60. and I wondered if, after all, "love" wasn't too bland a word to define us

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✿𝓛𝓲𝓵𝔂✿

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Prima di iniziare a leggere il capitolo vi prego di lasciare una stellina per supportarmi, sapete quanto sia fondamentale per me.
Grazie💙💫

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«In cielo c'è una stella per ognuno di noi,
sufficientemente lontana perché i nostri
dolori non possano offuscarla.»
- Christian Bobin
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Qualche giorno dopo

Il cielo si tingeva di arancione mentre il sole scompariva all'orizzonte, gettando un'ultima carezza dorata sulle cime degli alberi. Dentro l'auto, il silenzio era più eloquente di qualsiasi parola potesse essere. Seduta sul sedile del passeggero, sentivo il peso dell'aria densa di tensione tra noi.

Quando finalmente parcheggiammo davanti casa sua, il motore dell'auto si spense con un sussurro. Poi, con un respiro profondo, aprii la portiera e scesi sull'asfalto fresco della sera. Con un afflato abissale, Ethan aprì la porta e varcammo la soglia.

Appena entrati accese la bajour, illuminando delicatamente l'ambiente con una luce soffusa che conferiva alla stanza un'atmosfera intima. Posò il suo borsone a terra e si diresse verso il bancone, versandosi un bicchiere di bourbon, che buttò giù in un unico sorso.

«Vuoi qualcosa?»
Scossi leggermente la testa. «No grazie.»

Ethan annuì, sorseggiando un altro bicchiere di bourbon. Poi, con un sospiro, si lasciò cadere su una sedia accanto al bancone, fissando il vuoto con uno sguardo assorto.

Non attesi oltre per porgli quella domanda che mi tormentava ormai da tempo.
«Allora? Parliamo di Madeline?» chiesi, cercando di mantenere la voce ferma, ma sentivo che il nervosismo mi tradiva. La sua risata amara, seguita da un gemito di dolore quando si teneva il fianco, mi fece sobbalzare.

La sua reazione fu istantanea, la voce alzata, gli occhi che scintillavano di rabbia.
«Cristo, dopo tutto quello che ti ho detto al capannone, in ospedale... ancora devo darti inutili spiegazioni, ragazzina?» Alzò la voce.

E allora, la alzai anch'io.
«Sì, me lo devi stronzo! Hai la minima idea di quello che ho passato, eh?»

Mi avvicinai a lui, seduto ancora sulla sedia, con la testa china.

«Io non...» tentò di dire.
«No, cazzo. Non ce l'hai. Mi torturavano, mi toccavano ovunque.» All'improvviso, tirò un pugno contro il tavolino di vetro alla sua sinistra, rompendosi le nocche, facendomi sobbalzare dalla sorpresa, ma non mi fermai.
«Ero solo un pezzo di carne per loro.»

Le lacrime iniziarono a sgorgare sul mio viso.
Lui tremava. «Ti prego... ti prego, mi punisco già abbastanza di mio per quello che ti è successo.»

«Non ho ancora finito. Intendevo dire che, nonostante per loro fossi meno di niente, nonostante avessero il mio corpo, non hanno mai avuto la mia anima. Perché quella appartiene a te. Tutto di me ti appartiene, razza di idiota!»

Lui mi guardò accigliato, sorridendo lievemente. Poi si alzò.
«Che hai da sorridere?»

«Pensi davvero che io ti odi perché ti sei innamorata di uno come me

Si stava avvicinando, con tutta la sua imponente altezza, e io mi feci piccola.
Il cuore batteva a mille.

Lui emise un ringhio, un misto tra rabbia e dolore per la ferita. «E si, tanto per la cronaca, ti odio»

𝑵𝒆𝒗𝒆𝒓 𝑺𝒕𝒐𝒑 𝑺𝒉𝒊𝒏𝒊𝒏𝒈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora