drammi parigini

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È sera, ormai, e loro due non hanno avuto l'opportunità di parlare nemmeno per pochi secondi in tutte quelle ore— prima a causa della presenza della manager con loro, poi per alcune chiamate di lavoro a tenerlo occupato e ora, invece, perché Simone è da almeno un'ora sotto le mani di truccatori e stilisti a passarselo da una parte all'altra della stanza alla pari d'un manichino.

Manuel rimane in silenzio a guardare la scena, ché anche se provasse a intervenire nessuno si prenderebbe comunque il tempo d'ascoltarlo
in quel caos di voci e comandi e orari da rispettare. E incrocia lo sguardo col giovane un paio di volte almeno, in realtà, ma non si dicono nulla. Però si prende il tempo di scorrere lungo il suo corpo, senza malizia, solo per godersi la visione prima d'una canotta nera e dei pantaloni a vita alta a prender le forme del suo fisico, risaltando le sue braccia e il punto vita stretto, poi una lunga giacca color panna in contrasto a percorrere elegantemente il suo corpo. I ricci paiono lasciati liberi eppure son pettinati con un po' di gel in un perfetto effetto trasandato e casuale che di casuale, in realtà, non ha nulla.
E Manuel lo trova bellissimo.
Simone, però, continua a specchiarsi e sul suo viso si riesce a scorgere una punta d'incertezza.
Non si piace. Il che pare impossibile perché è Simone Balestra e probabilmente sarebbe meraviglioso anche con una tuta sporca addosso, ma continua ad agitarsi davanti allo specchio e a parlare in francese per porre domande agli altri.

«Che c'è?» Chiede d'un tratto e Simone, insieme a una truccatrice e due stilisti, volge il capo nella sua direzione. «Qual è il problema?»
Il modello lo guarda negli occhi con confusione, come fosse sorpreso dal modo in cui ha letto nei suoi gesti senza bisogno di spiegazioni, poi si volta verso di lui e lascia ai suoi occhi la possibilità di squadrarlo. Come se non l'avesse già fatto almeno una decina di volte. «Non lo so, — mormora poi — non mi convince...»
«Cosa?»
«Come mi sta la giacca.»
«Scherzi?»
«No.» Sono gli unici due a comprendere l'italiano, lì dentro. La manager si è assentata per dedicarsi a chissà quale altro compito prima dell'inizio della sfilata e i presenti parlano solo francese o inglese, quindi possono finalmente concedersi due parole senza venir interrotti o ostacolati. «Forse mi sta troppo larga?»

Si agita all'interno dell'indumento come per tentare di sistemarselo e, seppur gli stia a pennello, sarebbe ovvio anche all'occhio meno attento che non si senta a suo agio a indossarlo.
Non l'ha mai visto così insicuro e fuori dalla sua stessa persona, come fosse intrappolato in un corpo che non gli appartiene e non vedesse l'ora che tutto finisca per poter scappare. Quello non è Simone, è l'ombra d'un ragazzo incatenato sotto alla sua stessa pelle e con sembianze e atteggiamenti artefatti, ma non è il suo Simone.
Si alza dal divano in una spinta e cancella quei pochi passi a dividerli, mantenendo il suo sguardo e notando nelle iridi del giovane qualche sfumatura del vero Simone man mano che lui s'avvicina. E non sa cosa significhi, ma hanno poco tempo e non può permettersi di sprecarlo con bizzarre fantasie e castelli in aria sui sentimenti tra loro reciprocati.

«Hai mangiato?» Chiede quindi e lui annuisce.
«Priscilla mi ha portato una macedonia, prima.»
«No, io intendo cibo vero, Simò.»
«È cibo vero.» La risposta è aspra e completamente lontana dalla sua classica gentilezza. Ma non reagisce a quella rabbia e rimane calmo, dicendosi ch'è probabilmente lo stress accumulato a farlo agire così.
«Voi qualcosa dal buffet?»
«Un bicchiere di spumante non guasterebbe.»
«Devi mangiare, Simone.» Insiste e il tono è deciso ma quanto più delicato possibile, così da non turbarlo ulteriormente: «Nun stai magnando niente in sti giorni, rischi de star male...»
«Sto bene, tranquillo. L'ho fatto altre volte.»
«Questo non significa che sia giusto co—»
«Simone, tra dieci minuti inizia la sfilata!»

Ovviamente, vengono interrotti dalla voce della manager, che fa il suo ingresso nel camerino senza nemmeno bussare o preoccuparsi che non sia nudo.

«Finisci di prepararti in fretta poi raggiungi gli altri! Oggi avrai tre cambi e dovrai essere veloce tra l'uno e l'altro perché sarai quello su cui tutti punteranno di più gli occhi. — parla senza un freno e il francese la segue con lo sguardo, annuendo quasi meccanicamente alle sue domande — Poi dovrai venire con me, subito dopo la fine della sfilata, perché devo portarti a fare le solite foto di rito in cui brindi, chiacchieri, sorridi e stringi la mano ai membri principali.»
«Va bene.»
«Perfetto.» Schiocca le dita, indicando il ragazzo ai collaboratori nella stanza per intimare loro di continuare a sistemargli abiti e capelli mentre lei riprende a parlare. «Poi ti voglio subito sulla limousine, così possiamo raggiungere l'after party nel locale qua vicino. Ti ho già preparato il cambio, è nell'auto, puoi benissimo indossarlo strada facendo. Hai capito tutto?»
«Sì.»
«Bene. Ti aspetto qui fuori, così poi ti accompagno alla passerella.» E detto ciò, esce.
Non saluta nessuno e se ne va.

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