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Ci sono dei momenti in cui mi trovo da solo.


Mi sento come tutto quanto e tutti quanti riescano a connettersi così facilmente come un puzzle. Si parlano fra di loro, si ascoltano fra di loro e si guardano fra di loro, mentre io per qualche strano motivo non sono autorizzato a farne parte.

Mi sento come se quando parlo, non vengo sentito, quando vengo visto loro non mi vedano, ma solamente mi osservino attraverso come se fossi un fantasma.

Non mi sento parte di niente.

Nonostante io esista con il resto del mondo, so di esserci, so che valgo ma desidero profondamente percepire queste sensazioni.

Però lo devo ammettere, alcune volte mi sento solo, mi sento triste e il fatto di non avere nessuno a cui rivolgermi, nonostante sia circondato da persone meravigliose, non trovando il coraggio di cercare quell'appoggio per lasciarmi andare completamente, rende tutto ancora più difficile.

Il momento peggiore è quando mi ritrovo a letto e quella ondata di solitudine diventa più presente, snervante e persistente e l'unica cosa che posso fare è accettare e afforgarmi in queste emozioni senza fine.

Ci sono momenti in cui preferisco allontanarmi da tutto e da tutti solo per starmene per i fatti miei. Preferisco farlo piuttosto che essere circondato da persone, ma nonostante tutto sentirmi solo.

Mi chiedo spesso il perché gli altri riescano a sorridere con tanta facilità, ad uscire e vivere la propria vita mentre io sono qua, rinchiuso in me stesso, a ripensare a tutto quello che è successo.

La guerra ha distrutto le vite di tante persone, cancellando l'intera esistenza di case, di oggetti e di ricordi.
Abbiamo vinto, ma a quale prezzo?
Tutti hanno cercato di ritornare alla propria vita di tutti giorni ed io dovrei solamente sentirmi fortunato ad essere vivo, a respirare quest'aria libera dal male e dalla disperazione, ma non ci riesco.

Con quale coraggio continuo a percorrere quelle strade, respirare la stessa aria e vivere negli stessi luoghi dove nemmeno un anno fa il sangue e l'orrore ne facevano da padrone?

La pillola più dolorosa che abbia dovuto ingerire in questo ultimo anno è stato il dover accettare che il male non si sarebbe mai sradicato completamente dalla nostra esistenza.
Nonostante la morte si fosse manifestata davanti ai nostri occhi, gli esseri umani avrebbero continuato a farsi del male, ad uccidersi e ad odiarsi.

Ho vinto, anzi i buoni hanno vinto, distruggendo coloro che avevano portato chaos e distruzione, ma con un prezzo amaro da pagare.
Le vite non vengono riportate indietro, il dolore e le cicatrici dell'anima non verranno mai rimarginate.
Siamo diversi, noi siamo diversi eppure loro sorridono ed io non ci riesco.

Mi sento solo, esausto di indossare una maschera sorridente e continuare ad essere un eroe come nulla fosse.
Continuo ad andare a scuola, a frequentare le lezioni e a seguire gli allenamenti pomeridiani. Il mio corpo continua a muoversi come nulla fosse.
Mi sveglio la mattina e vado a dormire a fine giornata,  sentendomi protetto solo per un millimetro di secondo fra quelle quattro mura della mia camera.

Capita alcune volte che il dolore è così forte che mi tocca esternare queste emozioni e comincio a singhiozzare silenziosamente per evitare che qualcuno mi possa ascoltare.
Lacrima dopo lacrima, il dolore non si affievolisce ma piuttosto si appesantisce diventando sempre più evidente la stanchezza del solo vivere.

Vorrei solamente riuscire ad essere veramente felice.

Quando il dolore passa e la stanchezza prende il sopravvento comincio a dormire e a sperare di non dovermi più risvegliare. Quelli sono gli unici momenti in cui trovo un senso di pace e sarebbe bello se durasse in eterno fino a quando la maledetta sveglia suona per indicare l'inizio di un nuovo giorno con il ritorno alla routine quotidiana.

Non dobbiamo dimenticare, ci dicono.
Dobbiamo essere forti e portarci sulle nostre spalle il peso di questa grandiosa vittoria.
Ma chi potrà sopportare il peso del mio dolore, delle mie paranoie, della mia paura di voler sparire dalla faccia della terra perché non mi sento abbastanza degno di solamente esistere?

Con quale diritto io continuo a poter tranquillamente vivere una vita normale mentre altri sono rimasti schiacciati dalle macerie, dalle casualità della guerra perché erano nel momento sbagliato e nel posto sbagliato?
Io li sento. Quelle voci che mi sussurrano di raggiungerli e di come io non abbia più il diritto di essere veramente felice.

Da quando ero piccolo mia madre diceva che avevo il sorriso più smagliante di tutti.
Nonostante le cattiverie che avevo subito per la maggior parte della mia vita, compreso la minaccia di dovermi buttare giù dalla finestra e farla finita, io continuavo a resistere a tali provocazioni.

Io ti vedevo.  Io capivo il dolore che il mio amico di infanzia percepiva e per questo scaricava il suo malessere su di me.
Di sicuro non era la scelta migliore, ma potevo comprendere le sue ragioni.

Forse sono troppo buono, o almeno questo era quello che mi sentivo dire in passato.
Adesso quel sorriso è forzato e falso  come un meccanismo di autodifesa per resistere ancora una volta al perenne tormento provenire direttamente da dentro di me.

Ho paura di essere felice e non ne ho nemmeno il diritto di esserlo.
Le voci continuano a picchettare la mia mente ogni volta che penso di aver trovato un minimo di pace ed io ritorno in quel loop senza fine.
Nessuno se ne è accorto, pure la psicologa è convinta che io sia guarito da questi traumi e stia procedendo per la giusta via.

Tutti sono così stupidi da credere che io, il grande eroe che ha sconfitto il male più assoluto, stia veramente bene.
Forse nessuno lo capirà e continueranno a vedermi con quegli occhi dolci ed innocenti. Non capiranno mai il dolore che noi eroi abbiamo provocato uccidendo i nemici, questo non ci rende tali e quali a loro?

Pure nei peggiori dei casi, non avevamo il diritto di ammazzare qualcuno senza sentire la loro versione dei fatti perché nessuno nasce buono o cattivo, ma lo diventiamo nel corso della nostra vita.
Esistono le eccezioni, ma quelle generalmente sono dovute per motivi psicologici.


Mi rotolo ancora una volta nel mio letto che ormai è diventato il mio nido sicuro, il mio scudo che scaccia le voci e le emozioni suicide.
Si, mi è capitato spesso di voler togliermi la vita per sentirmi finalmente libero dai miei continui tormenti, per poi ricordarmi di non poter abbandonare tutti coloro che mi vogliono veramente bene.

Forse un giorno di questi potrei essere più egoista del solito e nascondermi definitamente dal mondo così che nessuno possa trovarmi mai più.

La mia, dopotutto, è una semplice paura chiamata Cherofobia, un timore irrazionale e avversione verso le emozioni comunemente considerate positive.
Io, invece, non sento più niente che solitudine, dolore e morte.

Fra i miei pensieri provo ad addormentarmi ancora una volta, disturbato dal cellulare che continua a squillare da ore, probabilmente un qualche compagno di classe che vuole ricordami l'uscita fra amici di quella sera.
Sono troppo stanco, non voglio avere nulla a che fare con queste sensazioni positive che svaniranno dopo un piccolissimo lasso di tempo per farmi ritornare nell'abisso oscuro.

Il cellulare continua a lampeggiare e a  malapena riesco a leggere sullo schermo chi mi stia effettivamente chiamando, ma non importa.

Voglio dormire, voglio percepire quel  poco di tranquillità almeno in queste ore prima di ritornare a fingere di essere felice.

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20 missed calls by Kacchan

Come te la spiego la paura di essere felici
Quando non l'hanno capita nemmeno I miei amici.

Cherofobia {BakuDeku}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora