2.

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Sfreccio fuori dal castello ringraziando la mia nuova velocità, che mi porta lontano. Entro nel bosco e corro via, voglio andarmene. Voglio andare a casa, non voglio tornare mai più qui.
- Danielle!
E' a dieci metri da me. Aumento la velocità e avanzo sempre di più cercando di seminarlo, ma lui è veloce, è più veloce, e una rabbia cresce all'interno del mio petto e non riesco a reprimerla.
- Fermati! - non è una richiesta, è un ordine. E ciò mi fa arrabbiare ancora di più. Ma come osa? Usufruisco di ciò che mi ha insegnato: la velocità può essere usata come slancio, triplicando la potenza di un colpo. Quindi, mantenendo lo stesso ritmo, mi volto verso di lui e gli tiro un calcio sul lato del viso. Il movimento, velocizzato dalla mia straordinaria velocità, è quasi invisibile ed è forte. L'ho colto alla sorpresa, e ciò lo fa sbalzare bruscamente di lato; uso questo vantaggio per scappare. Mi sento pienamente soddisfatta, e il mio orgoglio viene interrotto da un duro impatto contro qualcosa, qualcosa che non vedo. So solo che mi faccio un male cane. Cado a terra e gemo di dolore. - Ti avevo detto di fermarti. - la sua voce è dura, severa.
- Ma cosa... - mi guardo davanti: non c'è niente.
- E' una barriera.
- Una che?
- Per tenerti qui dentro. È il confine del portale.
- Avete messo questa barriera per me? Per tenermi rinchiusa qui? - il mio tono diventa sempre più acido.
- Esatto, qualche problema?
- Sì - mi alzo con un balzo. - Non sono una prigioniera.
- Bé, ora sta pur certa che non la toglieremo. Hai provato a scappare.
- Volevo andarmene per riflettere, per allontanarmi da te, dallo schifo che c'è qui dentro! Ho sentito quello che hai detto, cosa pensavi? Che sarei rimasta buona e impassibile cercando di fingere di non aver sentito?
- Ci speravo.
Reprimo l'impulso di picchiarlo.
- Tieni a bada le mani - dice, come leggendomi nel pensiero. - Hai uno sguardo inceneritore.
- Vorrei ucciderti, in questo momento.
Ridacchia, e si volta di spalle avanzando nel bosco. Stavolta non mi trattengo. Sollevo la mano per colpirlo ma lui, come se sapesse già cosa avrei fatto, si volta di scatto, mi blocca il polso e lo stringe.
- Ah - stringe sempre più forte, e lo storge. - Cazzo!
Il suo viso è una maschera di rabbia. - Non provarci con me, hai capito? Sei una ragazzina, non hai speranze.
Le sue parole mi arrivano nel petto come lame, e sento la voglia di piangere. E' un mix di sensazioni: rabbia, tristezza, umiliazione. Sto per piangere, e non voglio che lui mi veda.
- Lasciami - sussurro, con il tono massimo che posso usare. Ma lui continua a non mollare. Inizio a divincolarmi. - Non toccarmi... - premo l'altra mano contro il suo petto cercando di scansarlo, senza guardarlo. - Vai... vai via...
Poi, all'improvviso, sento le sue dita afferrarmi il mento e farmi inclinare la testa per guardare i suoi profondi e bellissimi occhi neri. Vedo me riflessa in quelle uniche iridi, come uno specchio. Tiene immobile il mio volto, e mi osserva. La sua espressione è fredda, impassibile, come sempre. Mi accorgo di avere ancora la mia mano sul suo petto e la tolgo subito.
- No. - dice, secco. - Non vado via.
Cosa...?
- Lasciami da sola, Amyas. Ho bisogno... di stare da sola.
- In questo momento non sei dell'umore giusto per rimanere sola. - mi afferra una spalla.
- Hai paura che mi suicidi? - reprimo un sorriso amaro.
- Ho paura che ti senta male.
- Perché?
- Perché dobbiamo allenarci.

- Puoi fare meglio di così! - grida, mentre cerco di colpirlo col piede, prima che lui mi afferri la caviglia e la respinga. Subito successivamente tento di tirargli una manciata di ganci, ma lui para tutto con estrema prontezza.
- Non puoi permetterti debolezze, Danielle - dice, quando io poso le mani sulle ginocchia e ansimo affaticata. Sono sudata.
Non parlo.
- Colpiscimi ancora, riprova.
E lo faccio. Ci riprovo, giuro che lo faccio, ma non riesco nemmeno a sfiorarlo.
- Ma che ti succede? - alza la voce, alterandosi.
Cosa mi succede? Mi prende in giro?
- Hai detto che sono una ragazzina, no? È ovvio che non riesco a colpirti. - sibilo.
- Sai anche tu che non è vero. - si avvicina. - Non capisco come tu possa star così male per una persona che ti ha mentito per così tanto tempo.
Ah, quindi lo sa il motivo.
Alzo lo sguardo e lo fisso.
- Dimenticala, no? Che t'importa.
Scuoto la testa. - Non capisci proprio nulla.
Raddrizzo la schiena e asciugo la fronte con il dorso della mano.
- Io tengo a lei. Se mi ha mentito l'ha fatto per un motivo. Credo più a lei che a te, se permetti.
Sembra sorpreso. - Io non perdonerei mai una cosa del genere... - sussurra.
- Non ci credo, a meno che tu non sia una persona senza cuore, e non lo sei.
- Non osare dirmi come sono - sibila.
- Non lo sto facendo - rispondo, tranquilla.
Si altera ancora di più notando la mia calma. - Torniamo a combattere.
- Scordatelo.
Mi fulmina. - Non discutere, Danielle.
- È quello che sto facendo - incrocio le braccia al petto.
- Danielle... - mi avverte.
- Non è obbligatorio, non puoi costringermi.
- Devi allenarti, è obbligatorio, invece.
- Chi lo dice?
- La Regina.
Faccio una smorfia.
- Come pretendi che io vi aiuti a tenere Sabrina rinchiusa così che i Lotewers non la prendano e lei venga uccisa? - cambio totalmente discorso.
S'irrigidisce, non sapendo come rispondere.
- Io non lo farò, Amyas, e tu lo sai. L'hai sempre saputo, vero?
Ci mette un po' prima di rispondere. - E cos'hai intenzione di fare, altrimenti?
La sua risposta mi soprende; mi aspettavo qualche minaccia.
- Io cercherei in tutti i modi di salvarla, se potessi.
- Ma non puoi.
- Me ne starò a guardare - concludo.
- Sei una codarda.
- Cosa? - lo guardo. Non si deve permettere. È il peggior insulto che mi si possa fare. Io codarda? Mai e poi mai, dopo ciò che ho passato.
- Hai sentito, e se vuoi te lo ripeto: codarda. Sei una vigliacca, Danielle.
- Perchè cerco di non far uccidere la mia amica? - sibilo.
- No, perchè non farai nulla per salvarla.
- Ma tu mi hai sempre detto che...
Mi blocca alzando la mano. - E tu mi hai seriamente dato retta?
- Mi stai dicendo che posso provarci?
- Sì - annuisce. - Ma io te lo impedirò.
- Non ha senso.
- Lo ha. Tu ci proverai, io proverò ad ostacolarti. Ha perfettamente senso.
- C'è qualcosa sotto - intuisco. - Cosa non mi dici?
Ghigna. - Tu ci puoi provare, ma qualcuno verrà a saperlo. Forse da me, o da qualcun altro - continua a sorridere. - E avrai una punizione.
Slego le braccia e le faccio lentamente cadere lungo i fianchi, presa da una cosapevolezza. - Che tipo di punizione...? - sussurro, con voce flebile.
Il sorriso gli si allarga trionfante. - Non potrai più uscire da questo posto. Ti segregheranno in una stanza vuota, senza nulla con cui tu possa farti del male, e non potrai più uscire. Non potrai più vedere la luce, o la tua famiglia.
- È pemersso vedere la famiglia?
- Sì, devi solo aspettare qualche settimana.
Una scintilla di felicitá nasce nel mio petto.
- La stanza in cui verrei segregata è... la Tenebris Somnia?
- Esattamente.
Il mio cuore perde cento battiti. No, lì dentro no. Non di nuovo, no.
No, mai.
- Ma... Sabrina morirà...
- Non hai scelta.
- C'è sempre una scelta.
- Ah, non fare la moralista. Lo sai anche tu. Puoi non fare nulla, guardandola morire sapendo che non hai provato a fare niente, oppure cercare di salvarla, e poi vivere il resto dei tuoi giorni in una sorta di sogni non reali.
È vero, questa volta non c'è scelta.
- C'è anche la probabilitá che loro vincano, non ci hai mai riflettuto?
- Ovvio, ma è troppo improbabile. Sono troppo stupidi.
- Non li conosci.
- Perchè, tu sì? - mi si avvicina. - Ma chi ti credi? Ci prepariamo da secoli a combatterli e arrivi tu, una sempliciotta che non sa neanche cosa fare della sua vita, a farmi la morale.
- Sai cosa, Amyas? - rimane in attesa. Gli tiro una ginocchiata sulle palle. - Vai a farti fottere - giro i tacchi e me ne vado, solo dopo aver sentito il suo gemito dolorante.

Lotewers - Legame tra rivaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora