🏴‍☠️Ashton's Hunt: The Beginning🏴‍☠️

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CAPITOLO 1

Chi trova un amico trova un tesoro... chi trova un tesoro se ne frega dell'amico.

                                            ANONIMO

CHRYSANTHEMUM
Oggi

L'adrenalina. Il brivido della sfida. Ecco cosa provavo quando giocavo, il fuoco ardente dentro di me. Ero una tipa tosta, una di quelle che non si preoccupava del rischio, anzi lo aggirava. Ero nata nel pericolo, mi sono tagliata con le più inspide spine, le guardie del corpo delle rose. Almeno, fin da piccola ho sempre pensato così. Le rose del mio vecchio giardino non potevano essere protette con una teca di vetro come in La bella e la bestia, purtroppo, ma attorcigliate in un rovo di spine. Un giorno, mentre giocavo con il frisbee quello finì dentro il rovo. Era il mio gioco preferito, non l'avrei di certo non recuperato. Le spine erano appuntite, soltanto toccandone con il dito la punta aguzza gioccioline di sangue si formavano nel punto in cui il dito toccava la punta. Facevano male. Graffiavano sulla pelle, lasciandomi segni indelebili addosso, come marchi, un promemoria del loro passaggio. Ero una bambina, avevo sei anni. Non sapevo cosa volesse dire la parola dolore a quella tenera età. Mia mamma era morta post parto, a quanto aveva detto mio padre. Allora non andai oltre, evitando di fare domande inopportune sulla mamma a mio padre. Ci credetti, come ci credetti all'età di sette, poi ancora agli otto e poi ai nove. Ancora ci credevo. Era un circolo vizioso, in cui se facevo domande ipertinenti alla morte della mamma le domande venivano rigirate a suo favore. Non sapevo perché papà non volesse rispondere, ma ogni domanda aveva una sua risposta, no?

Era il 25 dicembre, ciò significava soltanto una cosa: caccia Ashtoniana. Ogni anno a Natale, la famiglia più ricca di Manhattan, la famiglia Ashton, organizzava una caccia al tesoro, nei pressi di Times Square. Con oggi era la quinta volta che giocavo. Avevo vinto quattro volte di fila e no, non la definirei proprio "Fortuna del principiante", ma semplicemente bravura. Non ero una che si lusingava da sola, ma amavo riceverle dagli altri, soprattutto se erano attinenti alle mie vittorie nella caccia. Ero brava nella manualità, nella strategia e nell'attività fisica. Per me la caccia era una pura e vera sciocchezza. Nella prima vittoria vinsi diecimila euro. E diavolo quanto mi erano serviti. La seconda vinsi un viaggio in Italia. La terza una settimana bianca e la quarta altri diecimila euro. Diciamo che la famiglia Ashton non era nota per la sua fantasia, bensì per la sua ricchezza. Oggi sarebbe stata la quinta, di un'altra serie di vittorie.

Riposi il telefono in tasca e scesi le scale con il borsone da allenamento in spalla. Erano le cinque del mattino, l'ora perfetta per una bella corsetta mattutina. Amavo correre. Udire il suono delle suole delle scarpe che battevano sull'asfalto dello Stato più bello dell'America e l'aria fresca del mattino che si percepiva sulla faccia come una dolce carezza, quelle che mia madre non aveva potuto darmi in diociotto anni di esistenza. Ma andava bene lo stesso. Quando scesi dall'appartamento che condividevo con mio padre, mi ritrovai Caroline, Leonard, Lewis e Jacob davanti al portone d'ingresso dell'edificio. Prima di traferirmi vivevo in una villa con i miei nonni paterni e mio padre, ma poi quando compii dieci anni ci traferimmo in un appartamento vicino a Rockefeller Center. L'aria fresca mi schioccò in faccia come un vero e proprio schiaffo. La prima a salutarmi fu Caroline, la mia migliore amica sin dai tempi delle medie e ragazza di Leonard, conosciuto anche come "Addetto dello zucchero filato" durante le feste di paese.
«Buongiorno Chrissy Chrissy.» La sua voce stridula mi perforò le orecchie e feci un lungo sospiro per non urlarle addosso qualche insulto di troppo. Odiavo le persone che mi parlavano appena sveglia. Quelle persone erano sulla lista delle "Antirotturedicoglioni", così le definiva Caroline. La mia migliore amica mi strinse a sé e sciolto l'abbraccio salutai con un breve bacio a stampo Jacob, il mio ragazzo.
«Buongiorno amore.» Sorrise e io lo feci di rimando.
«Buongiorno.» Gracchiai.
E dopo salutai Lewis, lo spericolato del gruppo. Il suo umorismo piaceva o non piaceva. A me personalmente? Non piaceva. Alle sue battute ridevo, ma non perché fossero divertenti, ma perché mi faceva tenerezza, per non dire pietà. Bisognava trovare una povera ragazza a Lewis. Così avrebbe portato allo sfinimento lei, una buona volta che non lo faceva con noi.
«Buongiorno Lewis.»
Lui mi tese il pugno e lo sbattei con il suo, un chiaro cenno di saluto.
Jacob afferrò il borsone che avevo lasciato a terra dopo aver salutato Lewis e insieme ci incamminammo verso Central Park, il mio posto preferito per il vero relax, specie per quell'ora del giorno. Fu Caroline a prendere la parola per prima.
«Hey Chrissy, a che ora comincia la caccia?»
«Alle d-» Lewis mi interruppe a metà frase.
«Carol, smettila di chiamarla Chrissy o Vecna prenderà pure lei. Chrysanthemum, fossi in te starei attenta. Qual è la tua canzone preferita? Sai, questa informazione può essere utile se ad un tratto tu ti innalzassi in cielo a mo' di Superman, senza il pugno alto però.»
Con sguardo divertito Jacob gli dette corda.
«Qual è la tua canzone preferita Lewis?»Domandò, concentrando lo sguardo sul poverello.
«Baby shark può essere considerata come risposta?» Caroline scoppiò a ridere, come biasimarla. Svoltammo in direzione della 7th Avenue, d'ora in poi tutto a dritto.
«Lewis, stai davvero dicendo che la tua cazone preferita è una canzone che viene ballata dai bambini di sette anni durante una vacanza al mare?» Caroline era incredula.
«Certo! Tutte le sere guardo la videoclip di quei ragazzi che la ballano vestiti da squalo!» Scossi la testa e Jacob mi avvolse il braccio dietro la spalla e sorrise. Due fossette gli spuntarono ai lati della bocca. Era adorabile.
Caroline aprì bocca. Ma Lewis la interruppe prima ancora che pronunciasse una sillaba. Leonard le accarezzò una guancia con l'obbiettivo di farle mantenere la calma
«Nel caso venissi attaccato da Vecna, cosa che spero, mettetemi nelle orecchie questa canzone.» Non stava dicendo sul serio, sperai proprio di no.
«Lewis, sono sicura che tu sia abbastanza grande da capire che Vecna è un attore.»
Gli occhi di Lewis si spalancarono e scosse ripetutamente la testa. Cosa avevo detto di male?
Mancavano pochi metri all'entrata del parco e Caroline provò per l'ultima volta a parlare. Se non si fosse capito, Lewis era un fanatico del fandom di Stranger Things e proprio da come diceva il titolo della serie si sognava Cose Strane.
«Chrissy, quindi a che ora è la caccia? Avresti potuto dirmelo già da tempo, se qualcuno non ti avesse interrotta.» Fulminò con lo sguardo Lewis e lui alzò le mani in segno di resa.
«Non è colpa mia! Se chiami Chrysanthemum Chrissy è ovvio che mi fai venire in mente la scena in cui Chrissy viene controllata da Vecna e Eddie cerca di svegliarla!»
Leonard lo guardò curioso.
«E come l'ha svegliata?»
Oh Leo, avevi fatto l'ultima domanda al mondo che dovevi fare.
Lewis iniziò a canticchiare e saltellò fino all'entrata di Central Park felice.
«Chrissy, wake up... I don't like this... Chrissy wake up... Hey, hello? Time to wake up, time to wake up... Can you hear me? Wake up Chrissy... I don't like this... Chrissy wake up!»
Guardai Leonard e lui mi fece un cenno desolato. Aveva capito che aveva sbagliato argomento di conversazione. Lewis continuò a cantare la canzone in loop, tant'è che lo fermai con uno sguardo, che stava per: "Ehi Lewis, hai rotto il cazzo". Mi fermai un secondo perché sentii il telefono squillare in tasca. Era Caroline e aveva scritto un messaggio sul gruppo che avevamo noi cinque.

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