PROLOGO

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Amarti m'affatica mi svuota dentro

Qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto

Amarti m'affatica mi dà malinconia

Che vuoi farci è la vita

è la vita, la mia

A Roma piove ininterrottamente da tre settimane.

Maggio è iniziato, nonostante i dubbi e le titubanze di una città sommersa e affogata. Credevano tutti che non ce l'avrebbero fatta, a vedere un altro mese; che il Tevere sarebbe improvvisamente scoppiato, evadendo dalle falde acquifere, dai tombini in Corso, dai minuscoli lucernari dei seminterrati con open space vista marciapiede e suole di scarpe.

Sarebbe uscito dal gabinetto, scherzava qualcuno, facendo affondare tutti in un mare di merda.

Eppure, così non è stato. Non ancora, perlomeno. Il Tevere è vigile, pronto a giocare crudelmente con i pochi coraggiosi che decidono di fare jogging nei paraggi, o più semplicemente di camminare senza uno scopo, perché convinti di amare l'acqua, di sentirsi "nel proprio elemento" e di voler assorbire quell'umida cascata sporca che arriva da più lati.

Manda qualche guizzo, il fiume. Ogni tanto, piccole onde si infrangono sul cemento che argina quell'oceano improvvisato.

Non dovrebbe singhiozzare così. Non dovrebbe minacciare chi ha imparato a domarlo.

Maggio, dunque, è cominciato. Caldo e afoso, nonostante la pioggia, copre Roma di una patina d'aria vibrante, solida, come se la città fosse protetta da un velo grigio e irreale, appartenente a un'altra dimensione.

Nessuno si chiede da quando Roma sia diventata così tetra. Nessuno si pone il problema, perché tutti hanno già tacitamente acconsentito al destino che le è stato riservato.

La Città Eterna, ormai Eternamente Grigia, vivrà ancora altri cento, forse mille o cinquemila anni. Seppellirà gli uomini, i ratti che passeggiano tra i negozi e i bus in fiamme, fino alla fine del mondo, fino all'arrivo del buco nero dentro cui si accartoccerà.

L'acqua ha intiepidito le aspettative dei cittadini, ammuffendo i loro sentimenti ed entusiasmi, che ormai vivono semplicemente per andare avanti con pazienza un altro giorno. Hanno accettato questa fase di stasi, pensandola per quella che è: una stasi, appunto. Un momentaneo calo del termometro della vita.

Una pausa, in vista della rincorsa.

Perché, dopo Maggio, arriverà l'estate, e anche la pioggia dovrà finire, a conferma di quanto annunciava già Eric Draven ne Il Corvo.

Ma nell'acqua che ha inondato Roma, forse, c'è anche altro.

Non solo nutrie, pesci e corpuscoli microbiologici sconosciuti ai più, ma noti a quella nicchia di studiosi che amano guardare dentro alle cose per rivelarne altre di più complesse.

Nell'acqua che ha vestito la città, qualcosa di inedito si sta formando. Mutevole, silenzioso e riflessivo, osserva i bipedi fatti di carne e sangue, li studia e pensa a come emularli. A come somigliare a coloro che sembrano rappresentare la vetta di quella catena alimentare che tutti, in questo mondo, rispettano.

Ciò che è nascosto nell'acqua studia e prende appunti, aspettando il momento più adatto, finalmente molto vicino, per poter applicare ciò che ha imparato. Per poter mettere in pratica il concetto di evoluzione, sovvertire le leggi che Darwin e colleghi hanno faticosamente interpretato e disegnato, e spezzare quella catena.

Per poi, iniziare a mangiare.

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