Capitolo 5: Convivere

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I giorni di quella calda estate si trascinavano con lentezza e afa, si protraevano uno dietro l'altro, ugualmente noiosi e monotoni. Io non vedevo nessuno, perché la mia unica amica non mi rivolgeva la parola. L'unica attività che poteva allontanarmi da questa città, dal mio letto, era la pesca, che mi era vietata per quel mio torbido e cianotico segreto. I miei genitori si erano un po' infastiditi ed insospettiti, inizialmente. Io non volevo rivelare le cause del mio litigio con Bella e non volevo nemmeno aiutare nell'attività di famiglia. Questo non lo presero tanto bene, almeno all'inizio. Così mi inventai che dovevo studiare di più per poter ottenere una borsa di studio per un college, perché sapevo che questa era l'unica occupazione che avrebbe ottenuto la loro approvazione. Piano piano, le domande su Bella diminuirono fino a spegnersi, il che era un bene, perché ogni menzione al suo nome riapriva quella ferita al cuore che sembrava non aver intenzione di rimarginarsi. Io passavo effettivamente tutte le mie giornate a leggere poesie e romanzi classici che prendevo in biblioteca, perché mi permettevano di non pensare. In qualche settimana lessi l'Ulisse di Joyce, rilessi tutte le opere di Shakespeare. Mi appassionai alle sorelle Brontë su consiglio della bibliotecaria, poiché nel programma scolastico non c'era alcuna scrittrice femminile, il che è ironico, considerando che frequentavo un istituto per sole ragazze. In effetti, la bibliotecaria era l'unica persona con cui non avevo legami familiari che mi rivolgeva la parola. Vedevo con cadenza quasi giornaliera i suoi capelli bianchi e il volto rugoso. Parlava lentamente, come fanno spesso gli anziani, ma con voce forte e sicura, che usava per consigliarmi qualche libro o per criticarne qualche altro, sostenendo che fossero "tutto fumo e niente arrosto". Quindi leggevo le sorelle Brontë, e sognavo anche io di trovare un Amore come il loro, un Amore ricco che mi salvasse dalla povertà e monotonia della mia cittadina. Ovviamente, questo Amore aveva gli occhi di Bella.

("Whatever our souls are made of, his and mine are the same."

-Cime tempestose, Emily Brontë)

In realtà, tuttavia, non devo essere compatita. C'era una parte della mia giornata che mi piaceva particolarmente: la sera, subito dopo pranzo, quando il cielo si dipingeva di rosso, arancione, viola e tutti i colori del tramonto, io uscivo di casa e mi avviavo verso il mare. Casa mia era molto vicino al mare. Seguendo la strada principale verso est arrivavo alla piazza principale, che si affacciava su un precipizio che dava sul mare. Da lì, tramite delle scalette scavate nella roccia, era possibile scendere fino alla spiaggia, dove mi recavo frequentemente. Si arrivava in una piccola baia poco frequentata, perché non era la più bella o quella alla moda tra i giovani. Da piccola venivo spesso qui a leggere e a nuotare, fu proprio qui che mio padre mi insegnò a nuotare e gettare le reti, fare i nodi per ami e gettare la lenza. Oggi, come sempre, era vuota. La sera il mare si ingrossava e perdeva la sua trasparenza, per questo non avevo paura di occhi indiscreti. Mi tolsi la camicia e gli shorts e mi gettai in acqua, avendo cura di andare sufficientemente in profondità per accertarmi di celare il momento della trasformazione. Una volta trasformatami, nuotai rapidamente verso il largo, nell'unico momento della giornata che mi faceva sentire davvero libera. Certo, anche le storie aiutano a viaggiare con gli occhi della mente, ma questo è nulla in confronto a quello che si prova ad essere liberi di andare dove il tuo cuore desidera.

"I am no bird; and no net ensnares me: I am a free human being with an independent will."

-Jane Eyre, Charlotte Brontë

Spesso cercavo solo una fuga dalla mia città, pertanto mi limitavo ad andare a qualche miglia di distanza dalla costa dorata e sguazzare nell'oceano con tutte le loro creature. Avevo incontrato dei delfini, esseri intelligenti e simpatici che adesso quando mi vedevano mi salutavano. Nuotavo spesso con vari branchi di pesci e pure le meduse, per quanto mi tenessero a debita distanza con la minaccia dei loro tentacoli, non sembravano temermi più come le prime volte. In effetti, c'era una certa ironia nel fatto che mi avessero accettato più i vari abitanti del mare che la mia migliore amica, o di quanto mi avrebbe accettata la mia famiglia. Oggi, però, non ero in vena di intrattenermi né con i delfini, né con i vari pesci. Oggi avevo un obiettivo, tornare dove tutto era iniziato. Non so se ero mossa da un desiderio, forse pensavo che tornando lì tutto sarebbe finito, sarebbe tornato come prima. Quando raggiunsi la piscina naturale nascosta nel cuore dell'isola, mi appoggiai con la schiena alla parete di pietra e rimasi a pensare, a rimuginare. Improvvisamente, una testa ruppe la superficie piana dall'acqua. Era Bella

Non sapevo cosa dire. Mi risuonavano ancora in testa le parole che mi aveva gettato contro l'ultima volta che ci eravamo viste. Facevano ancora male. Bella mi guardava negli occhi e non diceva nulla. Anche io non dicevo nulla, avendo paura di spezzare l'incantesimo, di farla scappare, però ero certa che mi avesse visto mentre saliva verso la piscina naturale. Doveva sapere che ero qui, ed era venuta nonostante ciò. Alla fine, trovai il coraggio di proferir parola.

-Ciao. Mi dispiace se ti ho ferita in qualche modo. Non c'entro nulla con la cosa delle sirene, quello non me lo spiego bene nemmeno io. È un po' assurdo, no? Chi è che potrebbe spiegarselo? In ogni caso... ti chiedo scusa se ti ho ferito quando ti ho... baciata.

Bella continuava a guardarmi negli occhi e non dire nulla. Mi stavo iniziando a chiedere se non stessi avendo un'allucinazione.

-Pensavo... è stupido dirlo, adesso. Ho capito che mi sbagliavo. Sono stata stupida, mi sono illusa. Pensavo che ricambiassi, che lo volessi anche tu.

Finalmente Bella interruppe il suo silenzio e il mio sproloquio.

-Infatti una parte di me lo voleva. Ti chiedo scusa per le parole dure che ti ho rivolto. Mi dispiace se ti hanno ferita, ma penso che siano la verità. Penso che quello che abbiamo fatto sia sbagliato. Sono ancora un po' confusa ma penso che sarebbe meglio se non ci vedessimo per un po'. Io ci tengo a te, sei stata la mia prima ed unica amica, e lo rimarrai per sempre, ma stare vicino a te mi confonde. Mi porta sulla strada sbagliata. Ti chiedo scusa anche per averti accusata di aver causato la nostra trasformazione col nostro bacio peccaminoso. Mi sono documentata e non penso che sia stata tu.

-Documentata? Ci sono documenti sul diventare sirene?

-No, ma ci sono leggende, miti e storie a cui nessuno crede, ovviamente. Nessuno ha motivo di crederci, a parte noi. Le ho cercate in biblioteca.

-In biblioteca? - mi sentii un po' stupida per non averci pensato prima. La visitavo quasi giornalmente per prendere in prestito i libri, eppure non mi era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di cercare miti sulle sirene nella sezione dei fondi locali.

-Sì, pensavo che anche tu fossi lì per quello. Ho rischiato di imbattermi in te numerose volte, mentre entravo o uscivo. Mi nascondevo dietro la quercia vicino all'ingresso. In realtà non era granché come nascondiglio, pensavo mi avessi vista. Come mai così stupita? Ammettilo, non mi facevi così intelligente.

-Ma no, non è quello... Non offenderti, ti prego. È solo che sono sorpresa di non averci pensato io. - cercai di scusarmi, sperando di non farla arrabbiare nuovamente.

-Tranquilla, ti sto prendendo in giro, non sono offesa. Ora devo andare, mi aspettano a casa. Come ti ho già detto, penso sarebbe meglio se non ci vedessimo più. Ho bisogno di tempo per riflettere. Sono un po' confusa.

-Lo capisco, Bella. Non ti preoccupare.

Eppure, Bella non si muoveva di lì. Continuava a fissarmi con i suoi occhi scuri come una tempesta. All'improvviso, Bella si avvicinò a me. Era mossa dalla fretta di chi sa di avere poco tempo. Continuò ad avvicinarsi a me, finché non fummo a qualche centimetro di distanza, poi continuò ad avanzare. Le sue labbra si tuffarono a capo fitto sulle mie e io pensai che sarei potuta esplodere, morire lì, nella piscina delittuosa. Come dotate di volontà propria, le mie mani corsero sulle sue guance e la mia bocca rispose al suo bacio. Bella appoggia le mani sui miei fianchi per potermi attirare ancora più vicino a lei e a questo punto penso davvero di essere morta. Che sia morta o meno, meglio godersi il momento, quindi le accarezzo il collo e i capelli e rimango a giocare con una ciocca di capelli bagnati dietro il suo orecchio. Bella, nel suo tentativo finale di farmela pagare e uccidermi, schiude le labbra e approfondisce il bacio. Il mio cuore potrebbe esplodere, ma non lo fa, e in un attimo è tutto finito. Bella non dice niente, si gira e se ne va di punto in bianco, come era arrivata.

-Addio, Bella.
Dico sottovoce, ansimando leggermente.

"You pierce my soul. I am half agony, half hope. Tell me not that I am too late, that such precious feelings are gone for ever. I offer myself to you again with a heart even more your own than when you almost broke it."

-Persuasione, J. Austen

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