Il nome che ti darò (domani)

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Contesto: marzo 1934, Missing moment de "La Ruota degli Angeli" (LRDA) [Cap. XIX Pt. 2]
Genere: erotico, introspettivo, angst q.b.
Avvertimenti/TW: spoiler minori per LRDA, omofobia interiorizzata, accenni velatissimi di dub-con
Prompt(s): -
Note: Crediti alla splendida Cossiopea per la fanart che fa da banner <3
Questa è la shot che dà il nome alla raccolta, quindi omonima. Gli altri capitoli avranno titoli differenti.

          La prima volta a letto con Ricciardi non se l'era immaginata così

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La prima volta a letto con Ricciardi non se l'era immaginata così.

Bruno, col molto, troppo, fervido ottimismo che insegue e su cui spesso inciampa in maniera rovinosa, si era immaginato che sarebbero stati entrambi alleggeriti dal pizzicore etilico del vino, un po' troppo ebbri per capire appieno ciò che facevano, ma abbastanza lucidi da non mandare tutto in malora - come l'ultima volta, quando forse, quell'ultimo bicchiere di cordiale, se l'era scolato apposta.

Si era immaginato di scherzare e ridere come un guaglioncello infatuato, perché non si fida di cosa potrebbero dire i suoi occhi, se non li illumina a giorno con un sorriso. Perché stare accanto a Ricciardi e cercarlo è troppo semplice. È semplice in un modo talmente sbagliato da spingerlo a cercarlo ancor di più, come se ciò potesse renderlo giusto.

Si era immaginato che accadesse tutto e anche niente e non sa affatto cosa voglia dire, perché non sa cosa sia davvero una prima volta. È tutto una prima volta - e, a quarantadue anni, le prime volte così, scaricate addosso alla pelle fino a elettrizzarla, fanno paura.

Aveva fatto paura incrociare gli occhi di Ricciardi e scoprirci dentro, per la prima volta, una luce diversa; aveva fatto ancor più paura capire che quella era solo luce riflessa, generata da lui stesso. Inconsapevolmente.

E poi non più, quando aveva preso a soffiar sopra quella fiammella con intento - un po' per quella curiosità che lo preme sempre contro ogni limite in vista, un po' perché lui, l'aver paura, non se lo perdona affatto, un po' perché qualcosa, in lui, s'era destato e non aveva più saputo come rispedirlo assopito. Non esiste morfina per i sentimenti, né l'aveva voluta trovare.

Si era immaginato di tutto, non si era immaginato niente - ma, di certo, non si era immaginato questo.

Non il dover misurare ogni tocco, perché le ossa rotte, le ecchimosi e le tumefazioni fanno male.

Non il doversi tener dentro, premuto dietro gli occhi salati, qualcosa di pulsante, di bollente, che gli è estraneo - no, non gli è estraneo, solo non l'ha mai avuto così vicino - e che continua a mordergli l'esofago di bile acida da quando è uscito da casa sua l'ultima volta.

Vuole straripare, quella bestia che ringhia e strepita e morde le sbarre del suo costato, vuole fare a pezzi tutto - li vuole fare a pezzi, così come hanno fatto a pezzi casa sua. E la sua vita, il suo lavoro, i suoi ricordi che battono in una foto morta. Ci hanno provato, a fare a pezzi pure Ricciardi, assieme quel viluppo confuso di sentimenti caldi che lo aggancia a lui e che adesso è più stretto e fitto che mai.

Il nome che ti darò (domani)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora