♛ 6. Mostri, bestie... ¹

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𝗡 𝗘 𝗥 𝗜   𝗠 𝗢 𝗡 𝗜 𝗖 𝗘 𝗟 𝗟 𝗜


Ho una voglia particolare di fare casino questa sera. Sarà il tempo, la figlia di papà che ho appena fottuto, o la vedova di ieri che me l'ha succhiato fino a consumarlo.
Più nello specifico non vedo l'ora di far divertire un po' della mia gente, la mia personale Milano. Sono stato via da casa per troppo tempo. Euforia è la parola perfetta per definire il mio umore.

«Ne', finalmente. Stavamo per venire armati. Pensavamo che quei coglioni ti avessero sequestrato», mi ferma un gruppo di amici.

«Mi siete mancati anche voi», sorrido.

«Sono mesi che ti aspettiamo, vedi di far tremare questo cazzo di mondo» mi risponde un altro. Prendo al volo la bottiglia di vetro che mi lancia.

Perfino questo schifo di birra da quattro soldi mi entusiasma. L'alcol da mille euro della Milano Bene non può nulla contro il sapore di casa.

«Poi non lamentarti dei vetri rotti.»

«Sei una testa di cazzo, lo sai, vero?» mi risponde. È l'equivalente a una pacca sulla spalla. Il modo di esprimere affetto da queste parti è privo di sdolcinatezze e stronzate varie. Le persone sono piene di problemi, fanno scelte discutibili, ma sono autentiche. Niente a che vedere con quei lecchini imbrattati di profumo dei quartieri alti.

«Ho imparato dai migliori», alzo la birra a mo' di brindisi.

Ho iniziato a fare musica alla Barona per offrire un po' di svago in un buco di posto dove l'unico intrattenimento sono sempre stati quei fottuti scontri con i coltelli. Una delle cose che mi fa venire voglia di radere al suolo questo quartiere.
Segue lo spaccio di droga.
Hanno mandato a puttane la mia vita, facendomi diventare una di loro.

«Hai sistemato tutto?» mi accerto.

Rigo mi lancia un'occhiataccia che ignoro completamente. Sono già abbastanza arrabbiato per il sound povero che verrà fuori da una All in one. Dovrò fare il doppio del lavoro per renderlo accettabile, ma questa a fine serata possono anche portarsela a casa.

«Accendi quello prima che ti cacci», fingo di non notare il suo scontento.

«Che ci facciamo in questo buco nero» brontola.

«Volontariato, come ogni anno» rispondo distrattamente, sistemandomi le cuffie sul collo. Non posso dissentire sulla definizione di buco nero.

«Arriveranno gli sbirri come l'ultima volta, è tutto tempo sprecato.»

Sorrido al settimo cielo.
«Non questa volta.»

Metto le cuffie e accendo al minimo.
L'animo è quello di sempre, lo stesso di Rigo, ma la folla è triplicata. Le voci girano.
Mi hanno fregato due anni consecutivi con le loro cazzo di ronde, quest'anno non succederà.
Guardo l'orologio, mancano pochi secondi.

Tre. Due. Uno.
La bomba di musica che ci viene addosso diventa un riflesso appena alzo il mio volume.

«Un concerto... Lo sapevi» constata Rigo con il sorriso stampato in faccia.

«Ringrazia la biondina americana con un cachet da paura», sorrido.

«Fagli sentire come si fa musica, Ne'» mi dicono dalla folla.

Non posso deluderli, alzo più di quello che mi ero prefissato. Al diavolo il quieto vivere.

Sarà anche poco organizzato, con zero luci e dissestate strade di cemento, ma nulla batte l'entusiasmo di chi ritrova il lusso nel poco che possiede. La ricompensa più alta sono i ragazzi che si scatenano al suono della mia musica.
Alla Barone mi accontento di questo.

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