1- tulipani bastardi

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Altea 🧊

«Come si chiama?» chiesi alla madre della creaturina in fin di vita, che avevo davanti

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«Come si chiama?» chiesi alla madre della creaturina in fin di vita, che avevo davanti.
Apparteneva ai Miele, le creature della pace e dell'aiuto.
Purtroppo la bambina era scappata nel mondo degli umani ed era stata investita da quell'affare che loro usano per guidare.
Era messa veramente male. Credevo fosse già morta, a dirla tutta.

«Selene, Vostra Maestà» mi rispose lei, con voce sofferente. «Potete aiutarla? Ve ne prego, farò tutto ciò che mi chiederete, vi darò tutto quello che possiedo, se necessario» mi supplicò, mantenendo lo sguardo verso il basso.

Lessi la sua anima... umiliazione e speranza erano le emozioni che emergevano da essa.

Ero io la sua speranza, ma ero sempre io a provare quella sensazione di umiliazione dentro di lei, inconsciamente.

«Non ce ne sarà bisogno, signora. Aiuterò vostra figlia, ma non voglio niente in cambio» dissi, inginocchiandomi accanto alla bambina dai capelli biondi.

Poggiai le mani sul corpicino della biondina, poi lasciai libero il caos dentro di me.
Lo controllai e lo guidai in ciò che doveva fare. Un passo falso, un solo attimo di distrazione e la ragazzina sarebbe potuta morire per sempre.
Nessuno avrebbe mai più potuto salvarla.

Iniziai a brillare di luce argentea e sentii la vita, tutti i momenti che la bambina aveva vissuto fino al giorno dell'incidente, fino ad oggi.
Percepii serenità e felicità dentro di lei. Due emozioni che non avevo il minimo spazio dentro di me.

Due emozioni che avevo provato solo quando ero una ragazzina, proprio come lei.
Le avevo provate solo quando ero insieme a lui.

Al solo ricordo della sua voce, della calma che riusciva a infondere dentro di me, il caos minacciò di prendere il controllo su di me.

Smisi di pensare alla mia infanzia e mi concentrai sul presente.
Tutto quello che ero stata, ora non esisteva.

Una breve scossa sancì l'aria, poi si udii il respiro sconnesso della mia bambina.

Ritrassi il mio caos e osservai i suoi occhietti azzurri aprirsi.

«Ciao» la salutai.

Alzai lo sguardo verso la madre della bimba, che mi guardava esterrefatta.

«Potete avvicinarvi» sussurrai, alzandomi in piedi.

La donna quasi corse verso la sua bambina, udendo quelle parole.

Si accasciò a terra e abbracciò la figlia, ancora scossa dall'accaduto, piangendo.

Ikigai: are you scared of darkness?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora