusto?»
«No, — solleva il mento con fierezza — ma quelle che t'ha scattato so' belle solo pecché ce stai te.»
E l'altro sorride, ma questa volta senza malizia.

Sembra quasi lusingato da quelle parole, pur se pronunciate con un'asprezza e una freddezza tali da intimorire anche il più coraggioso degli animi, tanto che gli angoli della sua bocca si sollevano in una sfumatura di felicità.

«Davvero?», chiede. E lui annuisce.
«Davvero.» Simone si avvicina d'un altro passo e le mani si posano ai lati del suo viso con delicatezza mentre coi pollici scorre in leggere carezze che sembrano voler addolcire l'asprezza dei suoi tratti. Poi abbassa il capo e col volto raggiunge il suo, fa per baciarlo ma Manuel sposta il viso di lato e questo gli causa una risata soffiata. «Che stai a fa'?», lo mormora in un tentativo di respingerlo, ma la voce è bassa e le gote calde.
«Ti bacio.» Le labbra si posano sulla sua guancia e, se possibile, il calore aumenta appena entrano a contatto con la sua pelle. Una, due, tre volte e poi ancora, scendendo verso la mascella e percorrendola cautamente man mano che il capo di Manuel si rilassa e s'inclina per farlo continuare. Fino a trovarsi con gli occhi chiusi e la bocca di Simone a baciare dove desidera, senza venir ostacolata. «Anche tu sei bello.» Lo sussurra vicino al suo orecchio e Manuel sente il respiro tremare. «E mi sei mancato.»

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