Sorso dopo sorso

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Premessa

Mi sento in dovere di inserire un'ulteriore premessa oltre gli avvisi nei tag. Questa è una storia che tratta di tematiche forti e lo fa in maniera descrittiva ed esplicita, finanche cruda dal punto di vista della semplice narrazione. Il motivo per cui ho deciso di inserire questo genere di tematiche anziché limitarmi ad accennarle brevemente è perché nel loro svolgimento ci sono degli elementi che ritengo indispensabili alla formazione del racconto e la sua trama, alla comprensione del carattere dei personaggi e la loro evoluzione: amo i dettagli, e a volte essi si nascondono anche in scene poco piacevoli. Si tratta ovviamente di un'opera di fantasia e va tenuto sempre a mente che non ha pretesa di avere alcuno scopo educativo o moralizzante di fondo, né di normalizzare o "romanticizzare" la violenza nei rapporti interpersonali, che mai andrebbe tollerata né quando fisica né psicologica. È un racconto e come tale va interpretato.
Sconsiglio dunque la lettura a coloro che, per la propria sensibilità non tollerano tematiche come stupro, maltrattamenti o dipendenza da alcol narrati in maniera chiara.


p.s. questa storia è anche un esperimento stilistico. Di norma infatti amo dilungarmi in dettagli approfonditi a livello narrativo della psicologia e i pensieri dei personaggi principali. Qui invece mi asterrò dal fornire questo tipo di dettagli limitandomi a descrivere in maniera più distaccata situazioni, espressioni e interazioni, per lasciare piena interpretazione al lettore. Qualora abbiate letto ambo i due stili e vogliate esprimere un commento o una preferenza in merito all'uno o l'altro, sappiate che ne sarei molto lieta!
Grazie a tutti, buona lettura.



Cap 1: Sorso dopo sorso





Il maniero Malfoy risplendeva impeccabile sotto i raggi del tiepido sole di inizio Giugno, in una mattinata dal sapore ancora squisitamente primaverile. I vetri delle finestre erano tirati a lucido, i comignoli dei camini sembravano intonsi, ed il bel giardino ornamentale non aveva una singola foglia o sassolino fuori posto.
L'aria smossa a stento da una brezza delicata aveva tutti i profumi vivaci e puliti della campagna, dei fiori ancora splendidamente vivi.
Due figure distinte passeggiavano lungo uno dei vialetti che costeggiavano la ricca fontana al centro di quel mare di verde ben ammansito. Incedevano senza fretta né una destinazione precisa.
Draco Malfoy teneva a braccetto sua madre offrendole tutto il proprio sostegno in quella semplice camminata. Per quanto lei gli stesse accanto con tutto l'aristocratico decoro possibile, la sua figura era fiacca, leggermente incurvata e instabile. Senza il figlio accanto a tenerla, sarebbe crollata facilmente.
Narcissa era avvolta da un pregiato abito nero di raso dallo stile lontanamente vittoriano, non portava gioielli, e aveva i lunghi capelli sciolti e liberi sulle spalle, privi di qualsivoglia acconciatura. Il suo bel viso dalla pelle che ancora non aveva conosciuto la piaga delle rughe era di un pallore malsano, e gli occhi rifuggivano la luce sotto l'ombra delle lunghe ciglia chiare. A stento guardava dove stesse mettendo i piedi, lasciandosi guidare come una foglia fa col vento e ormai quasi altrettanto leggera.
Draco dai tempi della scuola era cresciuto fino a sfiorare un rispettabile metro e ottanta e a differenza di Narcissa era il ritratto della salute fisica. Il suo corpo slanciato aveva messo su una muscolatura moderata e ben equilibrata, il viso era liscio, pallido di un chiarore nobile così diverso da quello malato di lei. Portava i capelli molto corti e ben pettinati. Proprio come sua madre vestiva interamente di nero. Il suo era un completo dalla lunga giacca in seta damascata, dove il solo elemento diverso dai toni cupi era il fazzoletto da collo chiaro oltre il colletto della camicia.
Narcissa tese una mano ad indicare una panca di pietra poco lontana, e si mossero verso di essa. Una volta seduta un sospiro tremulo le abbandonò le labbra esangui, e cedendo ogni rigore nel portamento si afflosciò sulla spalla solida del figlio come una bambola di pezza che aveva perso troppa imbottitura.
«Domani compirai ventiquattro anni.» mormorò, pianissimo. «Promettimi che non passerai tutta la giornata qui con me ma andrai a divertirti un po'.»
«Madre, è un giorno come un altro.» obiettò Draco, fissandole distrattamente le mani. Erano così pallide che si potevano tracciare le venature verdi sul dorso.
«Non è vero: è il giorno in cui ti ho dato la vita. E non te l'ho data per trascorrerla a fare da balia ad una moribonda.» se avesse potuto alzare di più la voce sarebbe potuta suonare più incisiva, ma il suo tono era fiacco, tremulo.
«Non sei una moribonda.» contestò lui, con un'espressione dura in volto.
Narcissa schiuse le labbra, ma esitò. Sollevò lentamente la testa, riaprendo gli occhi arrossati sul volto del figlio.
«Sei così bello, Draco. Molto più di tuo padre alla tua età.» sorrise docile.
«Perché mi hai dato metà della tua bellezza.» rispose sottovoce, quasi timidamente, mentre sul suo viso l'espressione rimase immota, apatica.
«Tuttavia, c'è stato un periodo alcuni anni fa, in cui eri ancora più bello. Passavi molto tempo fuori casa, ma quando tornavi sembravi più leggero, sorridevi senza rendertene nemmeno conto.» proseguì lei, socchiudendo nuovamente gli occhi. «Però ricordo che durò così poco. Ricordo, sai cosa, la sera in cui tornasti senza più un sorriso.» sospirò, lugubre. «Qualcuno si è come... portato via il tuo cuore.» mormorò, gli occhi quasi completamente chiusi, il tono leggero di chi è sovrappensiero. «L'unica cosa che dovresti fare domani, il giorno dopo, e per tutto il resto della vita è cercare di prenderti il suo.»
Draco si irrigidì, una smorfia gelida e nervosa gli incupì il volto.
«Il mio cuore è al suo posto, madre. Qui, vicino al tuo.» dichiarò asciutto.
Narcissa riaprì gli occhi, seria.
«Presto resterai solo in questa immensa dimora vuota, Draco.» mormorò. «Se il tuo cuore fosse davvero vicino al mio sentirebbe quanto soffre all'idea che tu rimanga senza nessuno accanto.»
«Non morirai.» insisté Draco, il tono forzatamente moderato.
«Non durerò per sempre.» gli ricordò pacata lei. «Che sia fra qualche mese, come dicono i medimaghi, o fra un anno o dieci, poco cambia. Io morirò.»
Draco aggrottò un po' la fronte.
«Desideri che mi sposi? Stai cercando di dirmi questo?»
«Lucius lo desiderava tanto.» iniziò lei, con un piccolo sorriso. «Io vorrei che fosse per amore, lo sai che ti auguro il meglio. Tuttavia ora non parlo necessariamente di una moglie, ma di amici, o anche solo compari con cui passare il tempo, avere qualche legame.»
«Ho dei legami.» sospirò svogliatamente Draco. «I miei compagni di squadra.»
«Che incontri solo durante partite e allenamenti. Non esci mai con nessuno di loro, non mi racconti niente di loro: non sai niente di loro. Questo non è un legame, Draco, è un'interazione sterile al solo fine di portare avanti un'attività di gruppo che inizia e finisce sul campo.»
«Non ho alcun interesse nel fare amicizia con quelle persone e ti assicuro che la cosa è reciproca. A loro interessano solo il regolare versamento delle nostre donazioni e che io giochi al meglio.»
Narcissa rise piano, e quel piccolo divertimento le costò qualche colpo fastidioso di tosse.
«Se il tuo cuore ci fosse ancora, Draco, lo avresti aperto un po' a quelle persone perché tutti abbiamo bisogno di qualcuno. Gli avresti anche solo fatto intuire quanto tieni alla squadra. Quanto è importante per te e per onorare la memoria di tuo padre che ci aveva giocato nel tuo stesso ruolo, da ragazzo. La passione che hai per il Quidditch potrebbe unire davvero la tua squadra e portarla a gareggiare ad altissimi livelli. Troveresti in loro dei compagni a livello umano.»
«Sei troppo sentimentale, dalla morte di Lucius.» la criticò aspro Draco. «Come battitore ammetto di avere più talento che come cercatore, ma francamente né io né il resto dei Falmouth Falcons abbiamo il talento necessario per rientrare nei gironi alti della Lega nazionale, la squadra è vicina a sciogliersi e non saranno certo dei buoni sentimenti a farci vincere.»
«Oh Draco, si può essere sentimentali solo in un'occasione: da vivi.» lo rimproverò con un sorriso divertito. «Se non sei affezionato a quella squadra perché lo era anche Lucius, allora perché non cambi formazione e pensi solo alla tua di carriera? Il loro gioco violento è oltremodo ripugnante, non capisco cosa ti tenga lì.»
