I won't soothe your pain

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Col tempo lo capisci che non si può fuggire sempre. Bisogna guardare in faccia tutte le cose, una per una, non per capirle, ma per subirle con un briciolo di dignità.
Perché tanto sarà così, le cose ti raggiungono.
Paolo Sorrentino


Non aveva pranzato né cenato.
Il residuo degli spasmi muscolari gli aveva rivoltato lo stomaco e il vorticare dei pensieri glielo aveva chiuso definitivamente.

Izuku fissava la porta chiusa della sua stanza, con l'odore di bruciato che filtrava pure dalla fessura e le voci alte dei due biondi di casa Bakugō che arrivavano attutite fino a lui. Si osservò le mani, le dita che, ai suoi occhi, tremavano ancora, mentre ricordava l'incidente di quella mattina, il peso della colpa che si depositava sulle sue spalle come una coperta leggera.

Katsuki aveva chiesto il suo aiuto e aveva frainteso tutto.

Pensava che quel fingere che lui aveva richiesto significasse essere accomodanti con gli estranei, non provare a proteggerlo.

Un'improvvisa ondata di tristezza lo travolse, accompagnata da un'altra acre zaffata di bruciato che sembrava filtrare perfino attraverso le pareti. Un pungente promemoria dell'impotenza di Izuku in una situazione di quel tipo.

«Dannazione...» borbottò Izuku sottovoce, stringendo forte i pugni sulle cosce.

La chiave nella serratura scattò e Masaru sporse la testa appena oltre la porta aperta.

«Tutto bene qui dentro?», chiese l'uomo con voce bassa e un'espressione preoccupata. «Ho pensato avessi fame...», ed entrò con un vassoio. Il profumo del prosciutto cotto e del formaggio attutì per un secondo il puzzo di bruciato che era entrato con Masaru in quella stanza.

Chiuse la porta col piede e andò a posare il vassoio sulla scrivania, per poi voltarsi verso il letto.

Izuku dava la schiena alla finestra e continuava a guardare verso la porta di nuovo chiusa, non degnandolo di uno sguardo o di una parola.

Prese un profondo respiro e fece quei pochi passi che lo separavano dal letto, sedendosi sul materasso accanto al ragazzo.

«Ascolta, Izuku...», iniziò Masaru, con voce gentile: «Voglio scusarmi con te a nome di Katsuki per quello che è successo prima. Lui non è sempre bravo con le parole ed esprimersi gli riesce con fatica e... beh, lo sai... Ma questo non scusa le sue azioni.»

Izuku annuì, con lo sguardo fisso sul lenzuolo a fantasia sotto di lui, tra le gambe aperte. «Me lo dite entrambi che non è una cattiva persona.», sussurrò, con la voce venata di tristezza. «Ma questo dimostra il contrario...», e abbassò di poco il collare, quel tanto che bastava per mostrare all'uomo la pelle arrossata, le piccole bolle che costellavano quell'area di pelle e che, seppur trattate da Mitsuki con la giusta pomata, bruciavano fastidiosamente.

Masaru sospirò, strofinandosi la nuca mentre rifletteva su come rispondere al meglio.

«Hai ragione. E si dice che i gesti valgano più di mille parole, non è così?».

«Già...».

L'uomo rilasciò un nuovo, lungo sospiro e si sporse in avanti, gli avambracci posati sulle cosce e le dita delle mani intrecciate, osservando distrattamente quel ragazzotto che se ne stava, mesto, accanto a lui, a torturarsi con le dita le pieghe dei pantaloni della tuta.

Un colpetto leggero con la spalla fece trasalire Izuku. «Collo a parte...»

«E tremolii...».

«Collo e tremolii a parte... Come stai?».

Worship me | {BakuDeku - Omegaverse}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora