Capitolo 4 : L'alba di un nuovo inizio

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Chiusi la porta di casa dietro di me, lo zainetto blu ben saldo sulle spalle. Ho appena finito di pranzare con la famiglia, un pasto che sapeva  di nuovi inizi e crocchette per gatti, che la zia J. aveva accidentalmente aggiunto al porridge al cioccolato. La zia Josie è fatta così un po' pazza ma non lo fa con cattiveria, è semplicemente il suo stile di vita, che lei esprime con una lunga treccia bianca adornata da piume e gingilli che lei adora, abbinati ai suoi strani vestiti floreali. Durante la colazione la zia l'ha guardata con occhi lucidi, chiedendole quanto tempo sarebbero rimaste ora che Fatima è fuori gioco.

"Prenderò il suo posto," le ha risposto "per farla felice e per inseguire un sogno che non è solo mio." La zia ha annuito, preoccupata ma orgogliosa, ricordandomi delle lezioni di surf che avevo ricevuto dalla mamma, una passione che l'oceano mi aveva custodito fino a quel momento.

Fatima ha sorriso, accennando un desiderio di conoscere mia madre che aveva lasciato solo ricordi sfumati e un'eredità di onde. Georgie, la mia matrigna non ché sua madre, è meravigliosa ma lontana dal mio mondo, presa com'è tra le gemelle, avute con mio padre una volta risposato, e la sua catena di negozi di moda negli USA.

Mentre mi avvio verso il punto d'incontro per l'allenamento, il sole brilla alto nel cielo. La spiaggia è un tripudio di gioia e risate, e lì, come un fiore tra le dune, c'è Karina. La ragazza di Efrem è distesa al sole, il suo bikini rosa un richiamo visivo alla sua personalità frizzante e ironica. Accanto a lei, Tati , vestita con un bikini lilla e un copricostume rosa come le sue treccine raggruppate in una coda, sorseggia un drink che profuma d'estate e di decisioni sbagliate, mentre Riki, il solito adone dai capelli corti e rosa, flirta con un ragazzo che riconosco con sorpresa: John, lo stesso che aveva accompagnato Fatima a casa. "Curioso" parlotto tra me e me. Pensavo ci fosse un interesse per Fatima da parte sua eh invece...

Un brivido di curiosità mi attraversa proprio quando vedo Karina tentare di alzarsi per parlarle, solo per essere fermata  da Riki che, con un gesto autoritario, la sistema al suo posto.  Per poi continuare la sua interessante conversazione. Mi  chiedo se non sia Riki il vero leader del gruppo, nonostante le apparenze.

Con un ultimo sguardo al gruppetto, mi dirigo verso il capannone dove Efrem mi aspetta.

Una volta raggiunto il luogo dell'allenamento, il suo sguardo cade immediatamente sulla figura che accompagna Efrem. Un amico che non passa certo inosservato: alto, abbronzato, con capelli biondi spettinati che giocavano con la brezza marina, un addome scolpito che tradisce ore di allenamento e dedizione, tatuaggi che disegnano mappe di storie non dette sulla sua pelle, e uno sguardo di un blu magnetico, così intenso che avrebbe fatto girare la testa persino a zia Josie, che sembrava aver dimenticato gli uomini da quando il telefono fisso era l'ultima novità tecnologica.

Efrem, notando il mio arrivo, mi fa segno di avvicinarmi. "Agata, ti presento Dylan," dice, indicando il suo amico con un gesto del capo. "È uno dei migliori surfisti che conosco e sarà qui per darci una mano." 

" E anche uno dei tuoi migliori amici, ma questo non lo dici vero ?" Dice con tono. Efrem lo ignora con nonchalance. 

Dylan mi porge una mano in un saluto che è più una sfida che un benvenuto. "Ho sentito che hai del potenziale, ma non da Efrem mi ha detto solo che avrei allenato una novellina" mi informa  con un sorriso che non prometteva facilità. "Spero tu sia pronta a lavorare duro."

Non mi tiro mai indietro. Stringo la mano di Dylan. "Più di quanto tu possa immaginare," rispondo, con la determinazione che solo l'oceano poteva avermi insegnato.

Efrem e Dylan sono lì, imponenti come due scogli contro cui le onde si infrangono, le mute da surf aderenti ai loro muscoli delineati inevitabili da guardare, portate con noncuranza fino ai fianchi a causa del calore soffocante. Efrem mi guarda con uno sguardo che non ammetteva repliche. "Vai a cambiarti," ordina con un tono che non lascia spazio a discussioni, "non è professionale arrivare con otto minuti di ritardo."

Mi  sentì il rimprovero pungere come sale su una ferita aperta, ma rispondo comunque con fermezza, "La professionalità non si misura dai minuti di ritardo, ma dai risultati, idiota" Dylan non si trattiene una risata, e , colta da un momento di distrazione, incrocio il suo sguardo e sorrido, sentendo il calore salire alle guance.

Con passo deciso, mi dirigo verso il capannone femminile, dove noto Dania, la ragazza che le aveva rivolto complimenti al falò qualche giorno prima, in preda a un pianto inconsolabile. "Dania?" la chiamo, ma mi ignora e continua il uso sfogo. Sedendomi accanto a lei, cerco di offrire conforto, ma Dania, riconoscendomi, si limita a un flebile "Oh, ciao Agata." seguito da "Va tutto bene, non preoccuparti" che è vera come le cadute accidentali dei giocatori in un campo da calcio. 

Nonostante il desiderio di aiutare,  non sono riuscita a comprendere la causa del dolore di Dania e, con un peso sul cuore, torno fuori per iniziare l'allenamento, portando con me un po' tristezza perché mi sento impotente a non consolare una persona tanto gentile con me.

Ritorno sulla spiaggia con i novelli allenatori pronti, Dylan soprattutto con il sorriso a trentadue denti e il petto in fuori. Efrem sembra costretto, ma in fin dei conti è proprio così. 

"Oggi ti insegnerò ad entrare in sintonia con la tavola" annuncia Dylan. "Già so farlo, alza il livello, ok che sono principiante ma non ho mica 9 anni" lo informo confusa dalla situazione.

"Invece si che hai 9 anni, non sai stare nemmeno in equilibrio, come speri di essere come Fatima se pecchi di orgoglio e presunzione ?" Dichiara Efrem con una freddezza tipica. "Ti aspetti forse di fare la Cresta dell'alba appena sali, al primo allenamento?" "Non mi sto sopravvalutando, ma non sono così principiante come pensate, da piccola prendevo lezioni, e poi cos'è la cresta dell'alba?"

"Zitto non rispondere  e iniziamo, tanto non è alla sua portata"

"Si, per ora almeno." dice guardandomi con un barlume di speranza. "La Cresta dell'Alba," inizia Dylan con un tono che riflette il rispetto per la tecnica, "è più di una semplice manovra; è un'arte che richiede una connessione profonda con il mare. Immagina di essere sulla tua tavola, l'onda si avvicina, grande e potente. Devi sentirla, diventare parte di essa. Il primo passo è il take-off, la partenza, che deve essere eseguita con precisione chirurgica. Poi, mentre ti trovi sulla cresta dell'onda, esegui un cutback dinamico, ritornando verso il punto di rottura dell'onda per guadagnare velocità e posizionamento. 

Ma la vera essenza della Cresta dell'Alba è il floater, un movimento in cui la tavola 'galleggia' sulla schiuma dell'onda, quasi come se stessi camminando sull'acqua. È un atto di equilibrio perfetto, che richiede una padronanza totale del tuo centro di gravità e una fiducia incrollabile nelle tue capacità.

Infine, quando l'onda inizia a chiudersi, lanciati in un aerial. Questo è il momento in cui ti elevi al di sopra dell'onda, libera e leggera, prima di atterrare dolcemente e continuare la tua corsa. Solo pochi surfisti al mondo possono vantare di padroneggiare la Cresta dell'Alba. È una danza con l'oceano, un'espressione pura della libertà che solo il surf può offrire. È una tecnica resa famosa da Ursula Vaia, una leggenda del surf hawaiano, che modestamente io so ricreare" 

Non avevo mai sentito parlare di Ursula Vaia in vita mia "Chi è Ursula Vaia?" chiedo. 

Dylan apre appena la bocca per rispondere, ma Efrem lo interrompe bruscamente. "Se vuoi saperlo, cercala su internet," brontola, con un tono irritante che non ammetteva repliche.

L'atmosfera improvvisamente diventa tesa. Sento risorgere quel briciolo di rancore ed ira che avevo cercato di sopprimere per il bene di Fatima. Tuttavia, decido di concentrarmi sull'allenamento, mettendo da parte le emozioni negative. Per questa volta avremmo fatto delle semplici surfate per ripassare la tecnica che è arrugginita in me.

Con determinazione, mi lancio sulle onde, cercando di imitare la Cresta dell'Alba. Il mio primo tentativo si conclude con una caduta, ma non mi do per vinta. Dylan è pronto ad aiutarla, ma , con l'orgoglio che ho da difendere, rifiuto il soccorso e mi rialzo da sola, pronta a riprovare.

Dopo diverse cadute, Dylan mi afferra al volo, offrendomi un sorriso incoraggiante. Efrem, da parte sua, mi fornisce, pur a modo suo riempendomi di insulti, preziosi consigli sulla postura e sull'equilibrio, aiutandomi a migliorare la mia tecnica.

Alla fine dell'allenamento, nonostante la tensione iniziale, mi sentivo più vicina al mio obiettivo. Dylan mi saluta con un sorriso, mentre Efrem mi fa un cenno d'intesa con sguardo stanco e disperato dalla sua situazione. "Ci vediamo domani mattina." 

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⏰ Last updated: Jun 23 ⏰

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