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Erano saliti al piano di sopra, lì nella stanza dei cappotti ammucchiati tutti nell'angolo di un letto che era per l'ospite che ancora non era arrivato.

Fabio gli aveva chiesto di accendere la luce, perché voleva guardarlo, ma Stiles gli aveva detto di no, perché non c'era niente da guardare.

Il tipo mezzo italiano non gli chiese altro e Stiles capì che doveva farci sesso, doveva perché Fabio non aveva insistito troppo con la luce e non glielo aveva più chiesto. Semplicemente dopo gli aveva rollato uno spinello sotto il naso e glielo aveva cacciato in bocca, forse pregustando il momento in cui lo avrebbe sostituito con il suo cazzo.

Lo studente di medicina si appoggiò a lui con tutto il peso del suo corpo, tuttavia quel peso, quel calore, non cancellarono tutti i timori di Stiles, gli orrori del suo passato e quelli del suo presente che lo avrebbero perseguitato anche nel futuro.

Fabio non parlò più, solamente lo spinse contro una parete e gli infilò una gamba tra le cosce, prima di assalirgli il collo con fame.

Gli respirava contro la pelle e quel respiro gli si infilava sotto alla carne come un parassita molesto.

Fabio era lì e basta, e Stiles doveva davvero farci sesso, doveva perché lui amava Derek, ma Derek non lo amava, e il suo amore solo non bastava più per entrambi.

Eppure il contatto con Fabio era soffocante.

Stiles pensò che i loro corpi erano incompatibilmente diversi, irregolari tra di loro, e che non c'era davvero modo per incastrarli.

Respirava lentamente, spalancò la bocca oltre la spalla di Fabio per incanalare più aria da consumare, ma la stanza era densa di una condensa satura che gli schiacciò i polmoni.

Il tipo lo baciò e il suo fiato era decisamente troppo caldo.

Stiles rimase immobile, aspettando solamente che smettesse, ma non smise, almeno non subito.

Pensò ancora che avrebbe voluto tornarsene a casa, ma sapeva anche che non era la cosa giusta da fare.

Avvertiva l'imbarazzo e l'innaturalezza del momento che s'infilava sotto gli spigoli dei loro vestiti.

Fabio gli sorrise languido come a dire: «Va tutto bene», ma con una nota più maliziosa.

Stiles non gli sorrise di rimando, perché per lui non andava bene niente. Anzi, proprio un cazzo.

Al buio Fabio gli diede ancora un lungo bacio e poi gli sbottonò i pantaloni. Non ci girò troppo intorno e subito gli prese l'uccello in una mano.

Stiles, quasi inspiegabilmente, percepì il proprio membro irrigidirsi con pigrizia e per l'appunto non ne trovò il motivo.

Non c'era stata neanche una vera carezza, il tipo gli aveva soltanto scostato l'elastico delle mutande e racchiuso quel principio di erezione, che gli deformava a malapena la patta, nel palmo di una mano.

Eppure sembrava tutto tanto, troppo, come se quel tocco fosse troppo molesto, troppo invadente, e il ragazzino disarticolasse nel tentativo di trovare una via per uscirne.

Non cambiò idea. Non si mosse. Ripensò alle volte in cui andava al locale, a quella volta in cui era andato col marchettaro, pensò a come in tutte quelle situazioni fosse riuscito a raggiungere l'orgasmo, anche se era fittizio, anche quando non lo credeva minimamente possibile.

Dopodiché non pensò più a niente e aprì solo più le gambe, piegando di lato le ginocchia, per fare più spazio all'altro, che sparì con tutto il polso oltre l'orlo delle sue mutande.

Braccato - STEREKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora