Insieme

59 4 0
                                    



Il sei Settembre il clima non poteva essere più perfetto di così per la media inglese. Lievemente umido, ma piacevolmente tiepido al punto da non patire il caldo di fine stagione. Erano le tre del pomeriggio, Draco, Harry e l'anziana elfa domestica avevano appena superato il grazioso cancelletto metallico del cimitero privato dei Malfoy. Si trattava di un campo abbastanza ampio in mezzo alla campagna, cinto da muretti bassi e imbellito da grandi alberi secolari, vialetti ordinati e statue di marmo chiaro o scuro a segnare, monumentali e fiere, le tombe della famiglia. Le più antiche erano ospitate in fondo, ed erano tutte sepolture a terra, le più recenti invece avevano i loro piccoli mausolei e cappelle funerarie per ogni nucleo familiare.
Draco indossava un rigido completo elegante, in cui solo i pantaloni e le scarpe erano scuri, la camicia era bianca, la giacca un broccato verde smeraldo. Ad Harry aveva prestato un completo di stile differente, tessuto liscio e semplice, scuro ad eccezione della camicia. L'elfa aveva lustrato più che poteva il suo abitino misero, che sembrava il grembiulino di una bambina d'altri tempi, candido e immacolato. Raggiunsero la cappella più prossima all'ingresso, palesemente la più recente fra le piccole costruzioni. Era una struttura di marmo bianco dalle delicate venature grigie in stile classico, con un elegante cancello di ferro battuto all'ingresso, affiancato da due sottili colonne decorative. L'interno era del medesimo materiale, e le tombe erano disposte su bassi altari come ordinati sarcofaghi di marmo lavorato. Non era un ambiente troppo ampio ma neppure angusto, nella parte centrale potevano starci comodamente sei o sette persone ed ospitava attualmente quattro tombe distinte poste sui lati opposti: a sinistra i nonni paterni di Draco, a destra Lucius e Narcissa. C'era qualche apertura posta in alto fra le pareti, necessaria a far passare un po' di luce, ma il grosso era demandato a piccoli lumini incantati che galleggiavano a mezz'aria, ordinati, accanto alle mura. L'ambiente era lugubre ma pulito e ingentilito dalle lavorazioni attente che scolpivano il marmo delle tombe, cesellato di elementi decorativi raffinati. Proprio come il maniero, anche le tombe dei Malfoy avevano un che di principesco.
Draco si fermò di fronte alla tomba dei genitori e rimase in silenzio. Aveva lo sguardo spento, ma i suoi occhi non sembravano minacciare lacrime. Harry gli si mise accanto, altrettanto serio e muto. Erano così vicini che le loro braccia potevano sfiorarsi. L'elfa rimase in una posizione più defilata vicino all'ingresso, nonostante il padrone le avesse lasciato piena libertà di movimento.
Sotto le lucine stabili dei lumini, Draco tirò fuori la bacchetta dalla tasca, la puntò alla base della tomba di Narcissa e con un gesto delicato vi fece comparire una bella coroncina di narcisi bianchi e gialli. Harry ne copiò i gesti un istante dopo, puntò con la bacchetta l'ornamento appena creato dall'altro e fra le foglie ornamentali fece apparire alcuni gigli candidi.
Draco gli rivolse un sorriso tenue, morbido.
Fu pochi istanti dopo che si dovettero distanziare di mezzo passo perché sentirono una serie di passi lenti attutiti dal selciato all'esterno, accompagnati da un vociare basso. Si voltarono sull'ingresso della struttura di marmo pochi metri più indietro, e videro l'elfa accogliere un folto gruppetto di persone vestite tutte di scuro. Era la squadra dei London White Owls al completo, con entrambi gli allenatori in testa.
Fu una piccola processione a gruppetti da quattro o cinque, scandita dalle condoglianze, tutte molto sentite e affettuose da ogni singolo compagno di squadra, capace di lasciare Draco leggermente stordito ma non ostile a quell'inaspettata forma d'affetto.
Quando entrò Norah Finn, la cacciatrice dalla lunga treccia nera, la ragazza abbracciò Draco che rimase rigido e decisamente interdetto ma non la scacciò, limitandosi ad incassarne il sussurro con un assenso leggero.
«Non farti problemi a parlare con noi se stai male, ok? Non siamo solo compagni di squadra. Possiamo essere amici.» gli disse, prima di passare oltre.
Tutti posarono subito il proprio contributo alla tomba di Narcissa, chi fece comparire un fiore candido, chi un'altra coroncina, chi un piccolo lume. L'anziano allenatore dei Falcons posò un lume anche ai piedi della tomba di Lucius.
Fu mentre ancora erano intenti a posare fiori che arrivò un altro piccolo gruppo. Erano Blaise Zabini, Theodore Nott e Pansy Parkinson. Non erano cambiati molto dai tempi della scuola, Zabini era un bellissimo giovane uomo, Theodore somigliava sempre più a suo padre, mentre Pansy era vistosamente incinta con un pancione ormai vicino ad occhio e croce all'ottavo mese. Lei e Zabini si tenevano a braccetto. Si avvicinarono a Draco, scambiarono le condoglianze un po' rigidamente, Pansy aveva gli occhi lucidi.
Zabini, prima di uscire, scoccò un'occhiata interrogativa ad Harry, che era rimasto lì ad un passo da Draco.
«Pensi che dovrei uscire?» mormorò pianissimo il moro, che aveva intercettato quello sguardo. «Non è il primo che mi guarda perplesso. Anche Turner e Finn sembravano stupiti.»
«Penso che non me ne frega niente, Harry.» mormorò di rimando Draco. «Sei la sola ragione per cui riesco a stare qui dentro senza scoppiare a piangere come un bambino. Ho... bisogno di te qui.»
Harry gli rivolse un sorriso dolce, ed una carezza ferma sulla schiena che poteva passare per un normale gesto amichevole, consolatorio.
«Allora starò qui.»
Furono loro due, pochi minuti dopo a fissare con stupore chi entrava. Sull'uscio avanzarono le figure distinte della professoressa McGonagall, e del professor Slughorn, che portarono le condoglianze più rigorose e formali fino a quel momento, ma un numero impressionante di bellissimi fiori che fecero comparire ad ornare ambo le tombe di Lucius e Narcissa.
Non tutti andarono via subito, alcuni rimasero infatti a passeggiare in rispettoso silenzio per diversi minuti all'interno del piccolo e bel cimitero, incantati dalle tombe monumentali, dal clima sereno fra i viali ben curati.
L'ultima visita, a metà del pomeriggio fu quella di Andromeda Tonks e il piccolo Ted.
Draco li squadrò con un'occhiata tesa fin dal primo passo che fecero per entrare.
La donna era sempre incredibilmente somigliante a Bellatrix, sebbene gli occhi fossero di poco più gentili come quelli di Narcissa negli ultimi anni. Il bimbo aveva un'aria vivace e la nonna dovette raccomandarsi diverse volte di star buono per contenerne l'entusiasmo non appena vide Harry. Gli corse incontro e gli strinse le braccina alla vita, mentre il colore prima bluastro dei suoi capelli scarmigliati cambiava verso il nero manco volesse provare a mimare quelli del padrino o tutto il cupo tono generale dei vestiti.
Anche Harry era un po' rigido e interdetto sulle prime, ma alla fine acchiappò il bimbo in braccio e lanciò un'occhiata seria a Draco. Non disse niente, ma poco dopo si avviò all'uscita e il biondo non lo fermò. Draco rimase così da solo con la zia, che intanto si era fermata mezzo passo più avanti a fissare la tomba di Narcissa.
Ci fu qualche minuto di silenzio totale fra loro, potevano sentire le voci basse di Harry e Ted parlottare all'esterno, lo scalpiccio dei passi del bambino che si allontanava e quelli dell'adulto inseguirlo. Poi quando furono più distanti, ci fu un silenzio completo, e fu allora che Andromeda si voltò per fronteggiare il nipote.
«Mi sembra quasi di rivedere Lucius.» sussurrò amara la donna, squadrandolo da capo a piedi.
«Mi sembra quasi di rivedere zia Bellatrix.» rispose sarcastico lui, squadrandola di rimando.
Andromeda sorrise, amaramente.
«Ora sei anche crudele come lui? Mi dispiace di non essere la tua zia preferita, ragazzo.» ora era lei ad essere marcatamente astiosa.
Draco fece una smorfia infastidita e distolse lo sguardo.
«Non sono mai stato felice di vedere quella pazza, e mai in nessuna fase della mia vita è stata anche solo lontanamente vicina alla definizione di zia preferita. Lei e tutto ciò che portò con sé in casa nostra quando avevo a malapena quindici anni. Ma sono...» esitò, strinse le labbra e poi proseguì. «...felice che tu sia venuta. Mamma voleva così.»
«Non pensavo mi avresti invitata.» ribatté lei. «Credevo avessi organizzato una cerimonia già diversi giorni fa.»
«No, mi ha convinto Harry a farla. Non pensavo di avere più nessuno da invitare. In fondo non sei venuta a trovarla da viva, perché avresti dovuto farlo ora che è morta?» concluse, scoccandole un'occhiata secca.
Andromeda lo squadrò con rinnovata curiosità, ed anche una punta di scetticismo. Ma alla fine quando prese a parlare la sua espressione si sciolse in una più triste, mogia.
«Io sono venuta a trovarla, settimane fa.» gli rese noto voltandosi verso la tomba della sorella. «Narcissa non voleva che tu lo sapessi, diceva che ne saresti stato turbato e dovevi rimanere concentrato sul campionato.»
«Cosa?» mormorò Draco, interdetto. Anche lui si voltò verso la tomba, squadrandola attento manco potesse chiederle spiegazioni.
Andromeda non gli rispose, si limitò a mettere nuovi fiori intorno alla tomba che ormai ne era completamente ricoperta insieme a piccoli lumi vivaci come i riflessi di un diamante. Calò un altro lungo silenzio, e a romperlo stavolta fu Draco.
«Tu... l'hai perdonata?» mormorò.
«Certo che l'ho perdonata.» confermò Andromeda, a cui intanto gli occhi si erano fatti lucidi. «Anche se ha amato quel mostro di tuo padre. Anche se ha amato quel mostro di Bellatrix. Perché alla fine ho capito che amava ancora anche me.»
«Con l'amore ci si perdona davvero?» Draco fissava ora il pavimento, e parlava così piano che sembrava quasi farlo da solo.
«Certo che sì.» dichiarò lei.
«Zia...» la richiamò, quasi timidamente, tanto che la donna gli scoccò un'occhiata sorpresa.
«Dimmi.»
«Che cos'è l'amore?»
Andromeda, interdetta, ci pensò brevemente su.
«Un legame profondo, difficile da spezzare, resiste a cose impensabili e finanche alla morte. Per quello ci fa così male perdere chi amiamo. Puoi seppellire questo legame per anni, ma è sempre lì. Un legame che a volte porta cose belle, a volte porta dolore, a volte è folle e morboso, altre è puro e generoso.»
Draco assimilò quel concetto ad occhi leggermente sgranati, cercò con un'occhiata istintiva l'uscita della cappella da cui era passato Harry poco prima col figlioccio, poi tornò a fissare le tombe dei suoi genitori e si ritrovò con gli occhi invasi di lacrime.
Andromeda lo guardò piangere in silenzio per pochi istanti prima di fare un passo verso di lui e andare a posargli una mano su una spalla.
«Mi ero sbagliata.» mormorò. «Non somigli poi tanto a tuo padre.» ammise con un sorriso stentato, ma incoraggiante.
«E tu non somigli per niente a zia Bella.» ribatté piano, sarcastico.
Entrambi sorrisero.






Pochi giorni dopo il funerale di Narcissa, Draco ed Harry tornarono in campo. Nessuno fece loro domande circa la sparizione congiunta che li aveva visti praticamente lontani dalla squadra per quasi due settimane, sembravano tutti semplicemente felici di riaverli indietro.
La squadra, che in quei giorni aveva portato avanti i regolari allenamenti, era ancora vivacemente entusiasta del recente ingresso nella Lega nazionale. Alle nove del mattino, l'allenatore accolse i London White Owls al completo con un sorriso gagliardo ed entusiasta dei suoi. L'anziano ex allenatore dei Falcons non era presente, ormai ufficialmente in pensione: aveva tenuto fede alla promessa di accompagnare i suoi ragazzi fino alla fine del torneo della Lega sfidanti e così aveva fatto.
L'allenamento quella mattina fu piuttosto standard, eppure Draco ed Harry, dopo poche ore erano già visibilmente stanchi. Quando terminarono verso mezzogiorno, scesero dalla scopa sfiancati manco avessero giocato dieci ore di fila.
Carol Hunt, la cacciatrice che in squadra aveva sempre avuto problemi di resistenza, quando li vide boccheggiare verso gli spogliatoi li sfotté parecchio.
Una volta che si furono cambiati, Draco, Harry e un altro paio di giocatori risalirono il sentiero fino alla struttura lì vicino. Gli altri andarono avanti, chi diretto alle stanze che avevano ormai occupato in maniera più o meno stabile dalla fine del ritiro, chi - troppo esausto per smaterializzarsi - diretto al camino della sala a cui scroccare un passaggio con la metropolvere. Per mantenere unità anche solo a livello morale nella squadra, nonostante metà tornasse a casa e poco meno della metà si fosse scelta una stanza per stare lì a tempo indeterminato, nelle ultime settimane avevano preso l'abitudine di cambiarsi comunque tutti negli spogliatoi vicino al campo e non nelle proprie camere come durante il ritiro.
A pochi passi dall'ingresso della struttura, Harry e Draco rimasero indietro perché il biondo gli sfiorò con discrezione un braccio, facendogli cenno di aspettare, così gli altri entrarono e loro rimasero lì. Era ormai finito il pomeriggio, l'orizzonte stava già divorando il sole in un tramonto sfigurato da nuvole pesanti.
Harry guardò il biondo con un cipiglio interrogativo al suo gesto e il ragazzo ricambiò la sua occhiata con un leggero improvviso impaccio.
«Volevo chiederti se posso stare qui per un po', qui con te, non in una stanza da solo intendo.» suonava decisamente incerto, timido per certi versi.
Harry sorrise, ma non sembrava stupito.
«Credevo che avrei dovuto finire col chiedertelo io.» ammiccò beffardo.
Draco si calmò non poco e ricambiò il sorriso.
Harry un attimo dopo si fece un po' più serio, abbassò la voce.
«Dovremo stare attenti comunque o, insomma, finiranno con l'intuire che siamo un po' più intimi di semplici compagni di squadra.» lo osservava fisso, attento a ogni sua reazione.
Draco inghiottì a vuoto e parlò anche lui piuttosto piano.
«Vorrei riuscire un giorno ad ammettere pubblicamente ciò che sono senza dover provare questa assurda vergogna.» parlava un po' a fatica e nel farlo si tormentava nervosamente un polso. «Ma ora non mi sento pronto dunque sì, dovremo essere cauti.»
Harry lo fissò con un piccolo sorriso meravigliato e annuì.
«Basterà chiudere sempre le porte a chiave ed evitare di sparire troppo spesso contemporaneamente quando ci sono anche gli altri.» risolse, incoraggiante.
Draco aprì bocca per rispondergli ma si zittì e tornò perfettamente serio quando intravide la porta d'ingresso della struttura aprirsi. Ne sbucò Turner con una smorfia infastidita, era entrato praticamente pochi minuti prima e rimase appeso lì sull'uscio, a due passi da loro.
«Hey Potter, ci sono due amici tuoi che ti aspettano qui.» lo richiamò, proseguendo senza dargli il tempo di rispondere. «Ti sbrighi a venir dentro o te li devo mandare fuori?»
Sia Harry che Draco lo fissarono perplessi, ma si mossero subito per raggiungerlo mentre quello già era rientrato.
Mentre superavano la porta lo sentirono parlottare in sala.
«Arriva eh. Quello ci mette sempre una vita negli spogliatoi, peggio delle ragazze. Ci si vede.»
Quando arrivarono ad affacciarsi nel bel salone le fiammelle verdastre nel camino erano ancora accese dal passaggio di Turner. Poco più in là c'erano due persone in piedi: Ron ed Hermione.
Harry si arrestò appena li vide, Draco ugualmente rallentò il passo finendo poco più in là, con aria interdetta.
Ron era quasi difficile da riconoscere ad una prima veloce occhiata. Aveva finito di crescere, per fortuna, ed ora si era assestato su un metro e novanta abbondante come già lasciava presagire la sua statura da ragazzino. Di ciò che era stato aveva mantenuto solo due cose riconoscibili a vista d'occhio: lo sguardo un po' smarrito e i capelli rossi. Ora somigliava incredibilmente di più al fratello maggiore Bill, ma a differenza sua era ancora un bellissimo ragazzo senza nessuna cicatrice a sfigurarlo. Si era irrobustito quanto basta a livello di muscoli, portava una corta barbetta ben curata e i capelli gli superavano di poco le spalle ampie, legati in una coda morbida. Hermione dal loro ultimo incontro non aveva cambiato niente, i capelli sempre corti sul bel viso espressivo. Rimasero tutti in silenzio a fissarsi per lunghi secondi e il primo a muoversi alla fine fu Draco.
«Weasley. Granger.» salutò freddamente i due, abbozzando un passo verso le scale.
«Aspetta.» lo richiamò Harry, che nel frattempo aveva messo su un'occhiata diffidente e vagamente astiosa. «Resta un po' qui, Malfoy. Non si sa mai.» sibilò.
Draco si fermò, perplesso. Hermione tirò un sospiro pesante, e Ron si mise sulla difensiva, ricambiando di buona misura l'occhiata astiosa di Harry.
«Hai bisogno di Malfoy per farti difendere anche fuori dal campo?» borbottò Ron, aspro, squadrando Draco da capo a piedi con un'occhiata valutativa.
«Non ne ho bisogno.» ribatté altrettanto aspro Harry. «Ma non si sa mai, che non debba finire col separarci.»
«Come se 'Mione non ne fosse capace.» sospirò nervoso il rosso.
«Oh Hermione è capace di reggere molte più cose di quanto dovrebbe, a quanto pare.» rise sarcastico Harry. «Mi sembrava solo carino non metterla in mezzo. Ma mi sa che sei proprio tu che ami tirare in mezzo persone che non c'entrano.»
Hermione e Draco si scoccarono un'occhiata incredibilmente simile: erano turbati.
«Wow, Harry. Sembra d'essere tornati direttamente a sei anni fa, dritti senza interruzioni.» ribatté Ron.
«Forse perché dovreste chiarirvi una volta per tutte, possibilmente senza arrivare alle mani?» intervenne Hermione, spazientita. «Urlate quanto vi pare, ma bacchette e mani al loro posto, gentilmente.»
«No.» sbuffò Harry, muovendosi verso le scale, nervoso. «Non qui, perlomeno.»
Fece cenno a tutti di seguirlo e così fecero, sebbene Hermione e Ron sembrassero scettici.
«Non siamo soli qui dentro. Ci sono nostri compagni nelle altre camere, non è il caso di fargli sapere i fatti nostri e hanno diritto di riposarsi in pace prima di cena.» spiegò secco.
Li condusse alla propria stanza, e una volta dentro chiuse bene la porta a chiave ed isolò l'ambiente in maniera tale che dall'esterno nessuno potesse sentirli. Ron ed Hermione si erano messi in piedi al centro del tappeto, Draco era rimasto più vicino ad Harry ma s'era dissociato un minimo andando a piazzarsi spalle al muro e braccia incrociate.
«Perché siete qui?» fu la prima cosa che disse Harry, sbrigativo, non appena si voltò di nuovo verso i due ex amici.
«Perché siete due uomini, anche se vi comportate come quando avevate quattordici anni.» spiegò Hermione, spazientita. «Ed è il caso che dopo tutti questi anni vi chiariate e vi chiediate possibilmente scusa.»
«Sul serio?» commentò con un sorriso incredulo e sarcastico Harry. «E di cosa dovrei scusarmi, Hermione? Di aver tradito Ginny? Mi sono scusato con lei, e solo con lei dovevo farlo. Il resto della famiglia non c'entra niente: ho tradito lei non voi.»
Ron fece un respiro profondo, aveva in faccia una smorfia incerta, ma incapace di deturparne il bel viso.
«Senti, mi dispiace.» dichiarò in tono ben chiaro, deciso. «Di averti picchiato, di aver tirato in mezzo Hermione, di aver sospettato di lei...»
Harry lo interruppe, alzò di poco la voce.
«Di avermi scaricato, di avermi messo contro tutta la famiglia - l'unica che avessi -, di aver fatto diventare le mie giornate a lavoro e con gli amici imbarazzanti e spiacevoli, di avermi levato tutto? Ti dispiace anche di questo Ron?»
«Sì.» ammise l'altro fra i denti. «Mi dispiace di tutto, Harry. Di aver avuto sempre un complesso di inferiorità enorme nei tuoi confronti, di non esserti stato amico fino alla fine.»
Harry sembrò spegnersi un po', assunse un'espressione un po' spaesata, scevra della sua rabbia iniziale.
