Ophelia

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Breve testo teatrale a cura di Raffaella Amoruso, realizzato per uno dei "Tableau Vivant" presenti all'evento "Liceo Classico in Festa" in occasione del laboratorio "Omnia Vincit Amor"
Tracce musicali:
https://youtu.be/4t42Gn_vH5A
https://youtu.be/g8g2yzjyJDw?feature=shared

(Musica)
Ophelia
(Stesa, immobile, con gli occhi chiusi. Le labbra sono leggermente aperte e intona una melodia dolce e malinconica senza parole. Apre lentamente gli occhi, lo sguardo è perso nel vuoto e diretto in alto)
(Musica si affievolisce)
Guida del museo
Eccola, è Ofelia, giovane donna innamorata del principe di Danimarca, Amleto che, per proteggerla, le negò il suo amore. Le sue vesti ora galleggiano nella fresca acqua del ruscello. Intorno a lei, vi sono fiori di diverse specie. Innocenti margherite, amare viole, mortali papaveri e dolorose ortiche. Un pettirosso si è posato accanto a lei, all'ombra di un salice che, lasciando cadere dolcemente i suoi rami nel ruscello, sembra piangere la sua morte. Eccola qui, trasportata dall'acqua, in cui è nata, come tutti, e in cui ha deciso di ritornare, per sempre. Nelle sue mani ghirlande di fiori e nei suoi capelli riflessi di sogni.
(Riprende la musica)
Ophelia
(La ragazza si alza in modo aggraziato, esce dal "ruscello" e guardando fisso i fiori che tiene in mano parla con voce sofferente)
Amleto, mio amato e causa del mio dolore. Oggetto della mia più leggiadra dolcezza e del mio più profondo odio. Tu, sì proprio tu che rifiutasti il mio amore.
Mi rivolgo a te prima di compiere l'estremo atto di morte, prima di scivolare dolcemente tra le accoglienti acque di questo ruscello. Circondata da fiori. Ah, i fiori! Mai potrò vedere sbocciato il fiore del nostro amore, esso rimarrà per sempre un bocciolo, verde, immaturo. Mai ammirerò il rosso dei petali dell'amore, morbidi e vellutati come quelli di una rosa. Mai sentirò il profumo dei tuoi baci, delle tue dolci carezze. Infatti le spine mi feriscono perché sono io a tenere la rosa, sono io che mi ostino a non lasciarla cadere, sono io a sperare inutilmente nel tuo amore. Io ho creduto in te e tu mi hai delusa. Io mi sono affidata alla tua persona e tu mi hai abbandonata, inerme e indifesa come un uccellino caduto dal nido d'inverno. Ho versato lacrime nel mio letto, ho lanciato urla nella notte, ho pregato, ho sperato, ho invocato il tuo nome. Fino a quando, stremata, senza conforto, mi sono accasciata a terra e nel mio petto, il cuore risuonava come un tamburo. Ho pensato a mio padre, morto per mano tua. Ho guardato il cielo e ho capito cosa dovevo fare.
(Pausa, poi Ofelia racconta con voce affaticata, affannata, come se stesse veramente fuggendo)
Corro, fuggo nel bosco, i piedi nudi sul muschio umido, le ortiche mi sferzano le gambe ma non sento dolore, la veste si impiglia tra i rovi, le foglie si annodano nei miei capelli, ma io non mi fermo. I sassi mi feriscono i piedi. Il sangue pulsa nelle tempie e si confonde con il rumore delle voci che urlano nella mia testa, o forse sono io che urlo?
(Il tono cambia, da questo momento, tutto diventa più quieto e lento, Ofelia si muove mentre parla, compiendo le azioni che racconta)
Affannata mi fermo sulla riva di un fiume. L'acqua scorre dolcemente, i fiori spuntano qua e là, colorati. Sono stanca, mi siedo sull'erba bagnata, immergo lentamente le gambe nel fiume. L'acqua è fresca, calma. Il battito del mio cuore rallenta, il respiro si fa regolare, le voci nella mia testa sono svanite. C'è silenzio.
(Pausa)
Colgo i fiori che sono vicini a me, e lentamente mi immergo nel ruscello, finalmente al sicuro.
(Musica)

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