Capitolo 4 - × Pezzi di stoffa strappati ×

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"E tu, adesso che mi hai visto come
sono veramente, riesci ancora a
guardarmi?"
-George Orwell

Identità sconosciuta

Quando entrai nuovamente nella Sala Comune rimasi di stucco sulla soglia della porta. Osservai con gli occhi spalancati tutte le persone al suo interno: i candidati triplicarono notevolmente.

Entrai con lo sguardo rivolto verso il basso all'interno della sala, avvicinandomi a un angolo e cercando di non attirare troppo l'attenzione su di me. Forse avrei dovuto "prendere in prestito" una parrucca meno sgargiante, il biondo non faceva proprio per me.

Ovunque andassi, percepivo sempre lo sguardo di almeno tre persone e ciò non mi andava molto a genio. Quando alzai lo sguardo dalle mie scarpe di cuoio cercai di guardarmi intorno, facendomi un'idea sulle facce che popolavano la stanza: alcuni osservavano con attenzione tutti i candidati dalla testa ai piedi con aria di notevole superiorità, altri non avevano il coraggio di incrociare lo sguardo nemmeno per 0,01 secondo, e altri ancora passeggiavano vaghi nella stanza per allentare l'ansia.

Io appartenevo forse alla seconda categoria, mista un po' con la prima: osservavo tutte le persone, sia uomini che donne, con un'estrema precisione e senza dimenticare neanche i minimi particolari. Avevo paura che qualcuno non appartenesse a Upstairs, facendo andare a soqquadro tutto il mio piano.

«Reina, per caso sai quando finiremo? Papà stava sfornando le baguette quando siamo uscite di casa!»
«No Andreina, piuttosto vedi di impegnarti per questa selezione... Per poco la Signora Meredith per colpa tua mandava fuori sia te che noi due!»
«Che c'è? Ho solo chiesto se la mensa fosse aperta in modo tale da fare uno spuntino collettivo!» esclamò la ragazzina bionda alla mia sinistra.

«È proprio questo il punto! Io e Caterina abbiamo dovuto inventare che tu fossi soggetta a un disturbo dell'attenzione elevato! E la Signora Meredith ci ha sgamate di brutto!» esclamò la ragazza con i capelli neri e il caschetto, aggiustando i suoi occhiali dal ponte.

«Ma guarda il lato negativo! Adesso siamo qui da quarantacinque minuti senza aver messo qualcosa sotto i denti!»
«Che stupida... Andreina fa rima con "cretina", adesso capisco perché mamma ti mise questo nome»
«Vedi che anche il tuo fa rima con "cretina"! Anzi, con te suona anche meglio!».

Le due ragazze stavano per iniziare un lungo litigio, fino a quando la ragazza più alta e con i capelli rossi fece dei pizzicotti nelle loro orecchie, afferrando la cartilagine delle altre due sorelle più piccole.

«Volete piantarla?!» disse la ragazza più grande abbassando la voce e stringendo i denti, puntando i suoi occhi verdi smeraldo sui volti sofferenti delle due ragazze.

«Tutte e tre abbiamo bisogno di un lavoro per continuare gli studi, oppure saremo costrette a stare chiuse in casa per il resto della nostra vita. Dopo tutti i sacrifici volete davvero che il vostro futuro sia composto solo da pulizie? Abbiamo delle alternative, quindi utilizziamole al meglio!».

La ragazza più alta mollò le povere orecchie delle due sorelle, alzando lo sguardo verso di me. I suoi occhi erano davvero qualcosa di meraviglioso, il colore verde era molto chiaro e dava parecchio armonia al viso quasi angelico della fanciulla. Ci osservammo per un istante, quando la ragazza fece un piccolo sorrisetto inclinando la testa verso sinistra. Dal suo sorriso forzato, capii il livello di imbarazzo che stava provando in quel momento a causa delle due ragazze più piccole.

«Scusa tanto il continuo disturbo... Sono parecchio testarde» disse lanciando uno sguardo sottile e terrificante alla bionda e alla corvina.
«Non preoccuparti, in generale i litigi tra sorelle sono molto frequenti» aggiunsi in modo pacato, cercando di dare un tocco di tranquillità alla situazione caotica che si era formata.

La Strega RubacuoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora