L'ignoto ti insegue

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Sotto questa notte buia e tempestosa, dove la pioggia cade incessante e i lampi squarciano il cielo, sento che morirò. Il mio respiro è affannoso, i miei passi rapidi e incerti, come se ogni ombra potesse nascondere un pericolo in agguato. Non oso guardarmi alle spalle, perché so che l'orrore che mi insegue è troppo terribile per essere affrontato. La paura mi spinge oltre i miei limiti, mentre i miei pensieri sono un vortice di domande senza risposta. Perché proprio io devo essere la sua preda? Cosa posso fare per uscirne vivo? Ma soprattutto, cos'è quella creatura che mi ha costretto a fuggire dalla sicurezza della mia casa? So solo che devo continuare a correre, correre senza sosta, perché fermarmi significherebbe affrontare un destino sicuramente peggiore della morte stessa.

La pioggia si fa sempre più intensa, battendo sulle pietre delle strade come migliaia di piccoli martelli. Sento il freddo penetrarmi fino alle ossa, ma il terrore mi spinge come un fuoco che brucia ogni sensazione di gelo. Ogni lampo che illumina il cielo sembra rivelare per un istante forme inquietanti che si muovono appena fuori dalla portata della mia vista, forme che non sono umane, forme che non appartengono a questo mondo. Il mio cuore batte all'impazzata, un tamburo frenetico che riecheggia nel petto con una forza che mi fa temere di cedere da un momento all'altro. L'ansia mi soffoca, ogni respiro è un coltello che mi taglia la gola, ogni passo un'incertezza che può costarmi la vita. Non so più nemmeno quanto tempo sia passato da quando ho iniziato a correre, con le ore che si confondono nella notte senza stelle, e l'unica certezza rimasta è la pioggia incessante e il tuono che sembra parlare in una lingua antica e dimenticata.

Non posso nemmeno permettermi di pensare al futuro, perché sono ormai certo che non ne avrò più uno. In mezzo a tutta questa disperazione, non sento più nemmeno una piccola fiamma di speranza ardere ancora dentro di me. La speranza mi ha abbandonato, so che non vedrò l'alba. Posso solo sentire il mio fiato pesante e ogni esalazione come un sibilo nel silenzio rotto solo dalla pioggia battente.

Non ho idea di cosa sia quella creatura, non sono riuscito a vederla chiaramente, ma ogni mio istinto mi urla che è qualcosa di raccapricciante che non dovrebbe esistere. Forse è la mia immaginazione che disegna contorni spaventosi nelle ombre, forme che si contorcono e si allungano in maniera innaturale, ma è indubbio che qualcosa mi stia rincorrendo senza sosta. In un fugace momento, un lampo illumina il cielo e riesco ad intravedere qualcosa negli orli periferici della visione. È alta, più alta di un qualunque uomo, con arti che sembrano troppo lunghi per il suo corpo scarno e piegati in angoli impossibili. La pelle è di un pallore mortale, quasi traslucida, e non sembra bagnata solo dalla pioggia ma anche da un liquido viscido e scuro che non oso identificare. Non ci sono occhi visibili su quel volto distorto, solo una bocca larga e straziante che si apre e si chiude silenziosamente, come se sussurrasse maledizioni dimenticate da tempo. Il terrore si intensifica, una paura così profonda che sembra quasi fisica, un peso che mi spinge a correre ancora più veloce, a fuggire da quella visione che sfida ogni logica e comprensione. È un mostro indescrivibile, un'entità che sembra appartenere più a un incubo che alla realtà, eppure è lì, proprio dietro di me, una presenza che minaccia di inghiottirmi nell'oscurità da cui nessuna luce può salvarmi.

Mentre proseguo la mia disperata fuga alla ricerca di un'ancora di salvezza, noto in lontananza oltre un campo di granoturco quell'alto edificio semi-abbandonato che da sette anni è rimasto incompiuto nella cittadina in cui vivo. Non so perché, non penso abbia il minimo senso, ma il cervello sembra urlarmi di fuggire lì per nascondermi e provare a seminare l'orrida mostruosità alle mie spalle. Più continuo a correre, più il campo di granoturco che si estende davanti a me come un mare verde e oscuro sembra avvicinarsi, con le piante alte e fitte che si perdono nella notte. Non c'è tempo per esitare; con un respiro profondo, mi lancio tra i filari e i rami secchi che si spezzano sotto la mia corsa disperata. Dietro di me, percepisco la creatura imboccare il mio stesso percorso mentre sembra muoversi con una velocità e movenza sovrumana. I rami si piegano e si spezzano con un fruscio sinistro al suo passaggio. Non oso voltarmi, so che se lo faccio me ne pentirò, ma posso comunque sentire il suo movimento frenetico, e non riesco a smettere d'immaginarmi i suoi occhi inesistenti che mi fissano con un'intensità bruciante. Il vento ulula tra le piante, portando con sé il suono dei passi di quella maledetta creatura, un rumore che sembra moltiplicarsi, come se più esseri mi stessero inseguendo. Ogni tanto intravedo una sagoma scura tra le piante, un lampo di qualcosa di troppo veloce per essere umano, troppo silenzioso per essere naturale, e troppo terrificante per essere descritto. Come dal nulla, sento per terra un ramo più spesso e ingarbugliato degli altri farmi perdere l'equilibrio e inciampare, e per un secondo mi vedo perso, divorato e fatto a pezzi dal mio inseguitore inumano. Spinto dalla paura più profonda, riprendo la concentrazione e sfrutto la spinta della caduta per rotolare in avanti e rialzarmi il più velocemente possibile. Il cuore mi batte all'unisono con i tuoni lontani e ogni lampo che illumina il campo mi fa da promemoria della mia vulnerabilità, della mia solitudine in questa maledetta corsa contro il tempo e l'orrore. Sento le piante graffiarmi tutto il corpo, mentre la mia pelle viene pervasa da tagli e ferite lievi che mi fanno sanguinare da tutte le parti; ma non m'importa, devo continuare a correre e non lasciarmi distrarre da nulla. Con il cuore in gola e il fiato corto, senza quasi nemmeno rendermene conto, raggiungo la fine del campo e una folata di vento mi pervade i polmoni che mi supplicano di fermarmi e riprendere fiato, ma non posso accontentarli perché so che se lo faccio verrò raggiunto in meno di un istante. Non riesco a fare a meno di soddisfare almeno la mia insana e sadica curiosità, e così volto la testa proprio allo scoppio di un altro lampo di fulmine. Una testa dalla forma tozza e ondulante si staglia tra il granoturco, che nella mia zona abitativa ha sempre raggiunto un'altezza di circa due metri, mentre delle estremità spigolose e contorte fuoriescono anch'esse dal campo accorciando la distanza tra loro e me ad un ritmo impossibile. Pentendomi subito dopo dell'aver posato nuovamente i miei occhi su quell'abominio d'essere, non perdo nemmeno un secondo aggiuntivo e mi lancio verso il vecchio edificio abbandonato che si erge come un monolite silenzioso nella notte tempestosa. Per via di tutti quegli anni di fermo nei lavori, e del fatto che ormai era diventato abitudine alla vista di tutti i cittadini periferici, non c'erano più nemmeno delle limitazioni a separarlo dal suolo comune e agibile, fortunatamente per me, e così mi affanno verso l'entrata come un ossesso. L'enorme portone d'ingresso mezzo staccato dai cardini sembra invitante e minaccioso allo stesso tempo, così senza esitare mi ci precipito dentro spingendo con tutto il mio peso contro il legno marcio per chiuderlo alle spalle. Eppure, stranamente, la porta non si chiude con il fragore che avevo sperato, e invece rimane socchiusa come se una forza invisibile la tenesse aperta. So che non ho né la velocità né il modo di riprovare a chiuderla, non prima che il mostro vi entri e mi individui, perciò non perdo tempo a domandarmi il perché di questa sfortuna luciferina e mi limito a proseguire maledicendo l'universo stesso per tutti gli avvenimenti di queste ultime ore.

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