Finalmente a casa

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Arrivata a casa, potei finalmente abbracciare le mie amate sorelle che, a causa della differenza di età, avevo frequentato pochissimo durante il periodo della scuola.

Mio fratello era ancora in India per finire i suoi studi.

Mi erano mancate molto le mie sorelle. Ricordavo il carattere dolce di Bettina, che quando eravamo in collegio consolava il mio pianto alla partenza dei nostri genitori, asciugandomi le lacrime con la sua gonna. Lei, così fragile, che al suo primo giorno di scuola aveva chiesto a nostra madre: "Adesso chi pettinerà i miei capelli?"

Di Sandra, invece, ricordavo la sua forza interiore e la sua aria sbarazzina.

Nonostante la loro rassicurante presenza, in Italia mi sentivo quasi un'aliena. Qui tutto era diverso, dal modo di mangiare al modo di vestirsi.

A tavola dovevo fare pratica con le posate, perché in India eravamo abituati a mangiare con le mani.

Mi allenai all'uso di quegli attrezzi mangiando la pizza, e pian piano, anche osservando i miei genitori, imparai a dominarli.

Un'altra novità erano le scarpe. Dovetti abituarmi ad indossarle sempre e non fu così semplice, anzi da principio mi ci sentivo un po' costretta. Comincia a sentirmi più occidentale quando acquistai un paio di stivali a punta tonda; prima di allora, non avevo mai posseduto un paio di stivali in vita mia. Per me fu una grande novità passare dallo stare a piedi nudi all'indossare un paio di calzature col tacco, che mi avvolgevano fin sotto al ginocchio.

I miei genitori, da parte loro, erano più distaccati di quanto mi aspettassi. Nella mia fantasia pensavo che mi avrebbero accompagnato nella scoperta di questo mondo che ancora non conoscevo ma mi resi presto conto che forse li avevo idealizzati un po' troppo.

Sentivo ancora la mancanza del mio vecchio mondo, così comprensibile e rassicurante, anche se la malinconia per l'India, con il passare del tempo, via via si affievoliva.

Intanto avevo fatto amicizia con Mario e Virginia, due ragazzi della nostra età che abitavano all'interno della tenuta, in un villino che mio padre aveva affittato ai loro genitori.

Quello con Mario fu il mio primo incontro ravvicinato con un individuo di sesso maschile e non mi lasciò indifferente. Per lui provai infatti sin da subito una primitiva forma di attrazione la cui natura mi era ancora sconosciuta.

Un giorno, mentre eravamo seduti a parlare assieme, Mario di colpo mi strinse fra le sue braccia, senza dire niente.

Restammo avvinti in quel silenzio per un po' e l'abbraccio durò abbastanza a lungo da farmi provare una sensazione di benessere che non avevo mai sentito prima. Io rimasi immobile, senza capire bene cosa mi stesse succedendo, abbandonandomi volentieri alla bellezza di quel sentimento.

Nei giorni seguenti, io e Mario continuammo a vederci ma fra noi qualcosa era cambiato rispetto a prima. Ci guardavamo in modo diverso. Ci cercavamo, e avevamo sempre voglia di stare assieme finché un giorno, nella casetta di legno sullo stagno, ci baciammo sulle labbra.

Nonostante avessi già ventun anni, quello era il mio primo bacio. Prima di allora, non avevo nemmeno mai visto qualcuno baciarsi, perché in India non avevamo neanche la televisione.

Rimasi sorpresa di come la natura non necessitasse di insegnamenti e quel gesto nuovo, che fu un atto del tutto istintivo, mi divenne presto familiare.

La tenuta era piena di posti dove ci si poteva appartare: noi li esplorammo tutti, rinnovando ogni volta che eravamo soli quel piacevole gesto d'affetto.

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