L'ospedale è il luogo dove le persone vanno per farsi curare, purtroppo però ci sono dolori che non possono essere guariti; il senso di colpa è uno di questi.
Era quello che Alessandro provava in questo momento, nel mentre che rimuginava all'incidente appena avvenuto, rannicchiandosi e confortandosi in quella sala d'attesa.
In quel momento le emozioni erano tante dentro di lui, la paura spiccava in particolare bloccandolo da ogni movimento ma lasciandolo in una maratona di pensieri.
Voleva provare a fermare un'infermiera che spesso passava dal corridoio alla stanza dove si trovava Renzo, il timore di sapere cosa stesse davvero succedendo però gli impediva di parlare.
L'immagine del momento della caduta gli continuava a passare davanti agli occhi, per quella strada bagnata, quella curva piena d'acqua, il lampo che gli fece sbattere le palpebre abbastanza da far sparire l'amico dal suo raggio d'azione.
Probabilmente nella sua testa la stava vedendo peggio di ciò che era davvero successo, forse era la sua preoccupazione a rendere ancora più impressionante quella scena.
Iniziò a sfregare i pollici tra di loro, aveva bisogno di conforto.
Poi la porta si aprì. Alessandro sussultò e un uomo si avvicinò a lui.
Ci volle qualche istante prima che riconoscesse il padre di Renzo, in fondo non si vedevano poi così spesso; una scarica di terrore pervase il ragazzo.
«Dov'è mio figlio?!» gli sentì urlare.
Un giovane infermiere lo fermò. «Signor Brigata..? Sono in studio con suo figlio, ha fatto proprio una brutta caduta, ma non c'è da sorprendersi con questa pioggia, per i dettagli dell'incidente chieda al suo amico, le consiglio di andarci piano, è molto scosso il ragazzo da quando è arrivato qui.» cercò di spiegargli, indicando infine Alessandro, che alzò lo sguardo una volta sentitosi preso in causa.
L'infermiere se ne andò, lasciando da soli nel corridoio i due. Uno sguardo di astio venne puntato sul moro e a passo lento il carabiniere si avvicinò.
«Te lo chiederò una sola volta: cosa avete fatto?» il tono era molto profondo.
«Emh–.. stavamo cercando di tornare in città ma ha iniziato a piovere e-»
«Lo hai fatto fumare?» chiese in modo diretto.
«Io-»
«Era fatto al momento dell'incidente?!» non gli lasciò il tempo di rispondere che fece una seconda domanda, alzando sempre di più il tono di voce.
«No-.. Cioè-» il ragazzo si sentiva soffocato.
«Dimmi cosa è successo Alessandro!» gli puntò il dito contro, iniziando a picchiettarlo sulla spalla.
«Posso spieg-»
«Che cosa hai fatto a mio figlio?! Eh?!» dopo questa domanda un grande silenzio calò nel corridoio dell'ospedale, chi passava di lì si allungò per guardare.
Entrambi si sentivano gli occhi puntati contro, senza rendersene conto il padre di Renzo aveva una mano a stringere la felpa di Alessandro.
Notò il suo sguardo spaventato, gli occhi che tremavano, con la bocca semiaperta dal respiro irregolare. Ebbe compassione e lasciò andare il ragazzo, andando verso una finestra.
Alessandro iniziò a fare dei respiri profondi, la situazione lo aveva scosso e gli girava la testa. Guardò l'uomo che fissava le gocce cadere sul vetro.
«Mi dispiace, ero solo preoccupato.» gli disse.
Il ragazzo titubante si alzò, andando verso il padre. «Lo siamo entrambi.»
Poi il cigolio di una porta li fece girare entrambi.
Sorridente ne uscì Renzo, che con una stampella e delle fasciature un po' da tutte le parti si appoggiò alla porta.
Alessandro non ci pensò due volte prima di andare verso di lui, abbracciandolo, stringendolo a sé, l'impatto fece lievemente perdere l'equilibrio a Renzo.
Renzo non poteva saperlo, ma una lacrima percorse il viso di Alessandro in quel momento.
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Non sono gay ma posso imparare (Revisione)
Teen FictionStato della Storia: IN REVISIONE. N. di Capitoli: 15 (il n° 13 verrà diviso in 2 e verrà aggiunto un prologo) Se ci tenete a leggere una storia ben scritta vi consiglio di aspettare un mese. Potrebbe esserci una Parte 2, ma è tutto da vedere. Alessa...