«Ed io di cosa dovrei scusarmi dunque? Di averti picchiato per difendermi?»
«Di non avermi trattato come tuo amico.» rispose Ron, più mite, suonava triste.
«Eh?» commentò Harry, spiazzato.
«Eravamo migliori amici, te lo ricordi?» disse il rosso, guardandolo negli occhi, amareggiato. «L'hai detto così tante volte anche tu mentre litigavamo: abbiamo combattuto una guerra e rischiato di morire fianco a fianco così tante volte, non era un legame banale o scontato il nostro, eri un fratello per me. Eppure, giorno dopo giorno lentamente prendesti ad ignorarmi, tanto che già qualche mese prima della questione con Ginny mi parlavi a stento come se mi stessi allontanando. Ma non avevo il coraggio di parlartene, queste cose non le discutiamo, noi ragazzi, sono stronzate da femmine, pensavo. Poi all'improvviso beh... la storia di Ginny. Ero arrabbiato perché l'avevi tradita, ma anche spaventato. Perché non ti riconoscevo più, ero tuo fratello quasi eppure non parlasti nemmeno a me di questa cosa. Fu una doccia gelata ero nuovamente il ragazzino inferiore e a malapena degno di fare da spalla al grande eroe.» sospirò, con un sorriso beffardo, rassegnato. «Ginny non voleva dirmi cosa era successo, era sconvolta e ho avuto un sacco paura prima di riuscire a farla sfogare e confessare perché l'avessi lasciata. Improvvisamente mi sembrava di non conoscerti più, di non esserti mai stato amico, ma solo un aiuto di passaggio nella tua vita finché c'era da compiere la tua missione. Di questo vorrei che ti scusassi: tu hai buttato via me molto prima che io facessi il contrario.»
Harry era spiazzato, confuso, non aveva provato ad interromperlo nemmeno una volta. Hermione fissava il pavimento, Draco una parete lì di fronte con aria vacua.
«Perché...» mormorò Harry. «...te la sei presa con Hermione? Come hai potuto tormentarla tutti questi anni?»
«Perché ero sconvolto Harry, come se tu fossi morto quasi.» ammise imbarazzato il ragazzo. «Il non sapere di questo aspetto della tua vita mi sembrava una cosa insopportabile, se non me l'avevi detto, se ti eri allontanato a quel modo, doveva esserci qualcosa di terribile sotto. Qualcosa di inconfessabile anche davanti ad un fratello. Era diventato un chiodo fisso, quest'idea, mi ha tormentato per anni.»
«Non...» prese a dire Harry, titubante. «...non è qualcosa di cui posso scusarmi, Ron. L'amicizia e l'affetto non sono contratti vincolanti. Se non volevo parlarti più come prima e confessarti una cosa simile è perché...»
«È perché ero io.» intervenne Draco, la voce bassa e un po' cupa come il suo sguardo.
Calò un silenzio confuso, specialmente da parte di Ron ed Hermione. Harry sgranò gli occhi e gli lanciò uno sguardo stupefatto.
«Ero io la persona con cui ha tradito tua sorella.» chiarì con un profondo sospiro liberatorio.
Hermione si portò una mano alla bocca, fissando i due ragazzi una volta ciascuno, incredula.
«Cosa?» mormorò Ron, sul cui viso passarono prima stupore, poi confusione e poi incredulità. «Stai scherzando, vero?»
Draco si staccò dalla parete, coprì in due passi calmi la distanza che lo separava da Harry e ne cercò lo sguardo fermandoglisi vicino.
Harry lo fissò negli occhi e sul suo viso comparve un'espressione incredibilmente soddisfatta.
Draco si chinò di poco su di lui e gli baciò velocemente le labbra, prima di tornare a cercare Ron con un'occhiata serissima.
«No, non scherzo.»
Hermione sembrava pietrificata, Ron divenne leggermente più rossastro sulle guance.
«N-non.» balbettò il rosso. «Perché...tu cioè non? Harry?» risolse, con una punta acuta di panico nella voce, cercando lo sguardo dell'ex migliore amico.
Ma fu ancora Draco a parlare.
«Non te l'ha detto perché doveva restare un segreto, perché si era innamorato di me e rispettava il mio essere un dannato vigliacco. Avevo terrore che mio padre e mia madre mi avrebbero allontanato, scoprendo una cosa simile. Realisticamente mio padre mi avrebbe massacrato di botte, di questo ne sono sicuro. Ma ora non ha più importanza, potete dirlo a chi vi pare e smettere di dare il tormento ad Harry, possibilmente.»
Cadde un altro minuto di allibito silenzio, rotto stavolta da Hermione.
«Voi due siete rimasti... insieme, tutti questi anni?» mormorò titubante.
«No.» ammise Draco. «Ci siamo allontanati e ritrovati di recente, e ti prego di tenere la curiosità per te perché non intendo rispondere ad altri quesiti. Forse non avendo mai avuto né un fratello né un migliore amico non sono capace di capire i sentimenti di Weasley, ma penso che certe cose debbano rimanere totalmente private o nell'intimità di una coppia: questa era una di quelle.»
«Ma quindi, aspetta, ora state insieme?» bofonchiò Ron. Hermione gli rifilò una gomitata.
«Va bene così.» commentò la ragazza, risoluta.
Harry e Draco si scambiarono un'occhiata fugace a quella domanda, interdetti.
«Mi dispiace di averti tagliato fuori, Ron.» ammise alla fine, riluttante Harry. «O meglio, mi dispiace di averti ferito. Questo era qualcosa che non ritenevo di dover condividere con nessuno, per i motivi appena spiegati.»
«Non avresti potuto cercare di spiegarmelo almeno in maniera vaga?.» mugugnò Ron, avvicinandosi timidamente di qualche passo.
«Qualsiasi cosa ti avessi detto ti avrebbe solo irritato e incuriosito di più Ron, non potevo fare diversamente.» sospirò il moro.
Ora erano fermi uno di fronte all'altro, avevano abbassato drasticamente i toni e sembravano più rilassati, ma anche vagamente imbarazzati.
«Harry tu... sei gay?» mormorò perplesso il rosso.
«Diciamo che gioco in ambo le squadre.» rispose quello, abbozzando un sorriso.
Ron sorrise di rimando, ma durò un istante perché dopo tornò subito serio.
«Vorrei... poter essere nuovamente tuo amico Harry. Non dico il migliore amico di un tempo ma, anche solo amico. E vorrei che venissi al nostro matrimonio. L'idea di sposarmi senza averti al nostro fianco o senza nemmeno aver fatto pace.. cioè, sì è stato ciò che mi ha fatto male abbastanza da riflettere bene su tutta questa storia.» ammise, un po' a fatica.
Harry, fissato attentamente da tutti e tre, apparve palesemente dubbioso.
«Ron, penso che il motivo per cui ho iniziato a lasciarti indietro sia stato il senso di colpa perché mi ero reso conto da mesi di non amare più Ginny, e poi beh il senso di colpa per averla tradita del tutto. O forse semplicemente la paura che si arrivasse a litigare. Cosa che è comunque successa alla fine. Voglio riavervi come amici, sia te che Hermione, ma non credo che venire al vostro matrimonio sia una grande idea. Ci sarà tutta la tua famiglia e...»
Ron lo guardò con un pizzico di panico e lo interruppe.
«Ho tirato io in mezzo la famiglia. Chiarirò io con loro, Harry. Senza... beh senza spiegargli di te e Malfoy ovviamente.»
«Credi di poterci riuscire?» Harry sorrise scettico.
«Non lo so, ma voglio provarci almeno. E in realtà credo non sia poi così impossibile. A mamma mancavi molto anche se non lo voleva ammettere.»
«E Ginny?» mormorò Harry. «Lei come sta?»
«Piuttosto bene. Cioè ha passato un brutto periodo ovviamente, ma poi ha avuto qualche altra storia e ora sta decisamente tranquilla.»
Harry si massaggiò una tempia, chiuse gli occhi e si fermò a pensare per diversi attimi. Alla fine tornò a fissare Ron dritto negli occhi con aria decisa.
«Ron, mi farebbe molto piacere partecipare alle nozze, ma non voglio forzare nessuno a sopportare imbarazzi e fastidi in un giorno così speciale, che dovrebbe solo essere sereno. Quindi promettimi che se anche solo uno dei tuoi dovesse esprimere dissenso per la mia presenza me lo dirai.»
«E in quel caso non verrai?» obiettó Hermione, contrariata.
«In quel caso verró a darvi gli auguri ma non resterò per la cerimonia o il ricevimento.» dichiaró inflessibile.
«Anche uno solo dei miei?» bofonchió nervoso Ron. «Anche tipo... Percy?»
I tre non poterono impedirsi di ridacchiare.
«Ok, Percy no.»
«Anche perché a finire per fare a botte con lui non correresti molti rischi.» ironizzò il rosso.
Poi Ron tese la mano destra ad Harry, insieme ad un sorriso un po' contrito, dispiaciuto.
Harry gliela strinse dopo una lieve esitazione, e si scambiarono un'occhiata decisamente più tranquilla di poco prima.
Rimasero a chiacchierare ancora un po', e man mano che parlavano recuperavano gradualmente serenità, anche se ben lontani dalla complicità di anni prima. Draco rimase in silenzio, in disparte, bersagliato occasionalmente dalle occhiate dissimulate di Hermione e quelle invece più curiose di Ron, tuttavia entrambi privi di ogni vena astiosa di fondo.
Alla fine Hermione abbracció Harry a lungo, con Ron si scambiarono un'altra stretta di mano, con Draco un saluto sterile di circostanza, e la coppia si smaterializzò.
Una volta rimasti soli, Draco, che ancora fissava il punto in cui era appena scomparso Ron, mise su un sorrisetto volpino.
«Ora ho capito perché Granger non l'ha mollato, nonostante tutte le cazzate che lui le ha detto.»
«Hey!» lo rimproverò Harry, rifilandogli una gomitata scherzosa.
«Dai. Non dirmi che non l'hai pensato anche tu, non ci credo.» sogghignò il biondo.
«Sì, è diventato davvero un bell'uomo, ma Hermione non è così superficiale da...» esitò. «...ok, va bene l'ho pensato anche io per un attimo.» ammise infine.
Risero entrambi, come non facevano da tempo.
Andarono a sedersi sul letto uno accanto all'altro, Draco si fece lentamente silenzioso e pensieroso.
«Tu vuoi andare al matrimonio?» chiese senza guardare il moro.
«Mh?» mugugnò Harry, un po' spiazzato.
«Intendo, ci vuoi andare davvero o in realtà speri che non riesca a convincere la famiglia?»
«Non lo so nemmeno io sai?» ammise Harry, sfilandosi le scarpe e tirandosi indietro, sul letto, su cui finì disteso alle spalle di Draco. «Vorrei rivederli, forse anche fare pace. Ma una parte di me vorrebbe semplicemente dimenticare e lasciare tutto com'è.»
Draco lo ascoltava fissandosi le ginocchia, nuovamente un po' spento.
«Se ci tieni davvero ad andare e pensi possa servire beh...» inghiottì a vuoto. «...digli di riferire che la misteriosa amante ero io. Temo proprio che il perché tu hai mantenuto quel segreto sia la chiave capace di sbloccare questa situazione.» concluse, un po' teso.
Harry sgranò gli occhi, stupito e gli andò ad afferrare un polso, in una stretta dolce, gentile.
«Draco. Grazie per esserti esposto a quel modo per difendermi.»
Il biondo fece spallucce.
«Sai, è stato quasi... liberatorio.» ammise a voce bassa. «Mi sembra di avere un peso in meno sul petto.» torse un po' il polso per arrivare a stringergli la mano.
Harry gli fece un sorriso enorme e senza preavviso lo strattonò con forza da quella presa alla mano, tirandoselo addosso.
Draco, impreparato a quel gesto, finì per sdraiarglisi in parte addosso, petto contro petto.
Sciolsero l'intreccio delle dita in quella nuova posizione, Harry gli strinse le braccia al collo avvicinandoselo al volto.
Si guardarono negli occhi a un palmo di distanza, fissi come se stessero cercando qualcosa di più profondo e difficile da scorgere del semplice rispettivo colore dell'iride.
Un attimo dopo chiusero la distanza praticamente insieme, unendo le labbra timidamente con un massaggio a bocca chiusa come fossero due adolescenti al primo bacio.
Chiusero gli occhi e i piccoli movimenti del capo si fecero più marcati: Harry aveva aperto la bocca per primo, e con la lingua l'aveva portato a schiudere la sua. Da dolce ad affamato il passo fu breve, mentre le rispettive mani azzardavano qualche carezza da sopra i vestiti.
Draco rialzò di scatto il capo, il respiro lievemente più accelerato. Tornarono a guardarsi negli occhi e il biondo sussurró dubbioso.
«Sei sicuro?»
«Io sì, e tu?» rispose senza alcuna esitazione l'altro.
Draco fece un sorriso incerto, sembrava improvvisamente cauto. Si tirò indietro rimettendosi seduto e tese le braccia al busto dell'altro. Andò a sollevargli la maglietta in una carezza lenta, passando i polpastrelli sulla muscolatura agile e asciutta dall'addome al petto. Harry ebbe un piccolo brivido capace di fargli accelerare i battiti e inturgidire i capezzoli. Rimase steso in maniera del tutto passiva, lasciando al biondo modo e tempo di spogliarlo come preferiva.
Draco andò con molta calma. Privato l'altro della maglietta passò a sbottonargli i jeans, ed anche quelli insieme alla biancheria finirono abbassati e sfilati con la cura dolce con cui si toccherebbe una statua sacra. Fra le cosce di Harry il suo sesso era leggermente più gonfio del normale, ma lontano dallo stato eretto, anche se minacciava di diventarlo minuto dopo minuto sotto le semplici carezze che Draco prese a fargli un po' ovunque.
Harry tese dunque le sue di braccia andando a scalzare la maglietta dell'altro. Draco calciò via una scarpa per volta e salì carponi sul letto. Il moro allargò le gambe e fu un invito irresistibile per l'altro che ci scivolò in mezzo subito.
La calma cauta, timorosa che aveva avuto fino a quel momento venne lentamente meno carezza dopo carezza. Draco si chinò fino a portare il volto all'altezza del cuore di Harry, baciò la pelle un paio di volte. Poi i baci andarono in discesa, dal petto al ventre lungo la linea centrale fino all'ombelico, e sempre più giù. Harry fremeva, ogni bacio era un piccolo brivido e ormai il suo pene stava completando un'erezione di tutto rispetto. Draco smise di scendere quando raggiunse proprio il suo sesso teso. I primi contatti furono semplici baci, vicino alla punta, sull'asta, non avevano un ordine preciso ma fecero sospirare Harry rumorosamente. Poi lo leccò e fu a quel punto che il moro gli prese a carezzare la testa nervosamente, occhi socchiusi ed aria decisamente compiaciuta. Draco levò la lingua dalla pelle calda dell'altro solo per qualche istante, perché un attimo dopo lo prese in bocca. Fra le sue labbra, che iniziarono a succhiare e sfregare con una dolcezza quasi servile e riverente, l'erezione di Harry si completò all'istante.
Il moro aveva gli occhi lucidi dall'eccitazione, l'aria distratta, ma puntava la testa bionda di Draco e solo quella. Fu dopo alcuni minuti a quel ritmo che dolcemente gli spinse via la testa.
Draco rialzò il capo con le labbra ancora arrossate e lucide, e lo squadrò con aria interrogativa.
«Vieni qua, sdraiati.» lo richiamò Harry.
Il biondo obbedì, risalendo carponi il corpo dell'altro prima di sdraiarsi al suo fianco.
Harry gli cedette il posto, andando di fatto ad invertire le posizioni e scivolando in ginocchio accanto a lui. Gli andò a sfilare pantaloni e biancheria, anche se con una punta di cautela e timore in meno di quanta ne aveva avuta il compagno poco prima. Nell'abbandonare i pantaloni a terra, oltre il letto, tuffò una mano nella sacca sportiva che teneva sempre lì sotto e ne prelevò l'ormai fedele barattolino di unguento rosso pallido. Draco lo fissò col respiro accelerato ed un'aspettativa capace da sola di riempirgli un'erezione completa.
Harry prelevò un po' di crema, e con quella stessa mano umida impugnò il pene di Draco che finì di farsi durissimo già dopo pochi massaggi. Il biondo era stordito, stupito quasi da quella mossa, ma non fece nulla per contestare e si limitò ad un sospiro pesante di piacere.
Harry gli salì cavalcioni in grembo con estrema cura, puntandosi la sua asta tesa fra le natiche, contro l'ano. Fu lento, graduale, si lasciò penetrare di pochi centimetri, e quando già la punta fu dentro il suo corpo bollente, Draco gli afferrò di scatto le cosce e si tese tutto. Poi scese lentamente, centimetro dopo centimetro si stava impalando sempre più a fondo finché non finì completamente seduto sulle cosce del biondo. Rimase fermo lì per qualche attimo, il respiro velocissimo e il pene che ciondolava ancora lucido di saliva, ancora durissimo fra le cosce spalancate.
Draco prese a graffiargli dolcemente la pelle coi polpastrelli, a risalire verso i suoi fianchi e poi tornare a inseguire la muscolatura definita e potente delle cosce del suo amante. Harry si chinò verso di lui, posò le mani sul suo petto ed iniziò a muovere i fianchi. Prima fu solo un ondeggiare cauto, poi un sollevarsi e abbassarsi lento e Draco chiuse gli occhi, il viso stravolto dal piacere. Fu così, senza nemmeno guardarlo, che con la mancina scivolò dalla coscia al pene del ragazzo, ne carezzò i testicoli a mano piena e sentì Harry fremere, sospirare, contrarre ogni muscolo. Iniziò dunque a masturbarlo e di tutta risposta le spinte del suo bacino iniziarono a farsi più decise. Sembrava quasi una gara, minuto dopo minuto a chi dava più piacere all'altro, chi impalandosi sul suo pene, chi masturbandolo con insistenza lungo i punti più sensibili. Tenevano entrambi gli occhi chiusi, perché le poche volte che si sbirciavano a vicenda sembravano sul punto di cedere, di venire subito.
Quella gara, condita di carezze distratte, casuali, di gemiti sempre più intensi, raggiunse il suo culmine quando Harry aprì gli occhi e parlò, con la voce scurita dall'eccitazione in mezzo a quelle spinte e pentrazioni che lui stesso si stava infliggendo.
«Draco...»
Il biondo riaprì gli occhi, ritrovandosi davanti al sorriso più malizioso e invitante che Harry potesse proporgli.
«Vieni dentro di me.» sussurrò quell'ordine caldo, dolcissimo, che bastò da solo a finire di sconvolgere il biondo.
Draco smise del tutto di masturbarlo e andò piuttosto a serrare ambo le mani ai suoi fianchi, acchiappandolo possessivo mentre iniziava a spingere forte da sotto corrispondendo il ritmo delle spinte di Harry.
Tempo pochi istanti, in un crescendo di respiri affannati, gli rifilò le ultime due o tre spinte più secche e gli schizzò dentro il proprio orgasmo, che Harry incassò con un fremito compiaciuto. Continuò a muovere il bacino in maniera sempre più dolce e lenta, accomapagnandone il piacere fino alla fine, finché non lo sentì rilassarsi.
Draco aveva ancora il fiato corto e gli occhi socchiusi quando tornò a cercare il pene di Harry, durissimo e pulsante, insoddisfatto.
«Vieni su.» lo chiamò con la voce ridotta ad un sussurro rauco, sensuale.
Il moro risalì a carponi, guidato dalle mani di Draco: con una lo masturbava, con l'altra lo spingeva dolcemente sul fianco per portarselo vicino. Gli gattonò sopra finché non arrivò a scavalcare sta volta la sua testa fra le proprie gambe, il pene teso all'altezza della sua bocca. Harry dovette aggrapparsi forte alla testiera del letto in quella posizione quando Draco lo prese in bocca, e lo iniziò a succhiare forte. Non fu in grado di impedirsi di spingergli un po' contro la testa, specialmente quando le mani forti dell'altro gli afferrarono le natiche in una carezza piena. Harry chiuse gli occhi, non durò nemmeno un minuto a quel ritmo e gli venne praticamente in gola, fremendo ulteriormente di piacere quando sentì l'altro continuare a succhiare, mandare giù il suo seme.
Draco non mosse alcuna resistenza, accompagnando il piacere dell'altro come lui aveva fatto poco prima: fino alla fine, sempre più dolcemente.
Quando Harry tornò giù dovette muoversi con cautela, aveva le gambe infiacchite dall'allenamento, dall'aver cavalcato a lungo il compagno, dal recente orgasmo. Si sdraiò in parte addosso a lui, la testa riversa sul suo petto, e Draco se lo abbracciò docilmente, carezzandolo a più riprese fra i folti e spettinati capelli scuri. Rimasero così finché i loro corpi non persero quel calore eccessivo che si era innescato sottopelle, finché non fu il momento di fare la seconda doccia nell'arco di una sera, insieme. Così come insieme finirono per andare a dormire.

London White Owls [Drarry]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora