— Ma tu fai le fusa?
A quella frase, fa spallucce.
— Significa che lo scoprirò da sola.
Inizio a passare la mia mano sulla sua testa, seguendo il verso del pelo. Mi ricorda tanto il mio gattino. I miei gattini. In quel momento decido che prenderò un gatto, quando troverò un posto stabile. Insieme al ricordo dei miei sette gatti, mi sovviene di quando mi appisolavo in giardino e la gatta mi si addormentava sulla pancia, facendo le fusa. Se chiudo gli occhi, quasi riesco a immaginarmi di essere lì. Il sonno che mi rapisce, la palla di pelo che si lascia accarezzare, le vibrazioni che mi si diffondono per tutta la cassa toracica. Un secondo. Angel Dust sta facendo le fusa. Il demone super pervertito che odia tutti e si ubriaca sta facendo le fusa. Mi scappa una risatina. Sento il suono ovattato della sua voce acuta
— Cosa c'è?
Altra risatina — C'è che sembri il mio gatto.
Ruota la testa in modo da avere il naso e la bocca liberi dal cotone lilla — Il gatto qui sei tu, lo sai, vero?
— Lo so.
La vibrazione grave si interrompe bruscamente — E tu? Tu le fai le fusa?
— Ehm... — la verità è che non lo so — ...Non ne ho idea
— Allora lo scopriremo.
Mi tira giù a sedere e inizia a grattarmi dietro l'orecchio. All'inizio sento solo solletico, ma poi una sensazione elettrizzante mi si sparge come una macchia d'olio per tutto il corpo, come il calore della stufa a legna dopo le gite sulla neve di quando ero piccola e viva. La mia gola inizia a vibrare; se incrocio gli occhi riesco a vedere i mie baffi fare come le corde della chitarra di mio padre. Però dopo appena dieci secondi un'onda di sonno mi investe, di nuovo, e chiudo gli occhi. Però non dormo, mi concentro sulla mano sottile che attraversa la mia testa fino ad arrivare alla base del collo. Angel continua ad accarezzarmi per un paio di minuti, poi si interrompe e si accascia su di me. Alla fine è lui che si è addormentato.
Che fare? Parlare da sola, ovviamente.
— Scemo di un demone, e ora dove ti porto? Ho freddo a stare ferma per strada.
Provo a sollevarlo, ma cado dopo pochi passi. Lo so che è leggero, ma manca poco che mi addormento come lui. Riprovo a sollevarlo, e questa volta lo trascino fino all'uscita del vicolo. Saltello per sistemarmelo meglio sulle spalle, come facevo con lo zaino quando andavo a scuola. Per qualche motivo, sembra capire che si deve reggere, e si stringe alla mia schiena. Le sue gambe, chiuse negli stivali neri sono così lunghe che, anche piegate, raggiungono quasi il pavimento. Praticamente, ho un demone-ragno ubriaco avvinghiato alle spalle. Il che mi provoca due emozioni differenti. La prima è: "Ewwww, un ragazzo attaccato alla mia schiena"; la seconda, invece, è: "UwU è troppo cute questa cosa". Come da aspettarsi da una brava gatta, prevale la seconda emozione. Inizio a incespicare di nuovo sull'asfalto polveroso e lurido, quando noto un demone svoltare, entrare in questa strada e correre verso di me. Non ho nemmeno il tempo di reagire che quello mi tira un forte schiaffo. Dalla mia gola risale a galla un miagolio sofferente. Il demone mi guarda malissimo. Ha delle sopracciglia rosse lunghissime. È un gatto anche lui, solo molto più spelacchiato di me. Ha entrambe le orecchie e un paio di ali marroni, come il suo pelo.
Mi fa — Perché *cavolo* il mio ragazzo è attaccato a te? — sembra pensare un secondo — Chi sei tu?
Mi spavento, per poco non lascio cadere Angel a terra. Aspetta. Il suo ragazzo? That explaines so much.
— Ehm-
— Chi. *cavolo*. Sei.
— Zefira. Zefira Elios.
Attende qualche secondo, poi dice — Odori di morte recente, di vita. E di mandorle.
— Ehm-
— Perchè Angel è sulle tue spalle?
Come avrei potuto riassumere tutto in poche parole?
— L'ho trovato ubriaco e stanco in un vicolo, mi si è letteralmente addormentato addosso. Che avrei dovuto fare?
Il gatto rimane interdetto, poi, senza preavviso, tira giù dalle mie spalle il ragno. Il freddo della notte torna a gelarmi la schiena, che però smette subito di farmi male.
— Vieni con me. Tutto di te mi lascia intuire che non hai dove andare né di che nutrirti. Soprattutto questo disgustoso odore di mandorla.
Mi raddrizzo — Grazie, eh.
— Husk.
Questa volta rimango io stessa interdetta. Mi ha appena detto "buccia"?
— Scusami? — dico, mentre inizia a camminare velocemente e iniziò a seguirlo.
— È il mio nome, *stupida*.
Sussulto. Dovrò abituarmi agli insulti sparati a random, se non voglio rimanere traumatizzata. Mentre camminiamo in silenzio, mi viene quasi da ridere. Tre demoni che camminano nei pressi di uno studio di film per adulti, di cui uno si chiama come una droga ed è ubriaco, uno si chiama "buccia" e porta in braccio quello che si chiama come la droga, e l'ultima ha scelto come nome letteralmente "Vento dell'ovest Sole". Una demone che si chiama "Vento dell'ovest Sole".
— Cos'hai da ridere. — mi fa il gatto. Come ha fatto a capire che ero divertita?
— Mi fa ridere la situazione paradossale in cui mi trovo.
Adesso anche Buccia ride — Facci l'abitudine, o non sopravvivi un giorno in questo buco.
— Mi sembrava chiaro. — dico, mentre inciampo in un gradino. Siamo davanti a una collinetta. Husk apre un cancello e mi fa passare, poi ci arrampichiamo verso la cima. Vedo edificio che porta l'insegna di "Hazbin Hotel".
Mentre gira la chiave nella toppa mi fa — Sai cosa trovo più strano di te?
— Non lo so. — rispondo
— Il fatto che in venti minuti non hai detto nemmeno una parolaccia. È strano per un demone, sai?
All'improvviso scoppio a ridere. Davvero ci vuole così poco per confondere un demone?
— Diciamo che non dovrei trovarmi qui e che non è nel mio interesse essere volgare. — gli rispondo. Faccio appena in tempo a pronunciare la frase che i battenti dell'edificio si spalancano, mostrandomi una classica sala d'ingresso di un classico hotel. Solo un po' più macabra, ma leggermente. Buccia grugnisce, poi mi spinge dentro. All'improvviso sento dei passi. Chi potrà essere sveglio a quest'ora? Lo scopro pochi secondi dopo, quando due demoni arrivano nella sala, scendendo delle scale. Entrambe possiedono dei capelli lunghi quanto i miei. Una è bionda e l'altra sembrerebbe grigia. Grigia di carnagione, di capigliatura. Solo grigia. Tranne per la X rossa che porta su un occhio.
— Husk, chi ci hai portato? — sento dire dalla biondina mentre si avvicina.
Buccia grugnisce di nuovo, mentre la grigia afferra una lancia argentata. Da dove l'ha tirata fuori?
In pochi secondi me la ritrovo puntata alla gola — Chi sei? Cosa ci fai qui?
Sto per rispondere, ma una voce radiofonica interrompe l'interrogatorio
— Suvvia, Vaggie, ti sembra modo di trattare i nuovi ospiti?
Tutti si voltano verso il portone ancora spalancato. Una sagoma sottile si staglia davanti alla sala. Fa un passo in avanti e finalmente riesco a riconoscere il suo aspetto. Alto, magro, orecchie pelose, giacca lunga e maciullata sul bordo. Non mi farebbe alcuna paura, se non fosse che in faccia ha stampato un sorriso che gli arriva letteralmente all'altezza delle orecchie. Per qualche secondo gli studio il volto. Ha i denti gialli, gli occhi rossi e grandi, e un monocolo accanto a quello destro. Tiene le braccia ripiegate dietro la schiena, ma appena le distende vedo che possiede anche un bastone. La bionda chiude la porta ed esclama
— Alastor! Come mai da queste parti a quest'ora?
Il presunto Alastor fa un passo verso di me e risponde — Vedi, mia cara Charlie, il mio sesto senso mi ha detto che stava per accadere qualcosa di curiosamente interessante.
Mentre Charlie e Alastor sostengono questa intrattenente conversazione, però, Vaggie continua a puntarmi la lancia al collo e Buccia vacilla sotto il peso di Angel Dust. I demoni che mi stanno intorno sembrano accorgersene solo ora.
— Husk, accompagna Angel in camera, qui ci pensiamo noi. — fa Vaggie, allontanando la lancia dalla mia gola pelosa. Alastor mi si avvicina ancora, spingendomi col suo bastone da dietro le spalle. Mi accompagna a una specie di reception, si infila dietro il bancone e inizia a farmi delle domande.
— Come ti chiami, mia cara?
Sto per rispondere quando vengo interrotta di nuovo, da Vaggie — Puzza di morte recente e di mandorle. Non promette nulla di buono.
Interviene Charlie — Dai, Vaggie. Meglio, no? Sarà più indirizzabile verso la redenzione. Redenzione?
— C'è qualcosa che non quadra. Perchè l'ha portata qui il gatto? — fa di nuovo Vaggie.
— Ragazze, lasciatemi registrare la nuova arrivata. — cerca di dire Alastor.
A un certo punto non ci vedo più nulla. Tutto quel vociare mi incide il cervello in modo doloroso. La voce di Alastor mi urta, sembra uscire fuori da un vecchio altoparlante; quella di Vaggie mi spaventa, è molto aggressiva; quella di Charlie sembra tranquilla, ma è molto insistente...
— BASTA! MI STATE TRATTANDO COME SE AVESSI INTENZIONE DI RESTARE QUI!
I demoni si zittiscono e mi fissano, poi Alastor mi allunga un foglio. È un volantino. Dice: "STANCO DI QUESTO INFERNO? VIENI ALL'HAZBIN HOTEL! SOGGIORNO E LEZIONI DI REDENZIONE GRATUITI!".
La compagnia di pazzi continua a fissarmi. Sembra che aspettino tutti una mia risposta.
Biascico — Non ho esattamente voglia di redimermi e andare in paradiso ad abitare insieme a degli assassini, ma il soggiorno gratuito direi che fa proprio per me.
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Finita per errore in un buco sottoterra (me in Hazbin Hotel)
FanfictionZefira, una volta chiamata Emilia, muore. Ma questa non è la fine. È l'inizio di un viaggio tra morte e disperazione. Si farà strada tra la cacca dell'Inferno, ne sono certa.