1º Agosto

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Sophie

1 agosto

Sono sempre stata affascinata dai segreti.
Un elemento di cui l'uomo non può fare a meno, come una sorta di castello che costruiamo col tempo, usando tutto ciò che ci rappresenta realmente. Una sorta di costruzione composta da piccoli pezzi della nostra anima, tanto fragile da avere la stabilità d'un castello di carte. Basta una piccola soffiata di vento per farlo crollare, rivelando al mondo tutte le nostre fragilità.
Rivelando ciò che siamo realmente.

C'è chi lo protegge a tutti i costi alzando barriere per evitarne la caduta, e chi invece nonostante tutto continua a cercare qualcuno che lo possa aiutare a proteggere il proprio castello senza giudicarlo.
Per quanto mi riguarda non faccio parte di nessuna delle due categorie, mi rivedo più nel mezzo, non alzo barriere contro tutti coloro che tentano di avvicinarsi ma ciò non vuol dire che lasci avvicinare chiunque.
E mai come ora vorrei che anche mia madre fosse così, lei è sempre rientrata nella prima categoria, fin dal primo momento che ha messo piede qui a Wilmington ha innalzato alte barriere intorno al suo castello. Evitando che chiunque, compresa sua figlia, vi ci potesse avvicinare.

Non è mai stato un grande peso per me, ma a volte mi sembrava di non conoscere quella donna che tanto adoravo, la persona che mi rimboccava le coperte da bambina e che mi asciugava le lacrime quando avevo il cuore spezzato.
E quelle rarissime volte in cui trovavo il coraggio di avvicinarmi alle sue barriere finivamo col litigare, così col tempo ho perso le speranze.
Ma ora che sono qui in questa stupida sala d'attesa, del piccolo ospedale della mia città, l'unica cosa che riesco a fare è incolparmi di aver perso le speranza. Di essermi lasciata abbindolare da stupide frasi come 'Va tutto bene' o 'Non preoccuparti la mamma è solo molto stanca', di aver smesso di leggere fra le righe tutto ciò che diceva nella speranza di oltrepassare la sua barriera.

Le porte della sala si aprono e un medico fa la sua entrata nella stanza, nonostante siano solo le 2 del mattino molte persone affollano la reception dell'ospedale. Tutti noi siamo in attesa di qualcosa, tutti noi siamo aggrappati a quel briciolo di speranza che svanisce man mano che le ore passano.

Il medico da una veloce occhiata alla cartella che ha fra le mani per poi alzare lo sguardo su di noi «Evans?» mi alzo di scatto sentendo il mio cognome, l'espressione del medico cambia, mi basta quel veloce scambio di sguardi per fra crollare quel puntino di speranza rimasto.
Il medico si avvicina e con un cenno di testa mi invita a sedermi nuovamente «Mi dispiace ma tua madre non c'è l'ha fatta.»

Il medico continua a parlare ma alle mie orecchie arriva solo una voce ovattata.
Il cuore smette di battere, non percepisco più nulla a parte le lacrime che mi bagnano il viso.

É colpa tua. É colpa tua. É colpa tua. É tutta colpa tua...

É tutta colpa mia, se solo non avessi perduto la speranza.

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