Cammino per strada di notte. Ma che dico. Qui è sempre notte. O almeno, è notte da quando sono arrivata. Osservo i miei piedi strofinare per terra, insieme alla polvere. Lo so. Lo so che stare a testa bassa vuol dire debolezza, ma io ormai so anche che non ho assolutamente più possibilità, quindi che senso ha perseverare? Nessuno. Che sono diventata saggia, mi rispondo pure da sola.
Passo davanti all'ennesimo vicolo. Nulla è più silenzioso ormai, è abbastanza snervante avere un orecchio di gatto. Sento di tutto. Sento anche quella voce roca e antipatica che viene dalla stanza del terzo piano del grattacielo che osserva spettrale la mia spalla destra. Mi giro e alzo lo sguardo. Una voce acuta e stanca implora qualcuno di lasciarlo in pace. È buio, ma vedo l'insegna che si trova sopra le porte del palazzo. A quanto pare è un'industria di film per adulti. Mi converrà andare via, ho paura dei pervertiti che potrebbero trovarsi in giro, e ce l'ho scritto in faccia che sono nuova qui. Qualcosa mi spinge ad ascoltare. La voce acuta continua a piagnucolare e prega un certo 'Val', in continuazione, di andare via. Che posto di cacca. Avrei preferito andare in gita con la scuola a Rimini che stare qui. Un rumore mi distrae dalla conversazione tra Val e la voce acuta. È qualcuno che sta uscendo dal palazzo, mentre grida
— Val, concentrati su cose più importanti, lascia stare quel demone fallito —
È un demone proprio brutto. Ha uno schermo azzurro al posto della faccia. Ho paura, mi nascondo dietro un angolo. Sarà che sono in questo buco da poche ore, ma lo so pure io che Vox è il più ricco dell'Inferno, e i potenti, che una volta sfidavo e sbeffeggiavo alle spalle, ora mi fanno paura. Tanta paura. Ho bisogno di un po' di affetto, tutto qui. Anzi, di silenzio, perchè, nemmeno un secondo dopo che Vox ha sbattuto la porta, un altro dannato rumore di porta che si apre mi fa sobbalzare. Viene da dietro le mie spalle. Dannata porta in un dannato vicolo. Per un secondo, ho paura di cosa potrei vedere se mi giro, poi un paio di imprecazioni sussurrate mi riportano al demone disturbato da 'Val'. Ruoto la testa nel momento in cui il demone sbatte la porta e crolla seduto sul bordo del marciapiede lercio. Stringe le lunghe gambe con le braccia. Ne ha quattro, di braccia. Istintivamente, mi avvicino. Appena mi nota, solleva lo sguardo e mi fissa. ha dei ciuffi bianchi che spuntano dalla testa, quasi non capisco bene che forma ha. La sua voce acuta mi distrae dal suo occhio nero e rosso. Fissando davanti a se, mi fa
— Tesoro, non sono in vena di autografi o foto. Se ti servono informazioni tecniche, rivolgiti a Valentino. —
Val. Valentino. Ecco chi è quel tizio. Un altro potente.
Stranamente, so come rispondere — Non ho assolutamente intenzione di rivolgermi a Valentino. Lo odio. —
Il demone trasalisce e torna a guardarmi — Si vede da un chilometro che sei nuova, cosa può averti fatto un Overlord in così poche ore da odiarlo? — sospira
— Ho sentito. Ho sentito che ti tratta male. Poco fa.
Lui mi guarda storto. Riesco quasi a sentire la sua domanda. Indico il mio unico orecchio di gatto, e questo basta per smentire il suo dubbio e permettergli di distogliere la sua curiosità da me. Torna a guardare davanti a sé, sbadiglia. Ha sonno. Anche io. Comincio ad accorgermi del dolore sordo che ho alle zampe. Vorrei continuare a stare in piedi, giusto per sentirmi un po' meno bassa e impotente, ma crollo anche io sulle chiappe, sedendomi sul bordo del marciapiede. Sento subito il freddo del cemento attraverso i miei pantaloni leggeri. Rabbrividisco. Il demone sembra perso nei suoi pensieri. Infila la testa tra le braccia, e ora non riesco più a vedere i suoi occhi. Si alza una folata di vento e un onda di polvere dall'odore orrido mi si infiltra nelle narici, e rende un po' meno candida la pelliccia del mio compagno di depressione. La corrente ha portato davanti ai miei occhi anche un manifesto. Un manifesto di un film per adulti. Dice: "FUORI TRA UN MESE IL NUOVO FILM, CON ATTORE PROTAGONISTA ANGEL DUST". Sullo sfondo c'è una foto di un demone aracnoforme bianco e rosa. Ci metto quel che secondo a metabolizzare. Il demone che è seduto di fianco a me è un attore dipendente di Valentino. Per un secondo mi perdo nei pensieri, poi mi accorgo che Angel Dust sta sobbalzando. Piange. O dorme. O tutti e due.
— A volte mi chiedo se alla fine me lo merito.
Mi sorprende vederlo parlare — Eh?
— Dopotutto, non mi merito di essere in questa condizione? Dopo tutto il male che ho fatto.
Ci penso su per qualche secondo — Credimi, io sono nella situazione opposta. Non ne ho idea.
Alza la testa e mi guarda. La pelliccia del suo volto è umida, ha gli occhi rossi. Mi fa pena. Tutti mi fanno pena in questo buco di Inferno, persino me stessa.
— Io ero intelligente, sulla terra, ero educata, ero brava. Cavolo.
— Che intendi? Cosa ci fai qui, allora?
Sospiro frustrata — Ero diversa. Sono diversa. Troppo anticonformista per essere un angelo, ma troppo poco maleducata per essere un demone. E allora mi hanno mandata qui...
mi interruppe, completando la mia frase — ...tanto prima o poi ti uccideranno e non sarai più un problema.
Ridacchio istericamente — Per certi versi, trovo che sia meglio stare qui che insieme agli angeli, sapendo che ci uccidono ogni anno.
Angel fissa nel vuoto, dandomi ragione con lo sguardo. Poi, come in un lampo di illuminazione, fa — Come ti chiami?
Domanda difficile — Come mi chiamo? Intendi come vorrei chiamare me stessa o come mi chiamano le persone?
Lui mi guarda, senza capire. Sembra preso dai suoi pensieri.
— Lascia perdere, chiamami Zef. O Zefira, è uguale.
Mi allunga due mani sinistre — Io sono Angel.
Gli stringo le mani con entrambe le mie — L'avevo intuito.
Torna a commiserarsi, sprofondando con la testa tra le spire delle sue braccia. Leggo bene quello che prova. Anche lui ha bisogno di affetto e silenzio.
Un qualcosa mi spinge ad alzarmi in piedi. Forse qualcosa che ho visto dall'altra parte della strada, forse solo il fatto che ho bisogno di muovermi, altrimenti penso troppo. Ma quando mi sposto, il demone sobbalza e mi prende per un gomito. Anche da seduto per terra arriva all'altezza quasi delle mie spalle. Sono maledettamente bassa.
— Resta. — mi fa. Questa cosa... mi ricorda un video su una ship che avevo visto da viva. Mi sembra dicesse 'Adora, resta'. È malinconico risentire quelle parole. Mi fermo e lo squadro, cercando di ricordare il nome della ship. Non posso già perdere i ricordi della mia vita. No. Angel mi distrae, facendomi perdere quel poco di Catradora che la mia mente aveva trovato. Mi tira a se e stringe le sue braccia intorno alla mia vita. Inizia a singhiozzare e a inumidirmi la maglietta di lacrime. Sobbalzo, ma mia accorgo che non ha intenzioni poco innocenti. Ha solo bisogno di affetto. Non sono sicura che Angel sia sobrio, o che sia esattamente normale abbracciare qualcuno che si conosce da pochi secondi, ma sentire una fonte di calore così vicina che non sia un incendio sembra proprio quello che mi trattiene dallo scansarmi. Avvolgo anche io le braccia intorno alla sua testa e giocherello col suo ciuffo bianco.
— Posso farti una domanda strana? — mi scappa dalle labbra.
Lui ha smesso di singhiozzare, ma sembra non voler abbandonare la stoffa lilla della mia maglietta. Annuisce, senza allontanarsi da me. Sfrega il suo minuscolo naso sul mio ombelico, facendomi il solletico.
— Ma tu fai le fusa?
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Finita per errore in un buco sottoterra (me in Hazbin Hotel)
FanfictionZefira, una volta chiamata Emilia, muore. Ma questa non è la fine. È l'inizio di un viaggio tra morte e disperazione. Si farà strada tra la cacca dell'Inferno, ne sono certa.