«Madre, il Quidditch è un gioco violento.» sospirò Draco. «E...»
Narcissa ebbe un capogiro, Draco la tenne stretta, gli occhi sgranati da un moto d'allerta.
«Madre?!»
La donna non stava nemmeno più provando a star su da sola, ormai gli gravava interamente fra le braccia, a peso morto. Il suo respiro si fece svelto, affaticato.
«Riaccompagnami dentro, Draco. Ho freddo.»
C'erano quasi venti gradi.
Il ragazzo la strinse meglio a sé e si smaterializzò portandola direttamente nella sua camera. Una vecchia elfa domestica comparve immediatamente, servizievole e di poche parole, e aiutò la padrona a stendersi sotto lo sguardo turbato di Draco.
«Penso che sia meglio evitare le uscite in giardino d'ora in avanti.» mormorò esausta Narcissa, rivolgendogli un sorriso dispiaciuto.
«Ora riposati, domani riproveremo, se farà più caldo e te la sentirai.» spiegò lui, imperativo e rigido nel tono. Esitò a sfiorarle una mano, ma alla fine lo fece con una carezza lieve, e poi si allontanò di qualche passo.
L'elfa domestica tirò le tende chiare per smorzare i raggi diretti del sole, lasciando che la stanza scivolasse in un un moderato lucore bianco, puro, quindi li lasciò soli.
Draco raggiunse un elegante mobiletto intarsiato, da cui prelevò una bottiglia di Ogden Stravecchio ed un bicchiere di cristallo dal fondo panciuto. Due soli cubetti di ghiaccio fecero presto compagnia a tre dita abbondanti di quel pregiato Whiskey Incendiario. Andò ad accomodarsi su una bella poltrona bassa accanto al tavolino dove l'elfa domestica depositava tutta la posta di casa e qualche giornale.
Bacchetta alla mano e whiskey nell'altra, iniziò ad aprire magicamente una per una tutte le lettere inframezzando rapide e svogliate letture a sorsi generosi del superalcolico, mentre sua madre teneva gli occhi chiusi nel silenzio cheto.
Nella prima missiva c'era un cortesissimo invito a fare una donazione per un evento di beneficenza, senza però specificare che fosse necessaria la sua presenza al relativo ricevimento. Bevve una sorsata ampia e l'invito finì dritto nel cestino delle cartacce accanto alla scrivania. Poi qualche aggiornamento sulla rendita di un altro paio di tenute di famiglia e le relative produzioni di vini. Bevve e la spedì sulla scrivania. Una lettera del medimago di famiglia lo informava che sarebbe venuto a visitare sua madre quella sera. Un altro sorso. Ormai arrivava a sfiorare con le labbra il ghiaccio. Anche quella finì sulla scrivania. Un'altra annunciava la morte di un lontano parente slavo di cui a stento ricordava il volto. Bevve l'ultimo sorso e la spedì nel cestino.
L'ultima lettera la aprì con un cenno più attento: il mittente era il coach dei Falmouth Falcons. La missiva era rivolta al plurale a tutta la squadra. Li informava che dopo quel breve periodo di riposo estivo, la prima partita che avrebbero giocato a metà Giugno sarebbe stata d'allenamento. Un'amichevole contro l'astro nascente della loro stessa Lega Sfidanti, i London White Owls, capitanati dal celeberrimo Harry Potter nel ruolo di cercatore. Draco provò a bere, ma sulle labbra gli scivolò solo una goccia sciolta di ghiaccio, che del whiskey portava giusto il ricordo. Strinse i denti, teso e scaraventò via il bicchiere con quanta forza aveva in corpo, mandandolo ad infrangersi contro una parete: il rumore non fu particolarmente fragoroso grazie alla carta da parati e al tappeto su cui atterrarono frammenti di cristallo e ghiaccio, ma bastò a far riaprire gli occhi a Narcissa.
«Draco?» mormorò cercandolo subito, con aria confusa.
La missiva che dondolava magicamente davanti al ragazzo finì incendiata con una frustata secca della bacchetta, mentre il suo volto si infiammò in un lampo d'ira a stento trattenuto.
«Fottutissimo Potter.» ringhiò. «Perché devi darmi il tormento anche qui?»
«Che succede?» alzò di poco la voce Narcissa.
Draco la notò finalmente, ebbe un piccolo sussulto e inghiottì a vuoto, dandosi una calmata.
«Perdonami, non volevo disturbarti.»
«Non ti ho accusato di avermi disturbato, Draco. Ti ho chiesto che succede.» spiegò lei, flemmatica.
«Succede che il maledetto stronzo-che-è-sopravvissuto non ce la faceva ad accontentarsi di rovinarmi la vita in veste di Auror, ma doveva provare a rovinarmi anche la carriera sportiva.»
L'elfa domestica apparve silenziosa, e con rassegnata tranquillità andò a ripulire i cocci.
«Perché dici così?» mormorò confusa Narcissa.
«È bravo, madre. Troppo bravo per giocare nella Lega Sfidanti, la sua squadra sta stracciando tutti i team con una velocità impressionante e presto toccherà anche al nostro.»
«Non è così che si fa quando si vuole entrare nella Lega più alta? Vincendo le partite?» obiettò lei debolmente sarcastica.
«Sì, ma perché fondarsi una sua squadra e farsi tutta la dannata scalata dalle leghe inferiori, quando avrebbe potuto accettare direttamente un contratto da qualsiasi team della Lega Britannico-Irlandese, iniziando a giocare già i campionati regionali ed oltre?» sbottò il ragazzo, alzandosi di scatto. Iniziò a fare avanti e indietro nervosamente. «Capisci? Gli ci sono voluti quasi due anni a quel pazzo maniaco.»
«E credi che l'abbia fatto solo per passare dalla Lega Sfidanti in cui giochi tu, per assicurarsi di battere la tua squadra e umiliare te?» proseguì la donna, con una smorfia scettica.
«Ne sono certo.» ammise secco lui. «Ce l'ha con me, ti dico, anzi con - noi - Malfoy. Zia Bellatrix uccise il suo adorato padrino, in fondo, oltre all'inutile elfo domestico a cui era tanto affezionato e non ricordo quanti altri insulsi amici suoi.» spiegò, con una smorfia schifata. «S'è fatto un anno al Ministero a fare il galoppino del ministro solo per avere voce in capitolo nei processi dopo la guerra. Se a papà hanno dato una condanna ad Azkaban è solo per colpa sua, di tutto quello che ha riferito sulla nostra famiglia.»
«Non è stato l'unico a testimoniare contro Lucius.» mormorò tristemente lei.
«Certo ovviamente c'erano anche tutti i suoi amichetti a corredo, ma lui è il fottuto eroe di questo mondo, la sua parola è oro e per alcuni è stata la grazia. Dopo la morte di Lucius, quando ho ripiegato sul Quidditch per cercare una valvola di sfogo, cos'ha fatto figlio-di-puttana-Potter? Ha lasciato il suo bel lavoro al ministero e s'è fatto una fottutissima squadra di Quidditch per continuare a perseguitarmi.»
«Draco.» lo richiamò Narcissa, la voce più dura di prima. «Ora somigli davvero tanto a tuo padre.» suonava severa.
«Tu pensi che lui meritasse di morire a quel modo!» sbraitò il ragazzo. «Solo perché negli ultimi mesi era meno lucido e non lo amavi più.»
«Non dire cose di cui ti pentirai fra poco.» sospirò la donna. «Io... pregavo che avessero clemenza quanto te. Che avesse una seconda chance. Lo amavo ancora.» la sua voce si piegò sotto un singhiozzo sottile, preludio del pianto.
Draco inghiottì a vuoto, le si avvicinò svelto. L'espressione furente di poco prima era stata annientata da una preoccupata.
«No, perdonami madre. Non volevo che ti agitassi così. Ero...ero arrabbiato, ho perso la testa.» ammise, riluttante.
Narcissa trattenne le lacrime in un respiro tremulo che si ruppe in un sorriso.
«Eccoti, ora sei di nuovo il mio Draco.» allungò una mano a cercare la sua più vicina. Era gelida. «Tuo padre ci ha lasciati solo due anni fa, lontano da noi in una fredda cella solitaria: non posso chiederti di superare una cosa simile in così poco tempo. Però... convoglia la tua rabbia per scagliare i bolidi piuttosto che il whiskey nel tuo stomaco e i bicchieri sul mio muro. Non dici sempre che in precisione sei un cecchino ma vorresti avere più forza? La rabbia è una grandissima forza. Butta giù dalla scopa quel piccolo stronzo mezzosangue, se ti farà stare meglio, ma non lasciare che ti rovini, intenzionalmente o meno, la vita.»
Draco spalancò gli occhi, fissandola in un lungo silenzio esterrefatto.
«Sì figlio mio, anche tua madre sa dire le parolacce.» rise debolmente Narcissa.

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