Prologo

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Giorno 1

Con la testa appoggiata al finestrino, guardo gli alberi che scorrono veloci alla mia vista.
I miei genitori parlano, ma io non li ascolto.

<<Aisha! Ci stai ascoltando?>> Stridula mia madre.
Faccio un verso di approvazione, nonostante io sia con la testa altrove e non sto assolutamente sentendo ciò che mi stanno dicendo da mezz'ora a questa parte.

La canzone "ogni volta" di Vasco Rossi suona alla radio, la mia preferita. Apro completamente il finestrino, sporgendomi da esso ed iniziando a cantare a squarciagola.

<<"E ogni volta che non sono coerente
E ogni volta che non è importante,
Ogni volta che qualcuno si preoccupa per me">> Per le strade di Fasano si sentono solo le mie urla e per un attimo mi sento viva, ma so che presto questa sensazione andrà via.

<<Aisha! Chiudi immediatamente il finestrino e smettila di urlare!>> Come al solito i miei devono sempre rovinare tutto.
<<Dovete rovinarmi anche i pochi attimi di libertà che mi restano prima di entrare in quell'inferno?>> La mia voce è seccata, proprio come il mio umore in questo momento.
Non voglio andare in ospedale, era l'ultima cosa che avevo intenzione di fare. E tutto ciò neanche per mia scelta, ma a causa dei miei genitori e dei miei medici curanti. Fanculo.

<<Vedrai che ti troverai bene, non ci saranno solo persone come te e così capirai anche quali sono i veri problemi della vita.>> Come al solito mio padre deve rinfacciarmi il fatto che secondo lui questa non sia una vera malattia, ma solo uno stupido capriccio. Lo odio.

Sospiro pesantemente decidendo di non rispondere, così da evitare una discussione.
<<Siamo quasi arrivati, dai tesoro non farti trovare dai medici con questo musone..>>
<<A voi non fa nessun effetto tutto questo? Ma che dico...voi non vedete l'ora di non avermi più tra i piedi.>> Schiocco la lingua sotto il palato, guardandoli dalla specchietto retrovisore.

<<Ma che cosa vai farneticando?>> Mia madre è la prima ad attaccarmi.
<<Lo facciamo solo per il tuo bene.>> Ridacchio sarcasticamente alla risposta di mio padre pensando a quanto sia incoerente.
Loro non rispondono, sospirano all'unisono e si zittiscono.

Dieci minuti dopo arriviamo alla nostra meta.
Che merda.

<<Porto io la valigia>> Rifiuto l'aiuto di mio padre scostandomi violentemente.
<<faccio da sola.>> Lui sospira irritato, ma poco m'importa.

Quando entriamo, l'odore tipico degli ospedali mi invade le narici. Storco il naso e prendo a guardarmi in giro: ci sono tante persone, tra cui bambini e miei coetanei.
Chi sulla sedia a rotelle, chi seduto ad aspettare chissà cosa. Tutto ciò mi mette angoscia e vorrei solo andar via da qui.

<<Aisha, ora questo dottore ti porterà nella tua camera, ci vediamo domani, va bene?>> Mi avvisa gentilmente mia madre. Faccio solo un gesto con la testa e senza salutarli prendo a seguire l'uomo.
<<La tua stanza si trova al secondo piano dove ci sono altri ragazzi della tua età, ma con problemi diversi. Andrete d'accordo.>> Il dottore cerca di tranquillizzarmi, notando molto probabilmente il mio stato d'animo.
<<Lo spero.>> Dalla mia bocca escono solo queste due parole. Non riesco a stare calma, l'ansia sta prendendo il sopravvento. La voglia di tornarmene a casa chiusa nella mia camera sale.

Prendiamo l'ascensore e quando le porte si aprono vedo quella che sarà la mia "casa" per la prima volta.
<<In questo piano ci sono diversi reparti, il tuo è quello lì infondo. Per ora non hai nessun compagno di stanza, ma arriverà a breve.>> Annuisco guardandomi intorno. Anche qui ci sono ragazzi sulla sedia a rotelle e soprattutto due ragazzi attirano la mia attenzione: non hanno i capelli e neanche una gamba. Cazzo. Dove sono finita?

Arriviamo davanti la mia camera. È spaziosa ma non troppo. Ha molta luce grazie alle grandi finestre che fanno passare i raggi di sole che incombono sulla Puglia.

Il dottore mi lascia sola, sola con i miei mille pensieri.
Comincio a sistemare le mie cose non avendo nulla da fare, fin quando sento due voci fuori dalla porta.

<<Secondo te cosa sta facendo? Per me è andata a vomitare.>> È la voce di un ragazzo.
<<Secondo me no dai>> Il secondo ragazzo ridacchia.

Sospiro frustrata, sbattendo la porta violentemente.

Diversi infermieri accorrono a causa del forte tonfo che hanno sentito.
<<Tutto bene?>> Domandano allarmati.
<<Si si...tutto ok.>> Rispondo svogliata.
<<La porta deve rimanere sempre aperta, mi raccomando.>> Appresa questa grandiosa notizia, la riapro scorgendo in fondo al corridoio i  probabili ragazzi che stavano facendo quei discorsi molto intelligenti.
Sono gli stessi che ho notato non appena ho messo piede nel reparto.

Faccio loro il dito medio, sicura che mi abbiano visto. Dopodiché mi butto a peso morto sul letto mettendomi le cuffie alle orecchie.

Ed è così che iniziò la mia permanenza in quello che mi sembrava un inferno.

Battiti || Davide Di Salvo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora