Così lo si ricorda, un uomo dai pensieri sconci malati e che dai guai taglia la corda. Non vi curate del suo destino, la sua storia inizia lì, proprio sotto un pino. Di un sole caldo la giornata era farcita, su di una collina si ergeva a nord il suo regno e a sud la città proibita. Nessuno ne conosceva l'esistenza, perché Lucius ne cancellò con un enorme muro la presenza. "Nessuno deve sapere cosa c'è li dentro, se lo scoprissero sarebbe uno scempio". Intanto in città si vive felice, nessuno le regole di Lucius contraddice. Ma i giovani son curiosi e sprovveduti, vicino al muro giocano e con sgarbo lo riempiono di sputi. "Siamo stanchi di stare stretti e zitti a pagare questo dazio, per divertirci ci serve più spazio". Il muro era alto ma in basso molto meno, allor si misero a scavar senza freno. Giunta la notte a lavoro ultimato, videro fuori ma eran ormai senza fiato. Il dì seguente con la voglia di scoprire, arzilli cercaron risposte per le domande da chiarire. Andarono avanti oltre il bosco logorato, fino ad un altro muro, in tondo credevano di aver girato. Ma era diverso come invecchiato,non era lo stesso che avevan profanato. Per divergenza c'èra anche un cancello in legno rifinito, sopra ad esso un uomo da un mostro era inseguito. Mille domande non bastaron per placar lo stupore, proprio adesso avrebbero voluto star con un lor genitore. Ma indietro non si torna, dinanzi al cancello si tengon per mano e alla sfiga fan le corna. Si aprì con fare lento e cigolante, creò nei bambini un colpo d'ansia incalzante. Dietro l'uscio di quelle mura intrise di mistero, citani lugubri si trascinan lungo il sentiero. "Che città triste, guardate le vetrine dei negozi, pien di polvere e i pavimenti tutti zozzi." Ma il peggio è chi dentro ci lavora, strani tizi che alle volte facevan paura. Per primo un macellaio, con l'imbuto si nutriva per esser gaio. Affianco una signora gioielliera, schiacciata a terra dalla bigiotteria per niente leggera. Dinanzi a loro un uomo piangeva disperato, "Come te vorrei esser stato!" Era prostrato ad uno vestito di tutto punto, che era si bello, ma aveva un fare unto. Si girò e per non incrociare il suo sguardo, i bimbi si voltarono lesti lesti come un gatto pardo. Un altra scena stramba gli si propinò agli occhi, un uomo menava una porta con le nocche ridotte a tocchi. "Apri maledetto,sono mesi che aspetto." Era così impegnato ad urlare ed imprecare, che non vide l'altro tra le donne affogare. Oramai la gente aveva notato la giovane combriccola, chiamando la polizia dissero "E' tanto malvagia quanto piccola". Subito vennero circondati da poliziotti infami, che li carcerarono senza i dovuti esami. Con facce smorte guardarono nella cella affianco, un uomo con viso stanco. Di parlare non aveva voglia, era il detentore della pura noia. Per quanto strano all'ora di pranzo, si avvicinò un ufficiale con passo manzo. "Mettetevi in carne per la forca, che il vostro collo si spezzi o la folla di botte vi corca." Il lor piagnucolio temprato ma pur sempre infantile, addolcì il brutto grugno della guardia che diventò gentile. "Le gabbie non son per bimbi dagli occhi gonfi, andate via e vantatevi dei vostri trionfi." La porta si aprì e furon liberi, ma non fuggirono anzi, andarono più in fondo degli inferi. Dietro mille mila porte funeste, ed un lungo tunnel, pien di radici delle foreste, si risale s'una scalinata d'insolita pendenza, metteva alla prova la loro resistenza e della fatica era la quinta essenza. Ed infine la porta al disotto della quale, fuoriusciva un guizzo di luce senza eguale. Ci si accanirono come api sul miele, che si aprì spaccando dei quadri le tele. Era nascosta come mai si sarebbe pensato, la sala del trono, forse troppo avevano osato. Il re di ritorno dai molteplici impegni, vide dell'intrusione i segni. "Marmocchi non sapete cosa avete fatto." Dal buio della porta di ritorno, un demone apparì con in testa un corno, di seguito le sette persone che prima conobbero, che i suoi sette peccati sarebbero. Si riunirono a lui di spirito e di corpo, e dopo il silenzio la luce di un lampo. Si sentì una voce che fuggiva dalle orecchie, ma che del lor significato non ci sono macchie. "E' inutile perder l'amore della propria passata, presente e futura gente, per esser perfetti che oltre inutile è cosa inesistente." Il re imparata la lezione, abbatté il muro che della gioia era l'oppressione.
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Lucius il perfetto
Short StoryBreve novella in rima baciata che vuole far intendere al lettore l'inutilità di voler essere qualcuno di diverso da se stesso e l'inesistenza della perfezione. Racconto molto semplice e scorrevole adatto a tutte le età, ma comunque molto più apprezz...