Prologo

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Non c'è bisogno di raggiungere ogni stella per brillare; a volte, la vera forza sta nel lasciare che il vento ti pieghi senza spezzarti.


Maddie

Dieci anni fa, la nostra casa sembrava sempre troppo grande, troppo vuota, nonostante fossimo in quattro.

Ogni angolo, ogni parete, sembrava amplificare ogni suono, ogni parola sussurrata, ogni respiro trattenuto.

Era una di quelle notti in cui la tensione era così spessa da poterla quasi toccare.

Sophie, allora solo una bambina di tre anni, era accoccolata accanto a me sul nostro letto.

I suoi grandi occhi azzurri mi guardavano, pieni di innocenza e di quella fiducia cieca che solo i bambini hanno.

La stringevo forte, tappandole le orecchie con le mani, cercando di proteggerla da quei suoni che avrebbero potuto spezzare la sua piccola bolla di sicurezza.

Mentre le cantavo sottovoce una vecchia ninna nanna, il suono delle urla dei nostri genitori rimbombava attraverso le pareti sottili.

La voce di mia madre era disperata, quella di mio padre fredda, tagliente.

Cercavo di sovrastare quel caos con la mia voce, sperando che la melodia potesse coprire tutto, che potesse cancellare l'eco di quelle parole aspre che non capivo appieno ma che sapevo essere sbagliate.

«Non pensare a loro, Sophie,» le sussurrai, cercando di mantenere il mio tono calmo, come se fosse solo un'altra notte qualsiasi. «Ascolta solo me, va tutto bene.»

Ma in cuor mio, sapevo che non era vero.

Potevo sentire il peso della paura crescere dentro di me, un groviglio di emozioni che non riuscivo a sciogliere.

Ogni volta che mio padre alzava la voce, stringevo le mani sulle orecchie di Sophie un po' più forte, sperando che la sua dolce innocenza rimanesse intatta, che non venisse macchiata dalla realtà.

All'improvviso, un forte rumore risuonò dalla stanza accanto.

Qualcosa di pesante era caduto a terra, seguito da un silenzio innaturale.

Un attimo dopo, la porta di casa si aprì violentemente, il suono del legno che sbatteva contro il muro risuonò per tutta la casa, come un colpo di tuono.

Sophie tremò tra le mie braccia, e io smisi di cantare, il mio cuore accelerando.

Con cautela, scivolai fuori dal letto, ancora stringendo la mano di Sophie.

Lei mi guardò con quegli occhi grandi e pieni di fiducia, e io le sussurrai di restare lì, che sarei tornata subito.

Con il cuore in gola, mi avvicinai alla finestra, cercando di non fare rumore, cercando di non attirare l'attenzione.

Attraverso il vetro appannato, vidi mio padre uscire di casa con passi decisi.

La sua figura era avvolta nel buio della notte, eppure, in quel momento, sembrava così chiaramente delineata, come se ogni dettaglio fosse inciso nella mia memoria.

Indossava il suo vecchio giaccone marrone, quello che aveva sempre usato per andare a lavorare, e teneva una valigia in mano.

La stessa valigia che avevo visto nell'armadio quella mattina.

Si fermò un attimo, guardando indietro verso la casa.

Per un istante, mi sembrò che i suoi occhi cercassero qualcosa, o qualcuno.

Io restai nascosta dietro la tenda, trattenendo il respiro, come se non volessi che sapesse che lo stavo guardando.

Poi, senza un altro sguardo, salì in macchina e accese il motore.

Le luci posteriori della sua vecchia auto si illuminarono mentre faceva retromarcia, e in un attimo, sparì nella notte.

Restai lì, immobile, a fissare il punto in cui la macchina era scomparsa, il suono del motore che si allontanava sempre più, fino a dissolversi completamente nel silenzio.

Non lo sapevo allora, ma quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto mio padre.

Quell'immagine di lui che si allontana, che si perde nell'oscurità, si sarebbe impressa nella mia mente, tornando a visitarmi in sogno, nei momenti di solitudine, quando il peso delle responsabilità diventava troppo da sopportare.

Tornai da Sophie, che mi guardava con i suoi occhi grandi, pieni di fiducia e di domande che non aveva ancora le parole per fare.

Mi infilai di nuovo nel letto accanto a lei, e le presi la mano, continuando a cantarle quella ninna nanna, sperando che almeno per lei, questa notte potesse ancora essere un sogno.

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