5- Il nostro posto

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Dopo l'ultima conversazione avuta con Regulus, non ci parlammo per forse...settimane? Certo, io e lui non avevamo mai parlato prima di quest'anno, ma ora che avevamo iniziato non volevo già metterci un punto. Sirius mi assillava con i vari scherzi da fare ai Serpeverde, tra cui Severus Piton, un ragazzo perennemente arrabbiato con tutti e che i miei amici si divertivano a prendere in giro. "Mocciosus" "Pivellus" lo chiamavano. Mi dispiaceva un po', perché era comunque un mio compagno, in quanto Serpeverde, e poi non aveva fatto nulla di male.
<<Devo solo trovare il modo per- Kat, dove hai la testa?>> Sirius si lasciò scivolare sul divanetto nella sala comune Grifondoro. Non avrei dovuto starci, ma Albus me lo lasciava fare, per cui al diavolo il "non dovrei". Se fossi rimasta nella sala comune Serpeverde sicuramente avrei litigato con qualcuno. E non mi andava affatto.
<<Sulle spalle, è ovvio>> risposi ironizzando, mettendo su un'espressione innocente.
<<Simpatica, davvero. Dicevo che->> riprese a parlare e io mi persi nuovamente nei miei pensieri soprannominati "Regulus Arcturus Black". A svegliarmi fu l'arrivo improvviso di Remus, che si avvicinò a noi zoppicando. Io bloccai la parlantina di Sirius con un gesto della mano e mi fiondai accanto a Remus.
<<Poggiati a me>> gli dissi vedendolo in piena difficoltà. Qualche serata fa c'era stata la luna piena. Era stato orrendo, Remus era più fuori di sè del normale. Infatti, stava messo peggio del solito: bende ovunque, stampelle, tagli addirittura sulle dita. Un vero casino.
<<Grazie, Kat>> biascicò lui prima di posare un braccio sulle mie spalle, zoppicando. Anche Sirius si avvicinò e lasciò che Remus mettesse l'altro braccio sulla sua spalla sicuramente più forzuta della mia.
<<Come stai?>> chiese Sirius a bassa voce. Remus lo guardò, come a dire "Guardami e lo capisci", poi gli rispose.
<<Sono stato meglio, Pads>> sussurrò lui forzando un sorrisino. Non stava per niente bene e si vedeva chiaramente. Ci sedemmo tutti e tre su un divanetto: io al centro, Remus a sinistra e Sirius a destra.
<<Ragazzi, ma James?>> chiesi io allungando il mio braccio ossuto per afferrare la teiera e versarmi un po' di tè di contrabbando. Essere me aveva suoi vantaggi.
<<Favorite?>> misi la teiera fumante sotto i nasi dei miei amici. Remus rifiutò, Sirius il contrario. Versai del tè per entrambi e glie lo porsi.
<<James è perennemente impegnato a fare la corte alla Evans.>> mi spiegò Remus massaggiandosi un ginocchio. Io annuì, nascondendo un risolino divertito.
<<Non ha più tempo per i suoi amici.>> affermò Sirius mettendosi a braccia conserte.
<<Inoltre, James ha anche la concorrenza; pare che Mocciosus sia innamorato di Lily. Per questo, la mia missione per i prossimi giorni sarà e.l.i.m.i.n.a.r.l.o.>> spiegò Sirius bevendo il tè con rumori irritanti. Io gli diedi un buffetto sulla mano per farlo smettere.
<<Ok, la smetto.>> mi rivolse un sorriso smagliante. Remus ci guardò sorridendo, scombinandosi i capelli con un gesto esaurito.
<<Certo, vuoi eliminare Sev solo perché ci prova con la Evans. Sì, sì, proprio così.>> presi le difese di Severus. Avevamo parlato qualche volta. Era di poche parole, sì, ma aveva un modo tutto suo di mantenere le conversazioni e non era così male.
<<Sev? È tuo amico?>> mi domandò Sirius avvicinandosi come per fiutarmi. In fin dei conti, sempre un cane era.
<<Non è mio amico, ma->> mi bloccò il riccio
<<Ma hai preso le sue parti.>> sbuffò allontanandosi da me.
<<Dai, Sirius...>> mi avvicinai e gli scoccai un bacio sulla mascella. Mi alzai dal divanetto e annunciai.
<<Vado a sgranchirmi un po' le gambe. Nel caso dovesse succedere qualcosa, chiamatemi. E non fate dispetti a Severus.>> puntai un dito contro Sirius, perché sapevo che Remus non era nelle condizioni di progettare e mettere in atto scherzi e dispetti. Mi allontai dopo che Remus mi salutò con un cenno della mano e Sirius con un "mh" scocciato. Camminai mentre il vento di metà settembre mi sfiorava il viso e iniziai a pensare. E se ora Sirius mi avesse odiata? E se avessi incontrato Regulus? Come avrei dovuto comportarmi? Salutarlo? Chiedere un confronto? Non lo sapevo. Ma sapevo di per certo dove avrei potuto trovarlo se avessi voluto anche solo vederlo. E io volevo farlo. Per una volta fui meno razionale e seguì il mio cuore. Andai in quello che io chiamavo "il mio posto", ma che anche Regulus faceva. Camminai così veloce da farmi venire disagi di ogni tipo ai polpacci. E, come pensavo, quando mi sedetti poco più davanti rispetto a lui, più vicino alla riva del Lago Nero, che riuscì a scorgere la sua figura stanca. Aveva gli occhi rossi che mettevano in risalto le iridi verdoline. Sotto gli occhi c'erano due grandi occhiaie e le labbra erano screpolate. Assimilai le sue caratteristiche in poco più di due minuti, perché dopo poco mi accorsi che lui mi aveva notata. Mi girai a guardare la riva del Lago Nero senza sorridergli e nemmeno salutarlo, mentre ora il fresco mi colpiva come a darmi schiaffi. Mi strinsi nelle spalle e passai le mani sulle braccia scoperte per scaldarmi. Rimanemmo in silenzio, ignorandoci, fin quando non sentii dei passi sull'erba bagnata. Pensai che Regulus se ne fosse andato, e capii di essermi sbagliata quando lo vidi sedersi vicino a me.
<<Non saluti?>> domandò. La voce rauca, profonda, che mi fece provare brividi per tutta la spina dorsale. Anche il suono della sua voce gli dava un'aria stanca, esausta. Non risposi, deglutendo. Le parole mi morirono in bocca, nonostante avrei voluto dirgli cosa lo facesse sembrare così sfinito.
<<Kathleen?>> mi richiamò. Il mio nome pronunciato da lui era mille volte più bello, nonostante io lo avessi sempre odiato. Kathleen non era il nome dato dai miei genitori, me lo ha dato Albus. Una cosa che ricordavo è che, sin da piccola, ho sempre portato una collana con una Z incisa sopra. Immagino che stesse a simboleggiare il mio vero nome, che molto probabilmente Albus sapeva e non mi aveva mai detto, chiamandomi Kathleen. Ad ogni modo, sentii Regulus ridacchiare al mio silenzio.
<<D'accordo, non vuoi parlare.>> sorrise, bagnandosi le labbra screpolate.
<<Cosa c'è?>> mi feci coraggio e gli chiesi, il mio tono risultò più amaro di quanto effettivamente volessi.
<<Uh, la gattina tira di nuovo fuori gli artigli.>> rise di nuovo alla mia amarezza. Lo guardai annoiata, poi mi spostai leggermente fino a quando le nostre ginocchia non si toccavano più. Regulus lo notò e si avvicinò di nuovo.
<<Ti rende nervosa il contatto con il mio corpo?>> ora il suo tono era più basso, come se non volesse farsi sentire.
<<Non-non mi rendi nervosa, Black.>> balbettai. Sì, mi rendeva nervosa lui, il contatto con il suo corpo, il suono della sua voce e tutto ciò che lo riguardasse.
<<Siamo passati ai cognomi, Grindelwald?>> domandò. Pane e simpatia quel giorno a colazione, eh. Era più sarcastico del normale, quasi come se mi stesse prendendo in giro. Poggiò una mano sul mio ginocchio per non farmi allontanare, e io la fulminai con lo sguardo. Poi spostai i miei occhi su di lui: stava guardando la riva del Lago Nero con una nonchalance invidiabile. Così, la sua mano sulla mia gamba, una cosa da tutti i giorni. Continuai a guardarlo, fin quando, evidentemente, non si accorse del mio sguardo misto tra l'agitato e il "ma che cazzo stai facendo?" e aprì di nuovo la bocca per parlare in un tono basso, quasi impercettibile.
<<Toglila.>> mi disse indicando con lo sguardo la sua mano. Lo scrutai, non sapendo che fare. Dovevo togliere la sua mano, ma non volevo per niente. Stavo bene. Quello era un contatto molto più ravvicinato rispetto al toccarsi le ginocchia, ma, mentre quello mi innervosiva, la sua mano sul mio ginocchio mi piaceva. Per questo, feci finta di non aver capito.
<<Non ti rendo più nervosa?>> domandò, annuendo menfre ridacchiava con la testa pesante. Io non risposi, e lui strinse di poco la presa sulla mia rotula, che riusciva benissimo ad acchiappare con una sola mano. Alzai lo sguardo, ma non parlai.
<<No. In verità sto bene.>> presi coraggio e lo guardai. Era la verità, e non so come, ma glie la dissi.
<<Quindi non ti rendo nervosa, ti provoco piacere, benessere.>> mi stuzzicò. Io annuì, sempre perché era vero.
<<E se facessi così?>> Regulus fece scendere la sua mano più all'interno della mia coscia in un nano secondo, stringendo senza farmi male. Sbarrai gli occhi, non me lo aspettavo.
<<Forse-forse è troppo.>> balbettai di nuovo, ma lui non spostò la mano. Rimanemmo così per quelle che mi sembrarono ore, anche se furono solo pochi minuti prima che lui ricominciasse a parlare.
<<Hai detto la verità prima?>> mi chiese, riferendosi a quando gli dissi di stare bene. Io annuì, lui continuò.
<<Io dico la verità solo quando piove, tu quando non.>>
<<È un affare?>> domandò, notando il mio silenzio.
<<Ciò significherebbe che dovrei dire la verità sempre, e non mi va. Se un giorno non mi andasse?>> lo guardai, strappando un po' d'erba.
<<Non si dicono le bugie in generale, Grindelwald.>> si avvicinò così tanto a me da farmi sentire il suo profumo di menta come se fosse il mio. Fece sfiorare i nostri nasi. Fu impossibile non guardargli le labbra screpolate, ma sempre imbambolatrici. Passai agli occhi da incantatore di serpenti, poi tornai alle labbra. Lui fece lo stesso, perché quando io gli guardai gli occhi, lui mi stava fissando le labbra e solo dopo mi guardò negli occhi. Strusciò il suo pollice sul mio labbro inferiore coperto da un burrocacao alla vaniglia, poi lo portò nella sua bocca e lo succhiò.
<<Vaniglia...>> sussurrò, prima di ripetere la cosa. Io sorrisi e lui si avvicinò ancora di più. Ora le nostre fronti erano unite e i nostri nasi si sfioravano, facendoci sentire l'uno il respiro dell'altra.
<<Ti arrabbieresti se ti baciassi?>> mi chiese, spiazzandomi. Lui? Baciare...me? Una, come me? Lo guardai per un paio di secondi prima di rispondergli sinceramente perché, come aveva detto lui, io la verità la dicevo quando non pioveva, a differenza sua.
<<No. Fallo.>> più pura di così non si poteva. Regulus ridacchiò e mi accontentò, avvicinandomi ancora di più a lui per i lati del collo. Mi baciò. Mi baciò sul serio. Lo lasciai fare, per non dire che ci misi del mio. Ad esempio, lo volevo così vicino a me che lo tirai ancora di più verso la mia bocca, mentre le nostre bocche danzavano di una melodia tutta nostra. Ci staccammo solo quando non avemmo più fiato, guardandoci negli occhi, per poi tornare come eravamo prima.
<<Dimmi la verità...>> iniziai, ma mi bloccò.
<<Piove?>> e io sbuffai. Non poteva farlo. Avevo bisogno di risposte.
<<No, ma->> mi bloccò di nuovo, parlando con tono fermo.
<<Ma niente, significa che aspetterai la prossima giornata di pioggia. Sempre se la verità ti conviene.>> fece per alzarsi. E io, come una stupida, lo lasciai andare. Sentivo ancora la sua mano premuta sulla mia gamba, la sua risata, i suoi occhi nei miei e le sue labbra sulle mie. Ma avrei aspettato. Per lui, l'avrei fatto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11 ⏰

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