Capitolo 2 (Harry)

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C'era molto rumore nella mia dimora.
Quella nave era da molti anni la mia casa, lì tenevo le cose più preziose che avevo, passavo la maggiorparte del mio tempo e, soprattutto, coltivavo le mie passioni.
Mi piaceva creare delle collane, dei pendenti e bracciali con i ciondoli che trovavo.
Ciondoli rari che non aveva nessuno, solo il sottoscritto.
Trovavo un senso di libertà a scovare nelle ricchezze degli umani, trovando le loro più piccole stranezze oggettistiche. Più brillavano, più erano piccoli. Non lo trovate strano? Gli umani erano strani per me, eppure non li avevo mai visti. Sentivo solo Niall, il mio migliore amico, parlarne.
Tutti i miei lavori erano nascosti, segreti, dolcemente poggiati dentro un cofanetto; il mio.
Un cofanetto che non ritrovai, dopo la mia nuotata notturna. Il che era molto strano e mi rendeva diffidente, dato che tutti (e con tutti intendo tutti) sapevano che quello era il MIO cofanetto.
Nel cercare dalla parte opposta della mia dimora, vidi una sagoma. Era strana, aveva una palla di vetro al posto della testa e dei bastoni al posto della coda.
"Un mostro!" Pensai, tirando indietro i lunghi capelli castani e ribelli che tenevo davanti gli occhi.
Non ci pensai un attimo ad afferrare il timone, che tenevo sempre in caso di necessità, e tirarglielo addosso ai bastoni.
Ma quel mostro era più astuto di quanto immaginassi! Ci volle poco e la situazione si capovolse, trovandomi dentro una stretta gabbia. Una gabbia simile a quella dove tenevano le sirene cattive, quelle che non si erano comportante bene e che avevano cercato di scoprire cosa ci stava oltre il limite.
Era forse quella la mia punizione? Qualcuno lo aveva scoperto e stavano per privarmi della mia casa e del mio tesoro? Non potevo, infondo avevo cercato di fuggire solo con la fantasia. Non penso sia un reato!
Strinsi il cofanetto, chiuso a chiave e con il grosso lucchetto, tra le braccia. Nessuno oltre me doveva toccarlo, era un comandamento.
Il mostro sembró curioso del mio portagioie, allungó la mano verso il mio braccio, volendolo toccare.
Vidi il fondale allontanarsi da noi, lo sentii proprio sotto la mia coda color smeraldo.
Il mostro, dagli occhi piccoli ma chiari, quasi cerulei, aveva afferrato una cosa tra le mani. Era scura, era un'arma. Nel vedere una luce accecante, direttamente puntata contro gli occhi, persi i sensi. Mi addormentai.

- - -

«Harry?»
«Mamma?»
«Devi svegliarti». Quella voce, quella che sentivo spesso, quasi ogni notte. Quella voce che mi rendeva il sonno più calmo, mi aiutava a capire quel che dovevo e non dovevo fare.
«Mamma, sono stanco» sibilai.
Qualcosa sembró pungermi, darmi una scossa, così spalancai gli occhi.
Ero in acqua, ma non era casa mia. Cercai di nuotare velocemente, provando a capire dove mi trovassi, pronto ad afferrare il mio tesoro e portarlo via, in salvo.
Nuotai per pochi secondi prima di sbattere contro un qualcosa, così provai dalla direzione opposta, ma il risultato era lo stesso.
Allora provai ancora e ancora, finchè la stanchezza si fece più forte, vincendo su di me.
Il mio respiro era diventato corto e quell'acqua non era di certo adatta alle mie necessità. Nemmeno quell'oceano, stretto, con i confini, era fatto per me.
«Louis, vuoi tenerlo dentro quella piscina per molto?» sentii, di sfuggita. Un'altra voce e non era di certo mia madre.
«Dobbiamo trovare qualcuno che sappia quanto valga una cosa del genere e, soprattutto, trovare qualcuno che sappia aprire questo cazzo di lucchetto».
Era una voce delicata, nonostante le sue parole non fossero belle e dolci, la sua voce era completamente l'opposto.
Poggiai la mano contro il confine, era un vetro spesso ma nonostante tutto la mia vista e il mio udito mi permettevano di vedere e sentire quello di cui avevo bisogno.
Quei due senza coda, un po' più avanti degli altri, stavano maneggiando il mio cofanetto, provando in tutti i modi di aprire la sicura.
Gli altri, più grandi dietro di loro, davano sostegno e cercavano di incoraggiarli a spaccarlo.
«Il mostro si è svegliato!» urló a pieni polmoni uno dei ragazzi che stava tenendo il mio tesoro.
Si avvicinó talmente veloce che mi fece indietreggiare e, dalla paura, strinsi tra le dita la chiave del lucchetto, che tenevo appesa al collo, alla fine della collana.
Prima di avvicinarmi a lui controllai bene che non avesse quell'arma abbagliante tra le mani, poi mi appoggiai contro il vetro.
Mi venne quasi a mancare il battito del cuore, erano quegli occhi. Allora non era un mostro, era quella la sua testa. I bastoni erano rimasti, ma il suo viso si era fatto più fine, simile al mio. E i suoi occhi? Erano più chiari di quanto immaginassi, così come il suo corpo. Che da blue era diventato come il mio petto, come le mie mani... Come me. «Uomo» mimai.
Poggiai, infine, entrambe le mani contro il vetro, mantenendomi ben eretto grazie alla coda che non smetteva un attimo di muoversi, di sbattere.
Doveva chiamarsi Louis, visto che non appena mise le mani contro le mie, quel nome fu ripetuto molte volte.
Erano quelli gli umani? Era quello che ci stava contro il confine? Avrei preferito non saperlo.
«Buongiorno pesciolino!» esclamó in tono acuto. Tolsi le mani e gli diedi le spalle, dandogli la vista della mia lunga coda che mi portava all'angolo opposto del suo.
Avrei voluto morire.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 08, 2015 ⏰

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