Misfatto al Museo

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Il 19 febbraio 1921, spedita dal Cairo con il lotto n° 249 e completa di corredo funebre, giunse a Parigi la mummia del sacerdote della XVIII dinastia Pharmèsh; e con il suo arrivo ebbe inizio una di quelle avventure che non si sa mai se attribuire ad una qualche deformazione delle leggi naturali, o ad una facoltà immaginativa che prenda il sopravvento persino in una mente brillante, qual era appunto quella dei protagonisti di questa storia. Forse è più facile pendere a favore di quest'ultima spiegazione, che ammettere come il nostro mondo, largamente esplorato dalla scienza, sia tuttavia pregno di tanti misteri quanti sono quelli fra i quali la stessa psiche umana può aggirarsi.

A dirigere l'allestimento in esposizione della mummia e del suo corredo, nell'Ala ovest del Louvre, c'era il taciturno Ardath Bey, un uomo in divisa da custode, singolarmente alto, di carnagione olivastra e lineamenti spigolosi, di lingua e costumi decisamente europei malgrado l'ovvia provenienza esotica. Il suo peculiare aspetto non passò certo inosservato agli occhi di due studenti inglesi in visita al museo, i quali s'appostarono in un angolo a spiare l'individuo mentre dirigeva magistralmente il collocamento dei singoli reperti nelle teche.

"Guarda quello", bisbigliò uno. "Dimmi se non assomiglia a uno di quegli egiziani ritratti nei bassorilievi."

"Esatto", sussurrò l'altro. "Si direbbe che ha trascorso tanto tempo a contemplare le mummie da assumerne l'aspetto!"

E naturalmente giù a smascellarsi dagli sghignazzi, come dei perfetti idioti, stando comunque attenti a non farsi beccare. A un certo punto, osservando che le manovre d'allestimento stavano volgendo al termine, e che il guardiano congedava gli inservienti che l'avevano assistito durante l'intera operazione, a uno dei due studenti venne l'idea di rivolgersi a quello strano tizio per chiedergli se, per caso, fosse un vero egiziano di quelli vissuti nei tempi antichi. Lanciarono in aria una monetina per stabilire chi dei due dovesse cimentarsi nell'impresa.

Frattanto il custode era rimasto assorto nella contemplazione del proprio lavoro, immobile come una sfinge. La mummia (una 'cosa' scura come il carbone e contortamente rattrappita, anche se conservava comunque un'alta statura) si presentava adornata d'ammiccanti gioielli – collare, bracciali, anelli – e amuleti sacri in rubino, smeraldo, ossidiana. Essa era esposta nel proprio sarcofago, sul cui interno erano stati dipinti i geroglifici tratti dal Libro dei Morti, che avrebbero dovuto traghettarne la persona nell'oltretomba, garantendo protezione all'anima sua, e tali parole erano racchiuse da una cornice di motivi floreali, raffiguranti specialmente loto e piante di papiro.

Sull'esterno del sarcofago, ritraente l'effige del defunto, si trovava il cartiglio rivestito in oro massiccio, che ne racchiudeva il nome e i titoli; inoltre, sul suo corpo si potevano ancora avvertire, lievemente pungenti, gli aromi emanati dalla resina utilizzata dagli imbalsamatori più di tremila anni or sono. Accanto ad esso, infine, erano stati disposti tutt'i manufatti ch'erano stati rinvenuti nella sua tomba regale: dalle statuette lignee di servi e guerrieri che si sarebbero dovuti magicamente animare una volta sigillati nel sepolcro, ai piatti ricolmi di datteri e cacciagione ormai in scadenza da tre millenni e, cionondimeno, dall'aspetto ancora appetitoso. Il tutto lasciava supporre che la persona appartenuta a quella mummia fosse di rango decisamente elevato.

Ardath Bey la stava ancora mirando e rimirando con tutto l'entusiasmo di questo mondo, quando il giovanotto prescelto dalla sorte gli si fece vicino. "Excusez-moi, monsieur", fece lo studente sforzandosi di zittire la risata che gli stava scoppiando sulle labbra, "où est la collection de Memphis?"

"C'est là", rispose il guardiano bruscamente, indicando la direzione senza nemmeno distogliere gli occhi dall'oggetto della sua meraviglia.

"Vous êtes un Egyptien, n'est-ce pas?", insisté l'arguto ragazzo; e il suo collega, intanto, li osservava da dietro una colonna e si teneva la pancia, alle prese con risate ch'era costretto a soffocare il più possibile.

Esso cammina fra noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora