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"How can we not talk about family
when family's all that we got?
Everything I went through,
you were standing
there by my side
And now you gon' be with me
for the last ride"

See you Again - Wiz Khalifa

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ero sdraiata sul mio letto con le cuffiette nelle orecchie, immersa nella mia musica - i miei soliti remix dei New Kids on the block - mentre nel frattempo rimuginavo un po', cercando di resettare dei tasselli nella mia mente che non avevano proprio intenzione di completarsi.
quella notte avevo di nuovo sognato, uno di quei sogni strani:
di nuovo Apollo che mi ripeteva "non farlo, non partire" e cose simili, poi di nuovo Ecate che mi chiedeva di proteggere Isobel, questa volta aggiungendo "non è al sicuro lì, nessuno di voi lo è".

ammetto che questa frase mi ha inquietato parecchio: che cosa significava?
qui al campo, nessun mostro poteva oltrepassare il confine, non esisteva un luogo più sicuro di qui; e allora perché non eravamo al sicuro?
e tra l'altro, perché soprattutto Isobel non era al sicuro?
e perché spetta a me proteggerla?
cos'ho io in più rispetto a Jackson per proteggerla?
lui è il figlio di Ares, è nato per combattere, e allora perché proprio a me?
perché Ecate ha chiesto a me di proteggere Isobel?

<che ti frulla in quella testolina?> non appena Jackson si sedette sul mio letto, tolsi le cuffiette e mi misi a sedere a gambe incrociate.
<troppi pensieri.> distolsi lo sguardo verso l'ingresso della cabina.
<sei sicura di stare bene? non ti vedo molto tranquilla ultimamente.
per non parlare di ieri mattina...> lasciò la frase in sospeso, sperando che decidessi di dire qualcosa.

lui l'ha capito, pensai.
sa che qualcosa non va, ma non voglio inquietarlo.
quello che mi sta succedendo è sempre più frequente e soprattutto alquanto inquietante.
potrebbe succedere di tutto a Isobel, e se glielo dicessi finirei solo per spaventare anche lui.
non voglio che questo accada.
è una questione tra me e il destino.

il destino.

scossi la testa e spostai lo sguardo verso di lui. <sto bene. davvero, non c'è niente che non vada.> lui scosse la testa verso il basso e sbuffò divertito, sapendo esattamente che stavo mentendo.
<sono seria, insomma, perché non dovrei?> dissi.
<stai avendo di nuovo quei sogni, vero?> chiese, sapendo perfettamente la risposta.
il mio corpo si pietrificò.
<come fai a sapere...?> chiesi abbastanza scossa.
circa tre anni fa, quando ancora non avevo compreso appieno i rischi che comportava essere un mezzosangue, ho iniziato ad avere dei sogni, esattamente come questi: mi davano dei segnali, segnali che per una parte si sono più o meno realizzati o hanno trovato il loro perché, mentre altri no.
il punto è che esattamente quelli peggiori si sono rivelati reali.
soprattutto uno in particolare.
per questo il pensiero che una cosa del genere possa accadere di nuovo mi sconcerta alquanto.

<me l'ha detto Luke; è preoccupato, Mad, ti vede diversa dal solito, e non da te.> disse Jackson, cercando il mio sguardo, che invece vagava sul pavimento.
<è per questo che voglio aiutarti, non voglio che finisca come l'ultima volta.> continuò, attirando improvvisamente la mia attenzione.
<come l'ultima volta?! tu non sai niente!
vuoi aiutarmi, bene, ma questo non servirà a nulla, perché non puoi fare niente contro un cazzo di sogno!
tu non sai quanto io sia stata una merda, tre anni fa, non lo sai, perché tu.non eri.lì!> forse esagerai un pochino, ma non sono riuscita a trattenermi: tutta quella situazione era assurda, mi creava una rabbia immensa nello stomaco, e avrei voluto che quello fosse solo un'altro sogno, un brutto sogno.

<so che non ero lì, perché pensa un po', non sapevo un accidenti di tutto questo, non mi sarei mai aspettato di essere un mezzosangue, ma forse tu non ci arrivi, vero? io sto cercando di aiutarti, Madison, perché se fossi un cazzo di menefreghista non sarei qui a supplicarti di parlarmene per cercare di aiutarti.
la verità è che non sai che cosa stai facendo.
ma tu non vuoi il mio aiuto, vero?
forse preferisci fare la fine di tua sorella, schiacciata e squartata da un fottutissimo segugio infernale.> quelle parole arrivarono dritte al cuore, conficcandosi come delle lame, che lentamente facevano dei solchi dolorosi sulla sua superficie.
lui le disse con una tale cattiveria che quasi non lo riconobbi più.
ma Jackson aveva ragione.
aveva fottutamente ragione.
e io sono solo una deficiente a non volerlo ammettere.

se Sasha era morta, era tutta colpa mia.
e visto che il destino decide di dare questi compiti solo a me, probabilmente anche Isobel sarebbe morta, e tutto per colpa mia.
di nuovo.

lacrime amare di delusione necessitavano di uscire allo scoperto, ma trovai la forza di trattenerle.
<hai ragione: non so quello che sto facendo, e forse farò anche io la fine di mia sorella, di questo passo, ma hai solo fottutamente ragione.> dissi quelle parole con una risolutezza che non mi sarei aspettata da me in quel momento, ma rivolgendo lo sguardo sempre altrove.
senza dargli nemmeno il tempo di rispondere, gli passai di fianco per uscire dalla cabina, mentre i suoi occhi mi seguirono, fino a che non raggiunsi l'uscita.

non avendo dove andare in quel momento, decisi di passare un po' di tempo da sola e schiarirmi le idee, perciò andai verso il lago.
a quell'ora del pomeriggio non c'era nessuno, perciò mi sedetti sulla riva giocherellando con la sabbia tra le dita.
il sole delle 15 batteva caldo sulla superficie dell'acqua, così riscaldandola.
le parole di Jackson non smettevano di rotearmi in testa, provocando così un ronzio fastidioso per le mie orecchie.

<tutto ok?> riconobbi subito la voce di Annabeth.
<sto bene.> dissi.
non avevo molta voglia di parlare.
<ne sei sicura?> chiese ancora, stavolta sedendosi accanto a me.
esitai. <si.>
rimanemmo in silenzio per qualche minuto, dove potevi concentrarti solo sul rumore dell'acqua e degli uccelli sugli alberi.
<ho visto Jackson uscire dalla tua cabina stamattina...> iniziò lei, con calma.
<si, lo so.> alzai gli occhi al cielo.
non avrei voluto un'altra ramanzina su quanto io non sappia ciò che faccio.
<vuoi parlarne?> chiese ancora, con estrema calma.
<scusami Annabeth ma non sono in vena ora.> dissi, continuando ad affondare le dita nella sabbia, cercando così di distrarmi.
<e per la cronaca.> disse lei. <non è stata colpa tua.> continuò.
<invece lo è stato, perché se solo avessi colto quei segnali in tempo lei sarebbe qui.> dissi piatta.
lei sospirò. <un giorno ti renderai conto che niente è prevedibile. non avresti potuto sapere a cosa portavano quei sogni.> disse.
sospirai in silenzio.
forse da una parte era così, ma dall'altra non riuscivo a smettere di tormentarmi per essere stata così maledettamente superficiale.
















hi!! oggi un capitolo un po' tragico, però io amo troppo il duo Annabeth-Madison😭
comunque dal prossimo capitolo inizierò a parlare un po' più di Percy, portando anche qualche Pov dal suo punto di vista.
detto questo vi si ama, ci vediamo al prossimo capitolo!!
chia☀️

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