L'acqua della vasca era ormai meno che tiepida e i suoi biondi capelli corti quasi completamente asciutti. Draco era rientrato a casa solo nel tardo pomeriggio dopo la partita e si era subito chiuso nell'elegante bagno privato della sua stanza. Era una sala rivestita di piastrelle scure lucide, ed eleganti inserti in marmo grigio carnico dal bel nero venato di bianco. La vasca era smaltata, piazzata in mezzo alla sala su un paio di robusti piedini d'ottone smagliante. Uno sgabello lì accanto reggeva il vassoio del pranzo che l'elfa domestica gli aveva magicamente spedito su ore prima. Le pietanze erano intonse ed ancora elegantemente impiattate. Il ragazzo aveva la testa abbandonata all'indietro sul lato reclinato della vasca, il corpo completamente immerso fino al petto e le braccia penzoloni oltre i bordi. I suoi indumenti erano sparsi sul pavimento. Alla destra della vasca, una graziosa bottiglia era riversa a terra, scheggiata da un lato e contenente pochi sorsi di un tenue liquido ambra scuro.
Aveva le palpebre pesanti sullo sguardo distante e vuoto, le mani dalle nocche rosse di escoriazioni erano perfettamente immote. Se non fosse stato per il respiro lento e regolare sarebbe potuto sembrare morto.
La calma piatta venne interrotta da un bussare leggero alla porta. Lui non rispose, a stento ruotò in ritardo la testa verso l'uscio socchiuso.
«Signore, la padrona si è svegliata e desidera cenare con lei.» spiegò la vocetta remissiva e un po' rauca della vecchia elfa domestica.
Draco sbatte più volte le palpebre e tirò le braccia dentro la vasca. La pelle era arrossata e insensibile lì dove era rimasta premuta per ore sui bordi smaltati. Raccolse una manata d'acqua piena e se la tirò sul viso, recuperando solo un minimo di lucidità.
«Dille che sarò da lei entro un quarto d'ora e portami subito una tazza abbondante di quell'infuso che mi hai preparato l'ultima volta.»
«Quello per sopprimere gli effetti dell'alcol, signore?»
«Sì. Sbrigati.» ordinò fiacco artigliando i bordi della vasca con ambo le mani per riuscire a raddrizzare il busto. Ebbe un leggero capogiro ma riuscì a sorreggersi.
Un quarto d'ora dopo era vestito di tutto punto in pantaloni neri di broccato, scarpe lucide e una camicia scura ben stirata di cotone. Raggiunse sua madre senza segni evidenti della sbornia di poco prima, ben pettinato, sguardo sveglio e serio. Narcissa era sul suo letto, seduta con un gran numero di soffici cuscini a sorreggerle la schiena, le lenzuola sollevate fino in grembo. Alla camicia da notte aveva sovrapposto una lunga vestaglia da camera in raso nero, e la teneva ben chiusa nonostante il clima fosse temperato. Tutto quel tessuto scuro faceva sbiadire ancora di più la sua pelle slavata, tanto che persino i lunghi capelli raccolti in una semplice crocchia sembravano più bianchi che biondi ormai. Un vassoio da letto di legno, sistemato sulle sue gambe all'altezza giusta ospitava le poche portate della sua cena, un bicchiere d'acqua e alcuni piccoli bicchierini contenenti liquidi colorati e pasticche. Di fronte alla sedia accanto al letto l'elfa domestica aveva sistemato un tavolino e i piatti per la cena destinata invece a Draco. Il ragazzo si avvicinò alla madre, che gli tese debolmente una mano insieme ad un sorriso leggero. Le sfiorò le dita, gelide.
«Comunque solo la vedova dovrebbe portare il lutto e vestire di nero, non i figli.» lo rimproverò, la voce bassa graffiata da un'ironia sottile.
«Me l'hai già detto cento volte, madre.» sospirò Draco lasciandole la mano per andare a sedersi al suo posto. Iniziarono a mangiare con calma, lui svogliatamente, lei forzandosi a sorseggiare magre cucchiaiate di una crema di zucca.
«Non mi racconti com'è andata la partita contro Potter?» chiese lei dopo il primo cucchiaio.
Draco fermò le proprie posate per un attimo, il coltello ancora affondato in un filetto di carne rossa, che poi riprese a tagliare in maniera più netta.
«Male.» mormorò cupo, lo sguardo basso, evasivo.
«Di quanti punti avete perso?»
«Il problema non è il risultato del match.» spiegò, fissando con fin troppa attenzione il sugo sanguigno che scivolava dal cuore della carne cotta al punto giusto. «Ma l'annuncio che il nostro allenatore ci ha dato, a sorpresa, a fine partita.»
Narcissa lo fissò interrogativa.
«Ci ha venduti tutti ai London White Owls, senza consultarci, ad un mese e mezzo dal torneo di Agosto. Ha sciolto i Falcons, forse temeva che il buon nome della squadra potesse cadere più in basso dell'attuale lega, o forse è solo troppo vecchio e voleva andarsene in pensione senza cedere le redini a nessuno.» infierì sulla povera carne, sezionandola pezzo dopo pezzo in bocconi sempre più piccoli. «Non ha voluto sentir ragioni. Quindi ora abbiamo perso la nostra identità, siamo tutti delle fottutissime riserve e giochiamo per il fottutissimo Harry Potter.» quando pronunciò quel nome infilzò un pezzo di carne con fin troppa violenza e se lo ficcò in bocca masticandolo con la smorfia con cui avrebbe mangiato un grosso insetto viscido e non del manzo pregiato.
La madre sospirò.
«Per questo hai le nocche sfregiate?» gli fece notare cauta.
Draco si guardò le mani, inghiottì forzatamente.
«Sì. Ho dato qualche pugno ad un oggetto inutile per sfogarmi.» biascicò a sguardo basso.
«Non hai provato a proporgli qualche alternativa?»
«No, era tutto già deciso, non ha voluto sentir ragioni. Posso solo andarmene.»
«Perché dovresti?» commentò secca lei.
«Come perché? Non voglio umiliarmi sulla panchina della squadra di quel lurido mezzosangue o dover giocare fianco a fianco con lui.»
«Quindi rinunceresti alla carriera solo per questo?»
«Solo?!» esclamò indignato, lasciando ricadere le posate sul piatto della pietanza nemmeno smezzata.
«Se ciò che credi è vero, in merito alle intenzioni di Potter di boicottarti con tutte le sue forze, abbandonando lo sport che ami non faresti altro che renderlo grandemente felice.» commentò serafica Narcissa. Fece una pausa per sorseggiare l'ultima cucchiaiata di crema e poi proseguì, con calma. «Non lasciare che ti porti via tutto.»
«Qualunque cosa io facessi, lui vincerebbe comunque a prescindere.» spiegò Draco, accigliato. «Uscendo rimarrei senza una squadra per chissà quanto tempo, rovinando probabilmente la mia carriera e la mia reputazione agli occhi degli altri team per aver infranto il contratto, oltre a non poter giocare il torneo per cui mi sono preparato per mesi. Giocando male rimarrei umiliato in panchina. Giocando bene porterei gloria a lui e la sua fottutissima squadra.»
«E di queste tre opzioni, qual è quella che può portare un vantaggio a te, invece? Giocando bene avresti anche tu la gloria, e ti sarebbe più facile cambiare squadra verso una più consona nella Lega, no? Mi hai detto che la squadra di Potter è vincente, salirà alla Lega regionale quindi.»
Draco fece una smorfia nauseata. Raccolse il proprio calice di vino e se lo scolò in due sorsi. Non offrì nessuna risposta verbale alla madre, ma lei lo fissò a lungo e alla fine rise, debolmente.
«Povero figlio mio, la divisa dei London White Owls suppongo sia chiara.»
«Bianca come la dannata neve.» bofonchiò aspro.
Narcissa rise di poco più forte.
«Sarai il più bello. Voglio che la indossi e me la mostri presto. Sono stanca di vederti tutto nero come un corvo.»
Draco si chiuse in un silenzio riflessivo in cui finì di mangiare svogliatamente la carne e il contorno di verdure.
«Hai ragione.» annunciò dopo qualche minuto. In volto gli comparve un sorriso sinistro. «Giocherò.»
«Giocherai per...?» lo spronò a proseguire.
«Lo rovinerò dall'interno.»
«Sacrificheresti la tua carriera per bruciare la sua?» domandò scettica.
«Oh, ci puoi scommettere, madre.»
«Beh, è pur sempre un'aspirazione.» sbuffò. Poi si fece nettamente più seria. «Draco. Vieni qui e guardami negli occhi per favore.»
Il ragazzo la puntò confuso ma si alzò subito, andando a sedersi sul bordo del letto accanto a lei. Ne cercò gli occhi identici ai propri, trovandovi dentro un'intensità che cozzava con la fiacchezza del resto del viso. Narcissa gli afferrò una mano e prese a carezzargli lentamente le nocche ferite.
«Alla tua età si tende ad agire d'impulso, perché si è certi inconsciamente di avere sempre tempo per rimediare. È l'incoscienza della gioventù, ma alcune decisioni errate possono portare a conseguenze fatali e irreversibili. Promettimi che non farai nulla di cui potresti pentirti.»
Il ragazzo sgranò gli occhi, incapace di trattenere un piccolo fremito e lo sguardo di sua madre si fece vorace, severo.
«Ho già fatto qualcosa da cui non posso né voglio tornare indietro, ma di cui ti assicuro, non mi pento nemmeno un po'.» rispose asciutto il ragazzo, sollevando di poco il mento con aria sprezzante.
Narcissa lo studiò in perfetto silenzio per lunghi attimi. Gli carezzò le nocche sfregiate un'altra volta prima di tornare a parlare, debole.
«Lui ti salvò la vita. Due volte.»
«Sì, ed ora me la sta distruggendo pezzo per pezzo. Sarebbe stato più caritatevole lasciarmi morire fra le morse dell'Ardemonio di Crabbe.»
«Draco, ricordati sempre che nella pace si può cominciare a vivere. Nella guerra si può solo iniziare a morire.» sospirò lei, lasciandogli la mano per stendersi meglio sui cuscini. Sembrava improvvisamente, di nuovo, troppo stanca per continuare.
«Non è una guerra che ho iniziato io. L'ha cominciata lui, fin dal primissimo atto della nostra vita ad Hogwarts e dopo ciò che ha fatto a mio padre per me non è più possibile metterci una pietra sopra. Non posso fare altro che combattere o arrendermi.»
«Se è per salvarsi... la resa è solo la via più intelligente, Draco.» mormorò la donna, la voce che si affievoliva sempre di più. Infine chiuse gli occhi e si assopì.
Tre giorni dopo l'amichevole, alle cinque del pomeriggio gli atleti si riunirono in campo per il loro primo allenamento congiunto. C'erano praticamente tutti all'appello, anche coloro che si erano dimostrati più scettici alla fusione da parte di ambo i team. L'umore generale non era dei migliori, Draco ed Harry evitavano tassativamente di guardarsi e stavano ai lati opposti del semicerchio formato da tutti i compagni intorno all'allenatore. Le uniche che sembravano più che contente di tutta quella situazione erano le tre cacciatrici, che sbirciavano spesso e volentieri Draco e l'ex portiere dei Falcons perdendosi in risolini civettuoli e commenti sottovoce.
Tutti gli ex giocatori appena integrati nel team vestivano le nuove uniformi bianche. Draco calzava la sua alla perfezione. Col fisico più equilibrato di tutti in seno ad altezza e muscolatura, insieme a quei corti capelli biondissimi, spiccava notevolmente.
Anche l'allenatore sembrava come di consueto vitale e sorridente: a bordo campo sedeva l'anziano ex coach dei Falcons.
A prendere parola fu l'americano.
«Buon pomeriggio, sono felice di rivedervi tutti qui. Vi starete chiedendo perché solo i nuovi arrivati hanno l'uniforme della squadra addosso. Presto detto: per i primi periodi dovrete giocare solo con la divisa, per abituarvi a volare con questo nuovo assetto. Inizialmente può sembrare del tutto identico al vecchio, ma in velocità vi renderete conto del minore livello di attrito e disturbo. Non abbiate timore per la stagione calda alle porte: è fresca e leggera. Ma ora bando alle ciance. Inizieremo subito col trattare un po' di teoria per confrontare i diversi metodi di allenamento e le esperienze pregresse, nonché i fondamentali. Dunque procederemo col riscaldamento e le prove di velocità e scatto, così da farvi ambientare subito. Dopo passeremo agli allenamenti mirati: passaggi, presa, marcature, bolidi, tiri agli anelli eccetera. Per finire faremo una breve partita a punti di soli trenta minuti.»
«Sembra più leggero dei nostri allenamenti soliti, coach.» commentò curiosa la cacciatrice più giovane.
«Inutile strafare fin da subito con gli allenamenti intensivi Carol.» osservò saggia una delle sue compagne. «Dobbiamo imparare a conoscerci come atleti prima.»
«Esattamente!» confermò soddisfatto il coach. «La prima partita delle qualificazioni la giocheremo il primo Agosto, abbiamo solo un mese e mezzo per trovare affiatamento e formazione migliore.» l'ultima parte del discorso lo vide bersagliato da occhiate dubbiose. L'uomo sospirò.
«Beh, inutile evitare il discorso ragazzi miei, l'avrete già immaginato da soli. In questi due mesi approfitteremo delle sei partite amichevoli programmate nelle prossime settimane per testare diverse combinazioni della formazione titolare. Al termine del periodo potrebbero esserci quindi dei cambiamenti nelle formazioni attuali. Il posto di nessuno di voi è certo, attualmente, dunque: impegnatevi sempre al massimo!»
L'allenamento ebbe inizio. Per quasi un'ora si affrontò il tema più teorico, discussioni tattiche e aggiornamenti sulle modalità d'azione della nuova squadra. L'ora successiva fu praticamente una prova di volo e la gestione dei fondamentali per controllare meglio punti di forza e zone buie di ognuno, insistendo sul sottolineare le azioni fallose e disincentivarle.
Harry e Draco si evitarono in ogni modo anche solo in volo, ognuno concentrato sui propri esercizi. Fu complessivamente un allenamento lento, leggero, tanto che nonostante le diverse ore passate fu necessaria solo una breve pausa per far riprendere fiato a tutti. Verso le otto, quando il sole stava iniziando a calare marcatamente all'orizzonte, i quattordici atleti vennero divisi in due squadre per giocare la breve amichevole a punti di mezz'ora. Ci furono però già i primi rimescolamenti fra le formazioni, e il coach garantì che fossero state tutte sostituzioni casuali. Harry venne scambiato col giovane cercatore degli ex Falcons, e stessa cosa avvenne per il portiere Campbell che sostituì il biondo Sanders, mentre Turner, uno dei battitori dei White Owls andò ad affiancare Draco in difesa.
Mentre tutti prendevano posizione e la partita aveva inizio, a bordo campo l'americano e l'anziano ex allenatore si scambiarono qualche chiacchiera discreta.
«Non sono state scelte casuali le tue, vero?» commentò serio il vecchio.
«Diciamo che potrei aver detto una piccola bugia a fin di bene.» ammise con un sorriso mascalzone l'altro.
«Sappiamo già benissimo chi sono gli elementi più forti che dovrebbero rimpiazzare i tuoi come titolari: Sanders agli anelli al posto di quel Campbell che stava per farvi perdere persino l'amichevole di tre giorni fa. E Malfoy al posto di quella testa calda di Turner. Volendo un poco di aggressività in più potresti sostituire entrambi i battitori in realtà o una delle cacciatrici. Hunt è brava ma non ha resistenza. Perché non hai provato direttamente questa formazione?»
«Per ora non sono interessato a raggruppare i migliori a livello tecnico ma a valutare altri elementi come la sinergia ed altre condizioni. Non voglio vedere il meglio, ma la peggior formazione possibile. Ed eccocela qua: portiere mediocre, cacciatori inferiori, un battitore lento, più Potter e Malfoy che hanno ancora chissà quali attriti storici irrisolti.» dichiarò soddisfatto.
«Mh, se cercavi il peggio nella sinergia allora lo vedrai presto.» ghignò l'anziano sollevando il capo per puntare, fra tutti, proprio Draco.
Fin dall'inizio la partita prese una brutta piega per il temporaneo team del capitano. Per quanto Harry fosse agile e avesse quasi acchiappato il boccino nei primi dieci minuti, la difesa era quasi completamente assente e di conseguenza pativa molto in libertà d'azione. Turner, il battitore della sua stessa squadra non era mai stato particolarmente abile o veloce per potergli stare dietro, lo perdeva spesso di vista lasciandolo scoperto. Draco invece che avrebbe potuto facilmente rimediare a questa lacuna visto quanto era agile nella nuova uniforme, sembrava proprio del tutto disinteressato dal provare a difendere Harry dai bolidi. Rimase focalizzato unicamente sul bersagliare in maniera ineccepibile gli avversari, arrivando quasi a disarcionarne il cercatore. Poi, verso gli ultimi minuti, quando la squadra di Harry era sotto di 50 punti e fu chiaro che non avrebbero potuto rimontare, Draco si ritrovò in una situazione peculiare. Aveva scagliato un bolide su una cacciatrice che l'aveva schivato agilmente, ed ora la palla stava puntando in linea d'aria verso il punto dove si trovava Harry. Draco non aprì bocca per avvisare l'altro ragazzo che era di spalle. Sotto gli occhi basiti di metà della squadra non solo il biondo rimase in silenzio con un piccolo sorriso compiaciuto, ma si girò ignorando del tutto il bolide e il pericolo imminente. Prima che chiunque della squadra potesse dire alcunché comunque, Harry si scostò da solo dalla traiettoria per un banale involontario spostamento laterale.
Quando il match finì, 80 a 40 e tutti si rilassarono volando verso il centro del campo, gli allenatori sembravano molto soddisfatti. Turner affiancò Draco in volo squadrandolo con un cipiglio divertito.
«Hey, Malfoy! Guarda che adesso giochi con noi, devi proteggerlo Potter che ti piaccia o meno, non cercare di abbatterlo di striscio.»
Diversi risero.
Draco gli rivolse uno sguardo gelido, ma non rispose. Atterrarono e si riunirono al cospetto degli allenatori che senza ulteriori indugi li spedirono a cambiarsi, allontanandosi a loro volta. Harry però, con un piccolo scatto svelto si parò davanti a Draco bloccandone l'avanzata. Tutti lo guardarono curiosi.
«Io e Malfoy resteremo qui un altro po' a far pratica coi bolidi, andate pure.» suonava sbrigativo ma tranquillo.
Sebbene alcuni avessero un'aria dubbiosa si limitarono ad annuire e sparire verso gli spogliatoi. Draco lo fissò in faccia per la prima volta quella sera, riservandogli un cipiglio freddamente nervoso. Lui aveva ancora la sua mazza in mano e vi rassicurò la presa saldamente.
Provò a smarcarsi, ma il moro tornò a sbarrargli la strada e lui perse subito la pazienza.
«Levati di mezzo, Potter!» sbottò nervoso.
Harry non si spostò, gli stava dritto davanti e lo fissava in faccia con una smorfia di profondo disgusto.
«Sei tu che mi hai lasciato.» gli disse di punto in bianco, cupo.
Draco spalancò gli occhi e si guardò un paio di volte attorno.
«Che cazzo ti prende?» sibilò.
«Sei scappato, Malfoy.» ripeté Harry, e quella smorfia disgustata sul suo viso si aprì in una gradualmente più rancorosa.
«Smettila con queste stronzate. Vuoi che qualcuno ti senta?» ruggì Draco, facendo scattare la mano armata ancora della mazza con cui vibrò una spazzata violenta diretta al capo dell'altro. Harry lo schivò di buona misura.
«Sei tu che hai rovinato la mia di vita e forse anche la tua. Lucius ha avuto solo ciò che meritava.» insisté Harry sempre più furioso.
Un'altra mazzata rischiò di prenderlo in pieno volto e sta volta per schivarla dovette arretrare di un passo abbondante con tutto il corpo.
Il moro infilò due dita fra le protezioni in cuoio che gli rivestivano l'avambraccio sinistro mentre Draco si riavvicinava minaccioso. Ne estrasse una bacchetta che brandì puntandola subito al suo petto.
Draco sgranò gli occhi ed una scossa di allerta gli passò sul viso.
«Quella è l-» Harry non gli fece finire la frase, con una rotazione fulminea del polso gli scagliò contro un potente Everte Statim che lo buttò violentemente a terra dopo un volo di qualche metro. Malfoy perse la presa sulla mazza, che venne scagliata prontamente via da Harry prima ancora che toccasse terra.
«La tua bacchetta, sì.» completò la frase in un sibilo aspro, avvicinandosi a grandi passi.
Draco, la cui caduta era stata attutita dalle protezioni dell'uniforme e dal suolo erboso, si rialzò abbastanza in fretta.
«Ridammela subito! Quello che hai commesso è un reato, Potter.» ringhiò nervoso.
Harry fece un sorriso strano, profondamente infelice a giudicare dalla contrazione ironica delle sopracciglia.
«Abbiamo avuto fin da subito un certo feeling, io e la tua bacchetta.» spiegò sprezzante e ironico. «Mi fu immediatamente fedele nell'attimo in cui la vinsi dalle tue mani. Questa è stata la bacchetta con cui ho sconfitto Lord Voldemort, e anche nel venire usata contro il suo stesso legittimo padrone...» la agitò in un colpo secco, che mimava un corto fendente. Il risultato fu una botta consistente contro il braccio destro di Draco, capace di superare persino la protezione del cuoio e strappargli un verso basso di dolore. «...continua ad essere fedele a me. Forse non avrei proprio dovuto ridartela. A proposito, levami una curiosità: fu solo per riaverla che ti avvicinasti a me alla fine della guerra o ti piacevo davvero?» un altro movimento e una nuova fattura partì alla volta del biondo, che però fu più rapido e scattò lateralmente.
Draco fece scena muta, il viso distorto da una smorfia a metà fra timore e semplice rabbia. A furia di arretrare era arrivato a margine del campo. Il cielo era in pieno tramonto, la luce iniziava a scarseggiare, orientò uno sguardo fulmineo all'uscita che portava agli spogliatoi, deserta.
Quando con la coda dell'occhio vide Harry rialzare la bacchetta scattò più veloce che potè e scavalcò la ringhiera di legno che divideva il bordocampo dalle alte file degli spalti. L'incantesimo del moro si infranse sulle assi compatte dietro cui l'altro si chinò subito a cercare riparo.
Draco si abbassò fino a sdraiarsi di pancia a terra. Fece una smorfia acuta di dolore quando poggiò la mano destra al suolo, ma non perse tempo e si infilò subito sotto le prime panche a gradoni proprio mentre Harry scavalcava a sua volta la ringhiera di legno.
«Sai solo scappare.» sbottò collerico il moro, che aveva ormai perso ogni briciolo di pazienza.
I loro movimenti furono frenetici, uno in fuga e l'altro all'inseguimento. Draco sgattaiolò sotto l'intricata selva di grosse travi di supporto che reggevano l'impalcatura a gradoni, tutta di legno e ferro, ed Harry che lo inseguiva era sempre più furente. Lì sotto era difficile vedere bene, fuori era ormai svanito ogni barlume di luce diurna e le poche lanterne che erano state accese a bordo campo, infilandosi fra le feritoie degli spalti, creavano piccole fasce visibili alternate a grosse ombre cupe.
Erano a pochi metri di distanza, ormai infilati abbastanza in fondo alle gradinate da stare tranquillamente dritti in piedi.
«Lumos.» sussurrò Harry. La luce che si accese dalla bacchetta lo aiutò a localizzare facilmente la sagoma chiara di Draco nascosto dietro uno dei pali più robusti della struttura, non abbastanza da occultarlo interamente.
Appena il biondo capì d'essere stato visto contrasse la mascella nervosamente, si guardò a destra e a sinistra. L'uscita da quell'inferno di legno e ferro era diversi metri più indietro. Scattò veloce di lato.
La bacchetta di Harry si spense, un raggio rossastro sfilò accanto al fianco destro dell'avversario, mancandolo di striscio ma dandogli luce a sufficienza da puntare nuovamente verso di lui.
Draco fece un altro passo svelto, ma un raggio giallognolo gli centrò le gambe e quelle finirono paralizzate a metà slancio, divenendo fiacche, incapaci di reggerlo anche solo in piedi. Cadde in avanti con un tonfo leggero, il pavimento era un terriccio sporco e arido lì sotto.
Harry lo raggiunse in pochi passi.
«Stronzo squilibrato.» soffiò Draco infuriato, mentre Harry faceva davvero il minimo sforzo necessario per muovere magicamente il suo corpo. Era come se gli avesse legato una corda invisibile intorno ad un polso. Lo trascinò di malo modo fino ad un punto sotto gli spalti dove c'era un minimo di luce sufficiente a vedersi in faccia. La divisa bianca era sporca di terriccio, foglie, erba.
«Come cazzo t'è venuto in mente di portare la mia bacchetta addosso durante un allenamento? Si sarebbe potuta spezzare, pezzo di merda!» suonava isterico oltre che collerico.
Harry non lo degnò di una risposta, e l'ultimo sforzo che fece con la magia per muoverlo fu uno scatto con cui lo scaraventò su un mucchio di pesanti travi di legno accatastate ordinatamente lì dietro. Erano tenute insieme da un telo e delle corde strette che le rendevano un enorme blocco unico alto una cinquantina di centimetri.
L'atterraggio strappò uno sbuffo forzato al biondo quando si ritrovò a sbattere l'addome e il petto su quei blocchi di legno, mozzandogli il fiato. Le sue gambe erano ancora snervate al punto che a stento riuscì a muovere una caviglia e il braccio destro si curava bene di non poggiarlo più da nessuna parte. Per cercare di spingersi giù oltre il bordo di quello scomodo giaciglio, fece appello solo al braccio sinistro ma Harry lo anticipò. Gli slacciò entrambe le protezioni di cuoio alle braccia ed incarcerò quell'ultimo arto funzionante che gli restava, facendo in modo che corde sottili ma resistenti ne legassero polso e parte dell'avambraccio, assicurandolo ai nodi pesanti e solidi delle corde che tenevano unite le assi.
«Che cazzo vuoi fare?» ruggì il biondo, strattonando con forza il braccio: la sua forza non bastò nemmeno a far fremere quegli squadrati macigni di legno del blocco sotto di lui.
Harry intascò la bacchetta e afferrò Draco per i fianchi. Con uno strattone rabbioso ne tirò giù le gambe oltre il bordo del blocco di legname, lasciandolo sdraiato di petto. Si abbassò fino ad allineare il bacino al suo sedere e Draco sussultò ruotando di scatto il capo per lanciargli un'occhiata sconvolta.
«Non osare nemmeno pensarci!» gridò.
«Dovresti abbassare la voce, Malfoy.» rispose l'altro, con un'ironia tagliente incastrata fra i denti serrati. «O qualcuno potrebbe venire a dare un'occhiata e trovarti così.» concluse non appena gli afferrò pantaloni e biancheria strattonandoli in basso con forza.
Draco sbuffò un verso irato, mal trattenuto e tirò con rinnovata forza il braccio legato senza riuscire a smuovere le corde di un millimetro. Quando provò a muovere il braccio destro, libero ma dalla mano fuori uso, Harry lo afferrò per il gomito e glielo rigirò a forza dietro la schiena. Emise una sorta di piccolo guaito strozzato e il moro gli si schiacciò addosso di peso, facendo aderire bene l'inguine ancora coperto alle sue natiche nude. Il biondo non poté impedirsi di sussultare.
«Sai, sono così stupido che potrei anche risparmiarti questa umiliazione, se tu mi chiedessi scusa.» lo informò ruvido, ringhiante. Gli parlava molto vicino al profilo sinistro, a voce bassa nonostante la rabbia mal contenuta e Draco rigirò rabbiosamente la testa dall'altro lato. «Per quello che mi hai fatto tre giorni fa. E per quello che mi hai fatto cinque anni fa.»
Draco aprì bocca per provare a rispondere, ma una manata sulla nuca lo zittì, facendogli sbattere forte uno zigomo e la tempia.
«Ma...» proseguì Harry. «...sono sicuro che per quanto ben recitate le tue scuse sarebbero solo bugie.»
«Tranquillo, non mi sentirai mai supplicarti, stronzo.» sibilò Draco, stordito.
«Oh, questo lo scopriremo presto. Sarai anche un po' più alto e forte di un tempo, ma non sei mai stato bravo a reggere il dolore.» ghignò Harry, andando a premere con forza sul suo polso e la mano feriti. La reazione fu un ringhio di dolore netto, e il moro sembrò soddisfatto. «Ah, e ricordati Malfoy che non puoi urlare. A meno che ora non ti importi più della tua preziosissima dignità.»
Draco era sempre più agitato in quella posizione bloccata, riusciva a stento a dondolare un ginocchio di pochissimo, le gambe oltre che paralizzate erano pure strette ancora dall'ingombro delle protezioni di cuoio. I suoi occhi puntavano il telo sporco su cui era stato adagiato con un guizzo irrefrenabile di paura, le pupille dilatate dalla scarsissima luce.
Harry raddrizzò il busto ma continuò a tenergli il braccio piegato dietro la schiena. Con la mano sinistra si abbassò facilmente i pantaloni morbidi della tuta e le mutande, calò la stoffa quel poco che serviva ad estrarne il pene che si stava rapidamente gonfiando e finì di farlo ciondolando direttamente contro le natiche dell'altro ragazzo.
Draco si sforzò di stringere i denti e tacere quando Harry gli allargò le gambe con le proprie e gli piazzò una ditata di saliva contro l'ano. Non fu capace di farlo però quando il moro iniziò a penetrarlo, guaì forte alla prima spinta che gli forzò i muscoli, ma soprattutto alla seconda con cui glielo ficcò fino in fondo.
Harry gli lasciò andare il braccio dalla mano ferita e il ragazzo se lo portò pesantemente davanti al volto, tuffando il muso nell'incavo del gomito per sopprimere la serie di gemiti dolenti e rabbiosi con cui accolse le spinte successive. Non erano veloci o particolarmente violente, ma piuttosto insistenti nell'affondare sino alla fine. Lo trattenne così per diversi minuti, in cui le spinte si erano fatte a malapena più fluide e svelte ma sempre crudelmente regolari. Il loro respiri erano carichi di una frenesia ben diversa, il moro conteneva piacere l'altro solo dolore.
Draco poggiò la fronte contro il proprio avambraccio, parlò fra i denti, la voce ovattata e rotta da nervosismo e sofferenza.
«Lurido schifoso mezzosangue. Ti detesto, mi fai schifo. Ti ammazzerò, maledetto figlio di puttana.»
Harry, che lo teneva stretto per i fianchi, rispose con una spinta più violenta e poi si fermò di botto, il pene completamente affondato dentro il corpo dell'altro che sussultò.
Gli fissò la nuca con un'occhiata liquida, confusa, infastidita.
«Che c'è, Malfoy? Speri che insultandomi ti sbatterò più in fretta e verrò prima? O speri di ricavarne qualche botta in testa che ti stordisca un po'?» sibilò, sprezzante. Tornò a stendersi col petto sulla sua schiena schiacciandolo sotto di sé e gli passò un avambraccio intorno al collo, contro la gola. «Posso tenerti qui così anche tutta la notte, se mi va.»
«Sbrigati, stronzo.» sussurrò Draco, gli occhi serrati in una smorfia sempre più disperata.
«Cos'è, hai paura che avermi addosso ti possa piacere come un tempo?»
«Non mi sei mai piaciuto, Potter, ti detesto da tutta la mia fottuta vita.» ringhiò lui a stento. «Volevo solo riavere la bacchetta, hai ragione. Ti ho usato per svuotarmi le palle un paio di volte perché era divertente l'idea di fottersi il prescelto. Una volta ripreso ciò che era mio non mi servivi più e ti ho piantato. Contento?»
Harry si rizzò di scatto lasciandogli andare il collo con un gesto stizzito, ruvido. Socchiuse gli occhi, lo afferrò nuovamente per i fianchi e gli sbatté contro una spinta così violenta da farlo sussultare tutto. Non si trattenne più come poco prima, divenne violento, rude e Draco tornò ad affondare il viso contro il proprio braccio, incapace di trattenere due lacrime spesse e qualche singhiozzo oltre ad una serie soffocata di insulti e maledizioni.
A placare la furia di Harry fu giusto l'orgasmo, che lasciò fluire con il bacino ben adeso a quello dell'altro ragazzo. Lo liberò dalla propria intrusione solo qualche attimo dopo, e con un'espressione ancora intontita dal piacere si prese tutto il tempo necessario a riprendere fiato.
Tornò ad impugnare la bacchetta, si chinò nuovamente su Draco e quello sussultò con violenza nel sentirselo nuovamente addosso, il suo pene ormai inerme e umido premuto nuovamente contro le natiche.
«Sei un bugiardo.» gli sussurrò prima di slegargli il braccio.
Si ritrasse e Draco, con le gambe ancora deboli, non riuscì a reggersi più da solo. Scivolò a terra accasciato su un fianco e il suo corpo fu come scosso da un'improvvisa nevrosi. Quella di asciugarsi la faccia il prima possibile e di tirarsi su mutande e pantaloni con una mano sola.
Anche Harry si rimise a posto i vestiti e poco dopo sciolse definitivamente la maledizione che bloccava le gambe dell'altro, che si rialzò a fatica, senza guardarlo in faccia. Draco gli porse la mano sana, indicando la bacchetta, che il moro ancora brandiva, con un cenno scosso da piccoli fremiti nervosi.
«La riavrai dopo.» spiegò Harry, apatico quasi. «Tu aspetterai qui per un po', io andrò a farmi la doccia. Quando avrò finito potrai entrare negli spogliatoi e la ritroverai fra le tue cose.»
Draco inghiottì a vuoto, le spalle rigide e in faccia un'espressione di calma congestionata, forzata. Teneva le palpebre spalancate sugli occhi lucidi e arrossati.
«Adesso...» mormorò, fiacco il biondo, remissivo quasi a differenza di prima. «...sei soddisfatto finalmente? Siamo pari, Potter?»
Harry lo fissò interdetto, poi aprì un sorriso amaro, ma completamente privo del tono aggressivo dei minuti precedenti.
«Non credo lo saremo mai, Malfoy.» si voltò, fece qualche passo ed esitò, tornando a parlare in tono neutro, senza guardarlo. «Nell'armadietto dei medicinali c'è un unguento curativo, è rosso sbiadito. Usalo, o domani non starai dritto nemmeno su una sedia, figurarsi a cavallo di una scopa.»
Non attese risposta, ripercorse il dedalo di pali di sostegno fino a risbucare guardingo, cauto, a bordo campo. Da lì si mosse verso gli spogliatoi.
Draco rimase lì dove gli era stato ordinato di stare, una spalla poggiata su un palo a caso per aiutarsi a stare in piedi. Fissava il pavimento con aria vacua, lì il refolo di luce lontana non arrivava proprio.
Ogni singola lacrima che gli cadde giù dagli occhi se la pulì nervosamente sul nascere, ma quelle continuavano ostinate a rispuntare.
STAI LEGGENDO
London White Owls [Drarry]
FanficDraco ed Harry cinque anni dopo la fine dell'ultimo conflitto magico hanno ripreso a stento le redini delle loro vite, dopo che diversi eventi ne hanno segnato i relativi destini in maniera profonda. Entrambi cercano sollievo dai propri dolori coi m...