una brutta giornata...

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-Ti trovo di nuovo qui? -
-Buongiorno, volevo sapere una cosa sulla vostra cioccolata, perché...- la voce di Daniel tremava e faticava ad uscire anche se rimaneva svelta e risoluta, nonostante ciò  non era abbastanza sicuro per riuscire a formulare la frase.
-Perché devo fare una ricerca per la scuola- si rifiutava di dire la verità, in qualche modo era certo che avrebbe cambiato la risposta dello strano venditore.
-Mi chiamo Oliver- disse mentre, con un balzo felino si girò ad andare ad osservare la sua cioccolata. Camminava avanti e indietro. Le mani incrociate dietro la schiena, sembrava osservarla come se aspettasse una risposta da loro.
-Di cioccolato, no? - fece una risata che si smorzò subito
Daniel si sentiva preso in giro, insomma, era lì per una cosa seria e lui si permetteva di prenderlo in giro, probabilmente questo trasparì più di quanto volesse, quando si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima non si scherza. Continuò.
-Daniel tu credi nella magia? -
Solo ora si rese conto di non avergli mai detto il suo nome, eppure lui era certo di non averlo mai visto, di non avergli mai detto nulla su di lui, quello era un pazzo. Voleva scappare, l’uomo continuava a fissarlo aspettandosi una risposta, ma lui non voleva aprir bocca.
Nella magia Daniel non credeva più da tanto, non sapeva se da piccolo lo avesse fatto, probabilmente sì come tutti i bambini ma non voleva crederci, sentiva che non poteva esserci nulla al di fuori di quella realtà crudele, non poteva permettersi di crederci. Era ateo nella magia.
-Non c’è nulla oltre al mondo in cui viviamo-
-Giusto o forse no, ma chi ti dice che non è dentro- gli rispose il tono severo ma empatico, sembrava avesse percepito i pensieri di Danny.
-Sì, ma per la scuola ho...-
Venne interrotto da delle urla famigliari, ancora lei.
Doveva nascondersi se lo avesse trovato sarebbe stato morto, sapeva che non era nell’orfanotrofio, non che  cambiasse molto ma avrebbe rimandato il peggio a quella sera.
-La prego ho bisogno di nascondermi-
-Tu non vai a scuola vero? E quella è la signora che ti accudisce, probabilmente vieni dall’orfanotrofio in centro città-
Non rispose.
-Tu sei qui perché sospetti qualcosa-
Non rispose
-Facciamo così, io ti copro, ma tu dovrai farmi un favore...-
No. Non avrebbe accettato qualcosa che non conosceva da chi non conosceva. Di suo Daniel non era solito fare favori, tanto meno senza conoscerli, certo la situazione gli dava poche scelte, in fondo nella sua anima avrebbe voluto accettare, insomma avrebbe potuto partecipare ad una avventura degna di ogni supereroe, sarebbe però, potuto finire anche a lavorare come venditore, diciamo che le opzioni spaziavano molto. Non aiutava il tono con cui gliel’aveva detto Oliver, o forse l’aveva percepito strano data l’adrenalina.
Doveva decidere, ripercorse velocemente ogni punto positivo e negativo che gli capitava in testa. Non era cambiato niente. Le urla aumentano, aumenta la voglia di cambiare vita, poteva essere una stupidata o qualcosa che lo aiuti a cambiare.
Oliver sembrò percepire tutti i confusi pensieri di Daniel e prima che aprisse bocca lo prese per le spalle e lo spinse non mollandolo mai fino ad una porta. Gli consegnò un piccolo scrigno chiuso a chiave. Nn disse nulla a riguardo.
-Entra!-
Click, il rumore del pulsante che accese la luce fece un rumore troppo forte, anche la luce era troppo forte.
Il caos che regnava in quella stanza era tale che Daniel non sapeva dove mettere i piedi, c’era un odore di polvere pungente, eppure sopra agli oggetti non ne vedeva, era pieno di scatole rigate piene zeppe tanto da non chiudersi, manufatti coperti da tessuti, in un angolo un insieme di decorazioni che sembravano provenire da un circo.
Avrebbe voluto rovistare tra le cose ma sapeva di non poter, ovviamente non puoi toccare e mettere a soqquadro le stanze altrui, ma era così attratto, sembrava lo chiamassero, sembra potessero avere gli occhi, si sentiva osservato. C’era un grande schiaccianoci nell’angolo, poteva giurare fosse vivo, non sapeva il perché di quella sensazione, sapeva solo che voleva andarsene da lì.
Sentì un campanellino contemporaneamente ad un leggero stridio che presupponeva che la porta non venisse oliata da un po', poi passi, sembravano avvicinarsi, toc tac toc tac, più forte, toc tac toc tac toc tac, è quasi qui, toc tac toc tac toc tac, silenzio.
Un altro urlo, era stufo di sentirne ma quello lo rincuorava, era felice, era quello di un bambino, a giudicare dalla sua voce, abbastanza piccolo, si sorprendeva fosse solo, come lui la prima volta era affascinato dal pappagallo, cercava di strappargli qualche parola, rimanendo deluso dopo non esserci riuscito.
Buio. Si era spenta la luce, proprio in questo momento doveva bruciarsi, avrebbe tanto voluto imprecare Daniel in quel momento ma il suo decoro glielo vietò.
Sentì un tonfo. Era caduto uno dei lenzuoli che servivano a proteggere dall’esterno e dalla polvere le decorazioni. Sotto c’era un grande orso bianco, ricoperto di pelliccia spessa sintetica, al tatto era morbida, profumata di talco e tepore di vita, era fredda però, gelida, il che era molto strano dato il calore della stanza. Al collo portava una sciarpa rossa e verde. Daniel ritrasse la mano, non doveva toccarlo.
Crick, si sentì come un piccolo laceramento, come di scatto si girò a guardare lo schiaccianoci, era uguale, poi l’orso, la testa lo fissava, vedeva gli occhi che lo puntavano, sembravano vivi anche se neri e vuoti, il lato del collo si era scucito, dovrebbe essere stato questo il motivo del movimento, ne era certo, o meglio cercava di convincersi di esserlo.
Qualcuno aprì la porta, dal lato sbucò Oliver, gli fece segno di uscire con la testa.
-Vieni-
-Quella strega è passata-
-Io non la chiamerei così, penso sia una persona molto fragile sai...- lasciò la frase in sospeso.
-E tu come lo sai? -
-Lo sento- Sospirò.

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