32.Gabriel

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La guardai con la coda dell'occhio, intravidi un mezzo sorriso sul suo viso prima che chiudesse la porta dietro di sé. Era sempre così con Sofia: ogni volta che stavo con lei, era come se tutto il resto svanisse. Ma appena mi allontanai , la rabbia e il dolore tornarono a consumarmi.
Non potevo restare lì. Dovevo andarmene. Entrai nella mia stanza e iniziai a preparare un borsone con alcuni vestiti, gettandoli alla rinfusa senza pensarci troppo. Questa volta non avrei perdonato così facilmente. Non potevo continuare a essere trattato come un estraneo nella mia stessa famiglia. Scesi le scale con il borsone in spalla e mi diressi verso la porta d'ingresso.
«Gaby, ti prego.» disse mia madre con voce dispiaciuta, cercando di fermarmi.
Mi fermai un istante, senza però voltarmi. «Starò un po' da Manuel. Non mi va di restare qui, almeno per ora.» dissi, guardandoli finalmente negli occhi.
«Ti prego, figliolo, non fare sciocchezze.» aggiunse mio padre, ma ignorai le sue parole.
Sbattei la porta alle mie spalle e raggiunsi la mia auto. Presi il telefono e mandai un messaggio al mio migliore amico, chiedendogli se potessi stare da lui per un po'.
"Ovvio che sì, amico. Mi sento solo in questa casa." La risposta non tardò ad arrivare. Manuel si era comprato un appartamento in centro da poco e non avevo ancora avuto occasione di vederlo. Fino ad ora.

*******

Quando arrivai, parcheggiai l'auto nel vialetto e mi avvicinai alla porta, bussando.
«Amico! Entra pure, benvenuto nella mia nuova casa.» disse allargando le braccia per mostrarmela. Era carina, semplice, ma accogliente.
«Figa.» dissi guardandomi intorno, era piccola e semplice.
«Allora, dimmi tutto. Come mai te ne sei andato? Hai litigato con i tuoi?» mi chiese, indicandomi il divano. Ci sedemmo per giocare alla PlayStation, come ai vecchi tempi.
«I miei divorziano.» dissi dopo un momento di silenzio. «E non mi hanno detto nulla. Ci stavano pensando già da un mese.» Manuel scosse la testa, dispiaciuto. «Cavolo, amico, mi dispiace.» disse dandomi una pacca sulla spalla.
«È come se io non esistessi. Non mi dicono mai nulla.» aggiunsi, stringendo il controller tra le mani.
«Forse non volevano farti soffrire.»
«Vogliono rendere tutto ufficiale solo dopo l'adozione di Sofia, per non avere problemi.» Manuel mi guardò con un sorrisetto.
«A proposito di Sofia, com'è la situazione? Vi vedo molto affiatati di recente. Dimmi almeno se hai rinunciato a quel piano folle per cacciarla di casa.» Mi irrigidii. «Si ci ho rinunciato. Non voglio più che se ne vada e che rinunci ad avere una famiglia. Ha sofferto troppo. Poi era prima che...»
«Prima che ti innamorassi di lei?» mi interruppe, guardandomi con aria complice. Mi paralizzai a quelle parole. «Ma che dici? Non sono innamorato di lei.»
Manuel rise. «Amico, sono giorni che vi comportate come fidanzati e nemmeno te ne accorgi. Sei geloso di lei e lei lo è di te. Anche un cieco se ne accorgerebbe.»
Provai a ignorarlo, cercando di concentrarmi sul gioco. «Invece di dire cazzate, perché non ti concentri sulla partita?» risposi, cercando di nascondere il mio nervosismo. Eppure quelle parole continuavano a ronzarmi in testa. E se avesse ragione? No, non poteva essere. Scossi il capo, respingendo quel pensiero. Non potevo essermi innamorato di Sofia. Sarebbe diventata mia sorella tra poche settimane. Non potevo permettermi una cosa del genere.

******

Arrivata l'ora di pranzo, Manuel propose di ordinare delle pizze.
«Ho invitato le ragazze e Theo a mangiare con noi.» disse mentre controllava il telefono. Annuii senza commentare. In realtà, una parte di me si sentiva stranamente sollevata. Almeno l'avrei rivista. Ma la domanda era solo una: Perché volevo rivederla? Ma peggio ancora, perché mi mancava?

Dopo circa mezz'ora sentimmo bussare alla porta. Mi alzai per aprire e come un tornado, Amanda entrò con la sua solita energia.
«È qui la festa?» chiese, ridendo, mentre si dirigeva verso Manuel baciandolo sulle labbra. Sgranai gli occhi, colto completamente di sorpresa. «Da quando?» domandai, osservandoli con curiosità.
«Da poco.» rispose Amanda stringendosi a lui, con un sorriso radioso. Sorrisi anch'io, felice per loro, ma anche leggermente disorientato. Salutai Theo con una stretta di mano, poi i miei occhi si posarono inevitabilmente su Sofia. Sembrava arrabbiata. Aveva le braccia conserte e un'espressione che non prometteva nulla di buono.
«Perché te ne sei andato?» mi chiese, fissandomi con uno sguardo quasi deluso.
«Avevo bisogno di stare lontano da loro.» risposi cercando di sembrare distaccato, anche se dentro di me non ero per niente tranquillo.
«...e da me.» ribatté, il tono più basso ma pieno di tristezza. Quell'aria ferita mi colpì come un pugno allo stomaco.
«No, tu non c'entri.» dissi velocemente, sperando di tranquillizzarla. Abbassò lo sguardo per un attimo, poi mi fissò di nuovo. «Come farò a vederti tutti i giorni adesso?»
Sorrisi per alleggerire la tensione. «Già ti manco, Rapunzel?» le chiesi, facendole l'occhiolino.
«Sì, brutto cretino!» rispose con una spallata, passandomi accanto per entrare in casa.
Il sorriso mi si spense lentamente. Anche se avevo cercato di scherzare, sapevo che sotto quelle battute c'era qualcosa di vero. Qualcosa che non ero ancora pronto ad affrontare.
Mi voltai a guardarla mentre si allontanava, il suo tono sarcastico ancora risuonava nella mia testa. Non era tanto quello che aveva detto, ma come lo aveva detto. C'era una sincerità nascosta sotto quella spallata che mi fece male più di quanto volessi ammettere.
Rimasi fermo sulla soglia per qualche istante, cercando di riprendermi. Manuel mi chiamò dal soggiorno, ridendo di qualcosa che Amanda aveva detto, ma io non riuscivo a concentrarmi. I miei occhi erano incollati su Sofia, che si era seduta accanto a Theo, apparentemente intenta a ignorarmi.
«Sei paralizzato, amico?» chiese Manuel con un sorriso divertito.
«No, sto arrivando.» risposi seccamente, chiudendo la porta. Mi sedetti sul divano di fronte a Sofia, cercando di non guardarla troppo a lungo, ma ogni volta che i miei occhi si posavano su di lei, il suo sguardo mi faceva sentire in colpa.
«Che pizze avete preso?» domandò Theo, interrompendo quel silenzio pesante.
«Le solite: margherita, diavola e una con le verdure per Amanda.» rispose Manuel.  Amanda, però, sembrava più interessata a Sofia. «Quindi... tu e Gabriel avete litigato?» chiese con tono curioso, ma non troppo indiscreto.
Sofia sbuffò. «Non ho voglia di parlarne.»
Sentii un peso sul petto, ma rimasi in silenzio. Anche se avessi voluto, non sapevo come rimediare. In fondo, lei non aveva torto: me ne ero andato senza dirle nulla.
Manuel cercò di smorzare la tensione, cambiando discorso. «Allora, ragazzi, vogliamo fare un gioco? Ho preso un nuovo gioco da tavolo che dovete assolutamente provare.»
Ma nessuno sembrava interessato. Io ero distratto, Amanda continuava a lanciare sguardi interrogativi a Sofia e lei evitava il mio sguardo a ogni occasione.
Alla fine, non ce la feci più. Mi alzai e mi avvicinai a lei. «Puoi venire un attimo? Devo parlarti.» Sofia mi guardò, esitante. Poi si alzò con riluttanza, seguendomi in cucina. Chiusi la porta dietro di noi per avere un po' di privacy.
«Senti, mi dispiace.» iniziai, incrociando le braccia per non sembrare troppo vulnerabile. «Non credevo di ferirti andandomene così.» Lei incrociò le braccia, alzando il mento con aria di sfida. «Eppure l'hai fatto.»
«Avevo bisogno di spazio, Sofia. Tutto sta andando a rotoli nella mia famiglia e non so come gestirlo.»
«E quindi scappi? È così che affronti le cose?»
Non risposi subito. Sapevo che aveva ragione, ma non volevo ammetterlo.
«Non sto scappando, ho solo bisogno di tempo per me.» dissi infine.
«Gabriel , io non ce la faccio più. Io ho bisogno di sapere la verità.» I suoi occhi erano lucidi, ma la sua voce rimase ferma. Sapevo a cosa si riferisse ma non riuscivo a risponderle, così abbassai lo sguardo, sentendomi una merda. Lei scosse la testa, delusa. «Non so perché continuo provarci. È chiaro che non siamo nulla.» mormorò, girandosi per uscire.
Istintivamente le presi il polso, fermandola. «Credo di essermi innamorato di te.» dissi in modo istintivo,le parole uscirono prima che potessi fermarle.
Sofia si voltò a guardarmi, sorpresa. I suoi occhi cercavano una risposta nei miei, ma non sapevo cosa dirle di più. Anche se lo negavo, la verità era lì, davanti a noi. E non potevamo più ignorarla.

𝐄𝐍𝐃𝐋𝐄𝐒𝐒 || 𝐕𝐎𝐋𝐔𝐌𝐄 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora