Valentino

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Ero seduto sul bordo di un marciapiede. Il disgustoso odore che mi circondava violava le mie narici, entrando in me. Nudo e fradicio, osservavo i passanti. Avevo fame, avevo sete, avevo paura. Avevo tanta, tanta paura. In me, un senso di oppressione si propagava dalla mia mente, fino al mio cuore. Il mostro che ero diventato, era lo specchio di chi ero sempre stato. Un mostro. Qualcosa di disgustoso... Stringendomi e accartocciandomi su me stesso, piangevo impotente davanti a questa mia nuova realtà. Ero arrivato da poco li, all' inferno. Infondo, sognavo di poter scappare sino a lì sù, nel cielo, dove Molly si trovava. Speravo e sognavo di poter assaporare quella gioia e di poter rincontrare la mia gemella... Mentre le mie lacrime rigavano il mio volto, un passante attirò la mia attenzione. Un uomo alto, con un grande cappello, la pelle scura, violacea. Indossava uno stupendo mantello bianco e nero. Anche lui, come me, aveva quattro diverse braccia. Camminava con portamento fiero, spavaldo, come se tutto l'inferno gli appartenesse. Attraverso le spesse lenti a forma di cuore, delicatamente poggiate davanti agli occhi, uno sguardo intenso rapì la mia attenzione. I suoi occhi cremisi splendevano infatuando i passanti. Smisi di piangere. Guardai gli occhi di quel' uomo a lungo, mentre dialogava con altra gente del luogo. In questo schifo, in questa disperazione, lui sembrava essere come una luce. Una luce che mi accecò. Una luce che mi ammaliò. Quel fuoco ardeva nei suoi occhi, che come oceani mi fecero annegare perdutamente in lui. Il mio cuore saltò un battito. Era bellissimo, se solo fossi stato anche solo la metà di ciò che era lui... ma io ero niente. Ero un immondizia buttata a marcire sul bordo della strada. Poi lui mi guardò. I nostri sguardi si incrociarono. Lui guardava me... guardava davvero me?! Mi lasciai sfuggire un sorriso. Lui lo notò. Sorridendo mi si avvicinò. Io, intimorito, indietreggiai. L'uomo si piegò, si abbassò, si mise alla mia stessa altezza e mi sorrise. Credo fù quello il momento, nel quale decisi che l'avrei seguito. Mi rivelò di chiamarsi Valentino. Io, confuso, mi presentai con il nome di Antony. Sorprendentemente, mi porse una mano. Io, titubante la presi. Scrutò il mio corpo per pochi secondi. Poi, con mia sorpresa, si sfilò la giacca che portava e me la porse. Io rimasi fermo. Allora lui, senza spazientirsi, si avvicinò, infilandomi la giacca. Com'era calda... Tenendomi per mano, mi portò nella sua automobile. Era una macchina gigante e stupenda. Lo ringraziai con un sorriso sincero. Mi accompagnò sino al palazzo delle 3V, un enorme e stupefacente dimora, che da quel momento avrei iniziato a chiamare casa.

AntonyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora