Capitolo 1- Bailey

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«Mamma mamma prendimi!»

«Non correre così, ti farai male.»

Guardo mia madre venirmi incontro preoccupata.

«Dai Lena, male che vada si sbuccia un ginocchio e si mette a ridere, vero tesoro?»

«Si papà!»

Continuo a correre ed è lui ad afferrarmi prontamente.

«Certo tanto sono io a doverla disinfettare nel caso, Lucas.»

Mamma guarda male papà e poi tutti e tre ci mettiamo a ridacchiare.

D’un tratto diventa tutto nero.

«Mamma? Papà?»  Nessuna risposta.
«Dove siete?»

Niente. Ancora tutto nero.

Poi una luce bianca, Talmente forte da darmi fastidio.

Apro gli occhi e mi ritrovo in una stanza d’ospedale con un medico al mio fianco.

«Cos’è successo?» chiedo confusa.

Continua a guardarmi e poi si decide a parlare. «Ben svegliata signorina. Non ricorda nulla?»

«No, cosa dovrei ricordare? Perché sono qui?»

Il medico continua a fissarmi e scrivere qualcosa sul blocchetto che tiene in mano.

Riporta lo sguardo su di me: «Ha avuto un piccolo incidente mentre era alla guida. È andata a sbattere mentre parlava al telefono.» Conclude così, lasciandomi perplessa.

«Non ricordo nulla. Dove sono i miei genitori?» chiedo iniziando ad agitarmi.

«Signorina forse è meglio se si calma.» Mi guarda per qualche istante e poi riprende a parlare: «Il motivo per cui si è distratta alla guida è perché parlava al telefono con i suoi genitori, anche essi hanno avuto un’incidente.»

«E ora dove sono?»

«Signorina mi duole doverglielo dire… I suoi genitori non ce l’hanno fatta, mi dispiace.»

No. Non è vero. Non ci voglio credere.

Le lacrime bagnano le mie guance e tutto diventa offuscato. Non sento più niente, se non il cuore che si spacca in milioni di pezzi.

Mi sveglio di soprassalto urlando. Sono completamente sudata.
Mi ritrovo a guardarmi intorno e noto che sono nella mia stanza, con le luci dell’alba che entrano dalla finestra.

Un incubo. Il solito incubo che mi perseguita da sei mesi, da quel fottuto incidente che mi ha portato via coloro che amavo di più e un pezzo enorme di me stessa.

Questa giornata può già definirsi una merda.

Scosto le coperte e mi alzo dirigendomi in cucina, dove trovo Michelle, la mia migliore amica, intenta a preparare la colazione.

Da quando i miei sono morti, mi sono trasferita a casa sua, mi sono sentita in colpa per aver invaso la sua privacy, ma lei sostiene sia solo un bene per me non rimanere da sola, inoltre non passiamo mai tempo in casa, siamo sempre in università per preparare gli esami.

I miei genitori avevano già pagato tutte le rette di quest’anno e di quelli a seguire, quindi, sono fortunata a poter finire l’università senza preoccupazioni, inoltre i loro soldi sono passati a me, ma sono consapevole che prima o poi dovrò trovare un lavoretto.

«Buongiorno tesoro, hai un aspetto orribile!» mi dice Michelle dandomi un bacio sulla guancia e ridacchiando, riportandomi alla realtà.

«Ti ringrazio sei gentilissima, davvero la migliore.» alzo gli occhi al cielo facendole il dito medio.

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